venerdì, 3 Maggio, 2024
Lavoro

La metalmeccanica rallenta. A rischio decine di migliaia di lavoratori

Nel primo semestre 2023, rispetto secondo semestre 2022, c’è stato un aumento di 22.890 lavoratori metalmeccanici coinvolti, a vario titolo, in crisi legate al settore metalmeccanico. Si è passati da 60.727 lavoratori coinvolti al 31 dicembre 2022 a 83.671 del 31 giugno 2023. Un segnale che fa il paio con i dati Istat che registrano un rallentamento della produzione industriale e una frenata del Pil nel secondo trimestre dell’anno. Dati che arrivano dal fronte sindacale e che registrano la persistenza di “situazioni di sofferenza” nel settore metalmeccanico legate soprattutto al costo del denaro, alla carenza di materie prime e al “ritardo” delle politiche per la transizione green. Per il Segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia “il rallentamento che in questi mesi del 2023 si è determinato nelle filiere metalmeccaniche ha prodotto un allargamento delle aziende e dei lavoratori che vivono criticità. Ai tradizionali settori e casi irrisolti di crisi aziendali si sono aggiunti i fattori negativi del aumento dei tassi di interesse e della frenata dell’industria metalmeccanica tedesca a cui siamo particolarmente legati.”

Al Nord ancora effetto guerra

In alcune regioni, in particolare Lombardia e Veneto, si fanno ancora sentire gli effetti derivanti dal conflitto tra Russia ed Ucraina; concentrati in particolare su settori legati all’arredamento e ai macchinari. Calano le grandi aziende che fanno ricorso allo stop della produzione; segno che hanno ripreso i canali di approvvigionamento delle materie prime. Mentre si registrano situazioni di fermo produttivo e richieste di cassa integrazione di alcune piccole e medie aziende energivore (piccole fonderie e laminatori) per gli aumenti legati al costo dell’energia; ai quali si lega il costo delle materie prime, l’aumento del costo del denaro e l’inflazione. Tutti fattori che insieme penalizzano fortemente il mercato interno. Mentre il riposizionamento delle catene del valore, a livello globale, continua ad impattare notevolmente su settori come quello dell’auto e dell’elettrodomestico. Su quest’ultimo è intervenuto anche il governo attraverso il golden power rispetto alle trattative in corso per la cessione ai cinesi e al turchi delle aziende italiane.

Obiettivo: motori endotermici

L’insieme di questi fattori sommati al costo del denaro e all’inflazione stanno segnando, nonostante la buona performance segnata dal settore metalmeccanico nell’ultimo semestre, un rallentamento della produzione. Lo si deduce anche dall’aumento, rispetto agli anni precedenti, dell’utilizzo di ferie lunghe nella pausa estiva e dall’aumento delle vertenze che utilizzano la cassa integrazione per carenza di commesse. Per quanto riguarda l’automotive, nonostante la ripresa del mercato dopo quattro anni di calo delle vendite, continua a preoccupare sul piano occupazionale la scelta di fermare la produzione dei motori endotermici, nel 2035 in tutt’Europa. Il Governo nell’ultimo incontro avvenuto il 24 luglio scorso al Ministero delle Infrastrutture ha annunciato un protocollo di politica industriale sul settore. Intanto, insieme al Gruppo Stellantis e Organizzazioni sindacali si è trovato un accordo sulla definizione di un protocollo di massima entro la prima decade di settembre a cui far seguire l’apertura del tavolo di confronto che vedrà il coinvolgimento oltre del Ministero, delle Organizzazioni sindacali, di Stellantis, delle Regioni e di Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) con l’obiettivo sottoscrivere un Accordo di Sviluppo entro la fine dell’anno.

Tagli e ristrutturazioni

I principali gruppi di produzione di elettrodomestici, presenti nel nostro Paese, Electrolux e Whirlpool, che insieme contano circa 10mila dipendenti, hanno annunciato tagli e ristrutturazioni su tutti i loro siti in Italia e seppur rinviate, resta aperta la partita di possibili cessioni. In particolare Whirlpool ha annunciato la “revisione strategica del portafoglio delle attività.” Una considerazione a parte merita il Gruppo ex-Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, 10.700 lavoratori diretti e circa 20mila dell’indotto e forniture. Preoccupante anche la situazione dei 8.630 lavoratori coinvolti in crisi finanziarie: si tratta in genere di piccole e medie imprese legate all’indotto dei settori dell’auto, dell’elettronica e dell’impiantistica; su queste ultime in particolare pesano, come nel caso del gruppo Alpitel, Sirti, Valtellina, Italtel, Site e altre, i meccanismi legati delle gare pubbliche a massimo ribasso che stanno mettendo fuori mercato molte delle aziende storiche dell’impiantistica.
Da analisi congiunte, tra sindacati e organizzazioni datoriali, è emerso che nei contratti pubblici il costo di lavoro a base di gara non può risultare inferiore a 25/26 €/ora e il costo industriale complessivo (costo del lavoro, costi indiretti, costi per la sicurezza del personale, ecc.) non inferiore a 37 €/ora.

Tlc: avviato il Fondo

Un settore in balia delle incertezze anche quello delle Tlc che tra aziende dirette ed indotto occupa oltre 200.000 lavoratori. Nel corso del mese di giugno e luglio uno sciopero e manifestazioni sindacali per chiedere al Governo un tavolo presso il Mit che coinvolgesse anche le società a partecipazione pubblica (Open Fiber e Infratel) e soprattutto di Tim, principale committente delle aziende operanti nel settore. Ieri, itanto, al Ministero del Lavoro, è stato avviato il Fondo di solidarietà bilaterale per la filiera delle Telecomunicazioni. “Fondamentale”, commenta Uilcom “ma ora ci aspettiamo che ci sia da parte del Governo la volontà ad aiutare il Fondo soprattutto nella fase di avvio”.

Le crisi storiche

Resta infine sostanzialmente immutato il quadro delle “crisi storiche” presenti al Ministero dello Sviluppo Economico. Per quanto riguarda il settore metalmeccanico interessa oltre 50 tavoli: si tratta di aziende sopra i 200 dipendenti (Blutec, Firema, Jsw Piombino ex-Lucchini, Jabil ex-Ilva, ecc.) per le quali ormai da anni stentano a decollare piani di reindustrializzazione concreti che ridiano una prospettiva occupazionale e di sviluppo.

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