mercoledì, 1 Maggio, 2024
Ambiente

Il “Vestito Verde” speranza

Era nato nel 2018 su Facebook come un gruppo di confronto tra persone attente all’ambiente che si scambiavano consigli e indicazioni sui negozi dove acquistare vestiti ecosostenibili. Allora contava soltanto un centinaio di follower. Pochi ma determinati al punto che il 22 aprile 2019 si trasforma in una vera e proprio piattaforma con la mappatura della moda sostenibile in Italia. Oggi conta circa 1.200 attività ed ha registrato oltre 47.000 visite. La mappa è stata creata su MyMaps, un servizio di Google Maps. Ciò permette di avere la mappa sempre a portata di mano, senza dover aprire il sito del Vestito Verde ogni qual volta si è in giro a fare shopping. Basta aprire l’app di Google Maps, cliccare su “salvati” e poi su “mappe”.

Dietro al progetto un team di giovanissimi provenienti dai migliori atenei italiani: Francesca Boni, fondatrice, nello staff di ricerca dell’Università Bocconi nel settore della moda e del design sostenibili; Antar Corrado, Web developer, laureato all’Accademia di Belle Arti di Bologna; Eva GorettiResponsabile commerciale, laureanda in economia e finanza all’Università di Bologna; Elena Clara Maria Rossetti, Redattrice, laureanda in Scienza dei Materiali; Aline Albertelli, Redattrice, studentessa alla Bocconi dove frequenta il corso di economia e management per arte cultura e comunicazione. Oltre alla mappa, nei loro articolo provano a informare sui cambiamenti che avvengono a livello aziendale, economico, sociale e politico in risposta alla crisi climatica e a proporre esempi concreti di buone pratiche nel settore dell’abbigliamento, uno dei più inquinanti, riportando le proprie esperienze personali, senza però mai tralasciare la visione globale. Il tentativo è indicare un percorso di consapevolezza in divenire, tra sostenibilità ambientale e scelte di consumo che a volte diventano di vita e di etica.

Secondo i founders non solo i brand certificati, ma anche altre categorie, possono essere valorizzate e considerate sostenibili.  Secondo questa idea la mappa è stata costruita sulla base di sette categorie. Abiti di seconda mano: acquistare usato è uno dei modi più sostenibili di fare shopping, perché non si finanzia la produzione di nuovi capi e si prolunga il ciclo di vita di un prodotto. Abbigliamento Vintage: anche in questo caso prolunghiamo la vita di un capo di abbigliamento, ma in più possiamo conoscere epoche lontane dalle nostre e approfondire la storia della moda. Il commercio equo e solidale, che è basato sulla trasparenza, il dialogo e il rispetto. Mira alla realizzazione di una maggiore equità tra Nord e Sud del mondo e al rispetto dell’ambiente, contribuendo ad uno sviluppo sostenibile complessivo. Le sartorie sociali e cooperative, che hanno una grande valenza etica e formativa, perché spesso impiegano persone delle fasce più deboli della popolazione e consentono di portare avanti una tradizione artigianale. La moda sostenibile: in questa categoria sono state incluse tutte le realtà che producono abbigliamento nel rispetto dei lavoratori e dell’ambiente, utilizzando stoffe rigenerate, materiali a basso impatto e accorciando la filiera. Abiti fatti a mano e Made in Italy: un modo per valorizzare la tradizione artigianale italiana. Supportare queste realtà permette di tenere viva la tradizione, dare una mano allo sviluppo dell’attività e a quello del nostro Paese. Abiti in Affitto. Affittare i vestiti, specialmente per le occasioni speciali, è un modo per risparmiare, non accumulare nell’armadio capi poco utilizzati e quindi ridurre gli sprechi.

Nel database, oltre ai negozi fisici, migliaia di e-commerce di moda sostenibile ed etica filtrabili per fascia di prezzo, provenienza, stile, certificazioni e sostenibilità.

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