sabato, 20 Aprile, 2024
Società

Il diritto di essere dimenticati da Internet vale in tutto il mondo

Cassazione: la protezione dei dati personali non conosce confini

L’ordine impartito da un’autorità garante italiana di “eliminare” dai motori di ricerca una notizia non più attuale, deve valere per tutte le versioni web sparse nel mondo e non – come oggi – solo per quelle dell’Unione europea. A stabilirlo l’Ordinanza della Corte di Cassazione (n. 34658 del 24 novembre 2022) che afferma un’importante principio di extraterritorialità della protezione dei dati personali. Adesso, a seguito dello svolgimento di un bilanciamento dei diritti degli utenti, il Garante Privacy potrà chiedere la rimozione delle notizie pubblicate sul web e “pescate” dai motori di ricerca su tutte le versioni degli stessi, a prescindere dalla nazionalità, cosa fino ad oggi non prevista al di fuori dagli spazi europei.

La limitazione territoriale delle leggi nazionali

Internet, come noto, infatti, sfugge al principio di territorialità della legge, con il paradossale effetto che, una volta esercitato il diritto all’oblio (e richiesto, dunque, al motore di ricerca di “dimenticare” il proprio nome in relazione a un dato fatto), se un nome viene ricercato sul motore di ricerca di un paese europeo (google.itgoogle.es ecc..) l’utente non ritroverà più il link, ora deindicizzato mentre, al contrario, basterà ricercare l’informazione di nostro interesse sulla versione statunitense del celebre motore di ricerca (google.como – addirittura – nella versione sanmarinese (google.sm) per impedire che il diritto abbia effetto. Google, infatti, non è tenuta a conformarsi alle leggi europee al di fuori dei confini del Vecchio Continente, aggirando in tale maniera le norme in tema di protezione dei dati personali.

L’intervento della Cassazione e la svolta

Il caso in questione ha avuto origine da un ricorso avviato da un imprenditore italiano residente all’estero – nello specifico negli Emirati Arabi – che, a seguito di un’indagine penale avviata dalla procura, era finito in pasto al web, salvo poi rivelatosi tutto un gran polverone perché la notizia di reato risultava del tutto infondata. Archiviazione dunque, ma non per il web, che continuava a riportare la notizia dell’avvio dell’indagine, ma non della conclusione positiva dell’inchiesta. Ricorrendo al Garante privacy l’uomo chiedeva, in estrema sintesi, che venisse ordinato a Google di non indicizzare la notizia perché vecchia e non pertinente da tutte le sue versioni, italiane, europee e intercontinentali. Da qui l’inizio di una querelle giudiziaria, con il giudice di prime cure che accoglieva parzialmente le rimostranze ribadendo il diritto di deindicizzare la notizia – però – solo sulle versione europee del famoso motore di ricerca.

Secondo gli Ermellini però non vi è dubbio: il diritto alla protezione dei propri dati personali e il suo fondamento costituzionale non tollerano limitazioni territoriali all’esplicazione della sfera di protezione, tanto più che nella specie tale diritto si sovrappone e si accompagna ai diritti all’identità, alla riservatezza e alla contestualizzazione delle informazioni. Tuttavia, per l’ordinamento   costituzionale italiano, a fronte delle modalità liquide e pervasive della circolazione dei dati sulla rete di Internet, non è consentita una limitazione della tutela assicurata alla tutela della vita privata e alla protezione dei dati personali mediante deindicizzazione alle sole versioni dei motori di ricerca corrispondenti a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.

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