sabato, 20 Aprile, 2024
Politica

Presidenzialismo, parlarne senza emotività 

E’ risaputo che i nostri costituenti, nel delineare il futuro assetto dello Stato italiano, furono condizionati dall’avere alle spalle la disastrosa esperienza fascista. Per questa ragione, i costituenti furono animati dallapreoccupazione che si potesse nuovamente creare una situazione, che determinasse l’avvento di uno stato autoritario e/o totalitario. Da qui l’istituzione, in sede costituzionale, di una forma di governo parlamentare  e l’adozione -con legge ordinaria- di un sistema elettorale di tipo proporzionale.

E’ noto, tuttavia, che tale sistema istituzionale, ha prodotto quale conseguenza la formazione di maggioranze instabili, la frammentazione della vita politica del Paese, con tutte le conseguenze che ciò comporta ed ha comportato.

Non è un caso che già nel 1953 fu varata – patrocinata da Alcide De Gasperi- la così detta legge truffa (3 marzo 1953, n. 148), la quale prevedeva un premio di maggioranza a favore del partito o della coalizione, che avevano conseguito il maggio numero di voti. Ma la così detta legge truffa, approvata con un iter parlamentare molto movimentato, ebbe vita breve, in quanto fortemente osteggiata dalle opposizioni.

Il vero è che nella vita politica italiana, fino ad un certo punto, la sinistra si è arroccata in una strenue salvaguardia della Costituzione, ritendo che essa esprimesse valori democratici irrinunciabili.

Tuttavia, anche le costituzioni sono logorate dal tempo e se esse contengono istituti segnati dal tempo, per forza di cose non diventa impossibile acquisire risultati soddisfacenti nel governo del Paese.

Questo aspetto del problema verrà analizzato tra poco, adesso è opportuno evidenziare che, dopo la caducazione della legge truffa, il nostro Paese ha continuato a languire in una endemica instabilità. I governi si sonosucceduti a ritmo incessante e la legge elettorale proporzionale ha frammentato il sistema politico italiano, per cui è stato necessario far ricorso ai così detti governi di coalizione, in cui i partiti si ricattavano- minacciando di far venire meno la fiducia al Governo- vicendevolmente per acquisire maggiori posizioni di potere.

In questo contesto si inserisce l’attività, a cui dà il via, a partire dagli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, il Centro per la riforma dello stato, costituito dal PCI, con lo scopo di indagare se nell’opera di Marx fosseindividuabile o meno una teoria dello Stato. Sulla scorta delle elaborazioni filosofiche di Galvano Della Volpe viene richiamato Rousseau e, in un’ottica più moderna,ci si richiama a Forsthoff (Stato di diritto in trasformazione). Ma, sia sul piano pratico che teorico il Centro non perviene all’acquisizione di risultati di rilievo.

A livello culturale, una certa inversione di tendenza si registra sul finire degli anni ’80 del secolo scorso, quando sulla rivista socialista Mondoperaio iniziano a comparire degli articoli di autorevoli costituzionalisti, che sfatavano il mito della legge elettorale proporzionale e dimostravano che anche una legge maggioritaria sarebbe stata ben compatibile con i valori della democrazia.

A grandi linee: arriviamo ai referendum abrogativi degli anni ’90 del secolo scorso, il più importante dei quali si tiene il 18/19 aprile 1993. Ad esito di tale referendum,  vengono approvati una serie di quesiti referendari, che per quel che qui interessa, una centralità possiede quello che comportava l’abrogazione della legge elettorale del Senato.  Pochi mesi dopo il  referendum, come giustamente ebbe modo di osservare Marco Pannella, veniva approvata una legge elettorale, che di fatto tradiva il risultato referendario.

E, puntualmente, le leggi elettorali in seguito adottate non hanno portato significative modifiche negli assetti istituzionali del nostro Paese: si sono susseguiti governi di coalizioni, molto fragili, come tali inidonei ad esprimere un compiuto indirizzo politico; se, ovviamente, si escludono i brevi periodi dei così detti governi tecnici, che , in quanto presieduti da soggetti di prestigio e fuori dall’agone politico, riuscivano a coagulare un significativo consenso parlamentare.

Adesso sembra che ci si avvii verso  una riforma della nostra di governo in senso presidenziale e già si susseguono critiche, che, sulla base di ragioni più che altro emotive, insistono sulla mistica dell’immutabilità della Costituzione, sebbene essa sia entrata in vigore da più di 70 anni.

Due osservazioni conclusive: nel 1950 in una introduzione ad una monografia sul regime parlamentare, Massimo Severo Giannini osservava che il sistema parlamentare è strutturalmente inconciliabile  con il principio democratico, essendo tale forma di governo strettamente collegata allo stato censitario.  In tale contesto, il sistema istituzionale può funzionare, solo ove ci si doti una legge elettorale maggioritaria.

A ciò si aggiunga che oramai la maggioranza degli stati non solo europei hanno una forma di governo presidenziale,  e non per questo le garanzie della persona sono minori rispetto a quelle riconosciute nel nostro Paese.

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