venerdì, 29 Marzo, 2024
Il Cittadino

L’affermazione del potere esecutivo

L’ultimo numero di questa rubrica è uscito nel giorno di Natale. Avendo essa una cadenza settimanale è inevitabile che quello successivo – questo che mi accingo a scrivere – sarà pubblicato il primo di gennaio. Quindi, col nuovo anno per chi mi ha ancora la pazienza è la forza di leggermi.

Ma anche col problema di quale argomento trattare, volendosi generalmente archiviare analisi, critiche e resoconti al 31 dicembre e inaugurare ottimisticamente l’anno nuovo, almeno con speranze e buoni propositi.

Non voglio sottrarmi al rito e anch’io, muovendo dagli atti dei primi mesi del Governo Meloni, parlerò del futuro: con ottimismo per la stagione garantista che il Guardasigilli Nordio sembra assicurare; ma con un dubbio riguardo alla indubbia affermazione del potere esecutivo – con contestuale esclusione del potere giurisdizionale ordinario (rimane il controllo di legittimità del giudice amministrativo) – espresso dal “decreto sicurezza” approvato il 28 dicembre scorso.

Poco da aggiungere sul tema della riforma della Giustizia in senso garantista: sono argomenti che ho più volte espresso, compresa la necessità di abolire l’obbligatorietà dell’azione penale; o di limitare il carcere a pochissimi casi di gravissimo pericolo, sostituendolo con misure alternative che la tecnologia oggi consente; ma anche di abolire (e comunque differenziare) la carcerazione preventiva – la pena fatta scontare preventivamente al presunto innocente – che spesso costituisce soltanto un mezzo coercitivo di indagine.

Il giudice, però, lo ribadisco, è essenziale ed è il primo soggetto a cui penso quando rifletto sullo Stato di diritto e su una triste verità:  gli uomini possono violare la Legge, ma normalmente sono gli Stati che possono violare il diritto. Quello che succede oggi nel mondo (in Iran, in Pakistan, in Russia, in Cina) o che è successo nella Storia ne sono un esempio clamoroso, affermando il primo e più grande e inalienabile diritto collettivo: quello delle popolazioni di ribellarsi di fronte alla negazione dei diritti fondamentali dell’uomo.

In Italia, non fraintendetemi, siamo ben lontani da ciò: riconosco a Giorgia Meloni una vera democraticità, e ritengo che i riferimenti al fascismo siano solo strumentali e demagogici.

Pur tuttavia l’Italia – legata e imbavagliata da una miriade di norme e di disposizioni soprattutto burocratiche che non ha eguali al mondo – non riesce a introdurre una riforma che sia tale non solo a parole, ma anche nei fatti e che consenta una velocità e semplicità operativa necessaria all’economia ed al vivere degli italiani: spesso si viola la legge perché non c’è alternativa, se non il non fare, il rimandare: che per una impresa è il fallimento. Lo stesso governo, col recente già citato “decreto sicurezza” ce ne dà un esempio formidabile.

Per quanto ci sia almeno una legge per ogni atto del vivere (ricordate la mia pluri ripetuta affermazione, «in Italia tutto è vietato, ma tutto è tollerato, finché…»?) ogni qual volta il potere esecutivo voglia affrontare un problema si confeziona una legge ad hoc: che dovrebbe regolare un’emergenza, ma che poi diventa la regola, per quanto abnorme e speciale possa essere (il regime carcerario del 41-bis doveva essere legato all’emergenza mafia, ma dura da più di 30 anni).

Così anche il Governo Meloni, nell’affrontare una questione vitale per uno dei suoi sostenitori, il parato della Lega: limitare l’attività delle Ong che effettuano soccorsi in mare.

Vicenda delicatissima in cui vengono in gioco numerose problematiche giuridiche, comprese possibili responsabilità penali. Non voglio entrare nel merito del problema dell’emigrazione non regolare, quanto evidenziare che col decreto sicurezza si è attribuito all’esecutivo un potere che, fino al 28 dicembre, era riservato alla magistratura.

Il fermo ed il sequestro della nave – così come multe al comandante e all’armatore – saranno disposte ora dai prefetti, non dai giudici, con semplici atti amministrativi (quindi unilaterali senza contraddittorio, col controllo di legittimità solo a posteriori). Atti amministrativi che potranno disporre «il fermo amministrativo per due mesi della nave utilizzata per commettere la violazione» e, per l’ipotesi di reiterazione «la confisca della nave con il sequestro cautelare». Con la particolarità che contro gli stessi si può fare ricorso entro venti giorni allo stesso Prefetto che li ha emessi.

Insomma un decreto che è un’accelerata dell’affermazione del potere esecutivo e che un’applicazione, in campo diverso dalla Sanità, dell’abuso nell’utilizzo dei provvedimenti amministrativi perpetrato soprattutto dai Governi Conte.

Ciò che più colpisce (o “mi” colpisce, più probabilmente) è che quei decreti sono una certificazione da parte del Governo: il quale, stabilendo che quelle situazioni debbano essere affrontate con provvedimenti del Prefetto certifica l’inefficacia dell’attuale nostro sistema penale, ormai logoro e scollegato dalle dinamiche economiche e sociali: sentire condannare a dieci anni di distanza una persona per un fatto che nessuno più ricorda non serve a nulla e la pena prima della condanna è una soluzione tutta nostrana che non è più tollerabile.

Ma l’affermazione del potere esecutivo non è la soluzione ed è pericolosa. Il garante dell’individuo – non dello Stato, che, come sopra detto, può violare il Diritto – è e dovrà essere il giudice: che oggi, se non è proprio quello di Roma, è sempre più spesso quello di Strasburgo.

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