venerdì, 19 Aprile, 2024
Esteri

Israele segue con apprensione le proteste in Iran

Israele segue le proteste che si stanno svolgendo in Iran con molta apprensione. Secondo la stampa locale il Paese sta conoscendo un’ondata di proteste senza precedenti appoggiate dal sostegno globale da parte dei leader mondiali, dalle celebrità, dai professori universitari in sciopero di solidarietà e dai manifestanti che sfidano le forze di sicurezza. Può essere che stiamo assistendo a un evento storico destinato a cambiare per sempre la Repubblica Islamica? Si chiedono gli esperti israeliani. In primo luogo, Mahsa Amini, la cui morte ha innescato le proteste, era del tutto innocente.

La bella ventiduenne non stava manifestando, non stava protestando, non stava sfidando il regime, non si era nemmeno tolta completamente l’hijab. Eppure, è stata arrestata dalla cosiddetta “polizia morale” iraniana che l’ha picchiata (come dimostrano i filmati delle telecamere di videosorveglianza che circolano sui social network), e ha ricevuto cure mediche solo diverse ore dopo aver perso conoscenza. Alla fine, è morta dopo essere stata in coma per tre giorni.

È stata una brusca scossa per il popolo iraniano, che si è reso conto che anche quando si attiene alle regole, matenendo un basso profilo e non manifestando, la sua sicurezza personale non è comunque garantita. Ecco perchè non hanno nulla da perdere uscendo a protestare. In secondo luogo, la maggior parte delle manifestazioni nella storia dell’Iran si erano finora concentrate su questioni che non chiamavano in causa l’essenza stessa della Repubblica Islamica. Quando nel 2009 le elezioni presidenziali risultarono truccate, i manifestanti scesero in piazza dicendo sostanzialmente che volevano Musawi e si erano ritrovati Ahmadinejad.

Nel 2007, e più tardi nel 2019, quando gli iraniani manifestarono contro il prezzo del carburante, si trattava di una questione economica. La maggior parte delle ondate di manifestazioni erano locali e risolvibili grazie a scelte diverse da parte dei capi della Repubblica Islamica. Nel 2011 ci fu in effetti un tentativo di scrollarsi di dosso il sistema, ispirato dalle rivolte della cosiddetta “primavera araba”. Ma i manifestanti che invocavano la fine del governo religioso iraniano erano meno degli stessi agenti delle forze di sicurezza.

Per i commentatori israeliani, le proteste attuali non riguardano l’hijab. Non si è mai trattato di questo. Le proteste in corso sono iniziate a causa di un evento legato al velo imposto alle donne, e da allora molte l’hanno tolto e persino bruciato in segno di protesta. Ma l’hijab è sempre stato un simbolo.

A differenza delle proteste per il carburante, delle proteste degli insegnanti, dei lavoratori; delle manifestazioni di camionisti, agricoltori, pensionati; quelle degli abitanti di Shemiran, degli arabi del Khuzestan e altre, questa volta il regime in Iran non può risolvere il problema semplicemente decidendo di farlo.

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