sabato, 20 Aprile, 2024
Politica

345 parlamentari in meno… con tanti rimpianti

È l’unica revisione della Costituzione, nella storia della Repubblica, che i parlamentari della diciottesima legislatura sono stati capaci di concepire ed approvare contro loro stessi per farsi apprezzare e stimare dagli elettori ai quali ne chiesero conferma col referendum. Ora, però, non piace più proprio a loro, specie a chi si rende conto che non è nelle liste elettorali in questa tornata, per mancanza di posti.

Promettere la riduzione del numero dei parlamentari è stato il “chiodo fisso” del Movimento 5Stelle nelle loro dichiarazioni quotidiane tra la gente nelle piazze e nelle sedi istituzionali con nobili obiettivi e cioè di risparmiare denari e di essere più veloci nel legiferare e governare. Al loro disegno di legge, nel tempo, si sono associati altri partiti e, per non fare brutta figura, nel secondo giro di votazione, venne raggiunta la maggioranza assoluta, ma non quella dei due terzi in ciascuna Camera per sottrarre la revisione costituzionale all’improbabile diniego del referendum confermativo se solamente domandato – entro tre mesi dalla sua pubblicazione – da un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Ma 71 coraggiosi senatori della Repubblica vollero salvare la faccia del Parlamento, invocando il referendum popolare che il 21 settembre 2020 si concluse con la conferma della riduzione del numero dei parlamentari, non essendo previsto alcun quorum. L’articolo 138 della Costituzione che regolamenta la propria revisione e quella delle altre leggi costituzionali afferma, infatti, che: “La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.”

Con l’eventuale quorum dei due terzi degli aventi diritto al voto, ovvero di una maggioranza assoluta dei “SI” o dei “NO”, come forse sarebbe auspicabile per qualsiasi legge di revisione costituzionale, il risultato sarebbe stato diverso e, nel caso specifico, l’attuale campagna elettorale sia nel Movimento 5Stelle e sia nelle altre forze politiche avrebbero anche altro da invocare a loro colpa o discolpa.

Non è affatto trascurabile evidenziare la percentuale degli elettori che si recarono alle urne, cioè il 53,84% e quella delle rispettive volontà.

Il 69,64% ha votato “SI” alla riduzione del numero di parlamentari ed il 30,36% ha votato “NO”. In sostanza ha votato per il “ SI” solamente il 37,49% degli elettori, neanche la maggioranza assoluta.

Gli effetti di decorrenza della riduzione del numero dei parlamentari, prematuramente arrivati, hanno creato scompiglio in tutte le forze politiche che sono state costrette, nei giorni scorsi, a selezionare ed individuare i “perdenti posti”. Le reazioni ufficiali, al momento, sono state numerose, anche molto colorite e tante altre ve ne saranno in seguito perché i malumori per le inaspettate esclusioni dalle liste sono davvero proprio tanti, specie per includere facce nuove capaci di attrarre consensi, per abbracciare qualche ”fuggitivo/a” da altri partiti o per riabbracciare qualche “pecorella che torna all’ovile”.

Altra attività di disturbo ai danni dei perdenti posto è provocata dalle candidature di persone che un ruolo politico lo coprono già, nel parlamento europeo, nelle Regioni e nei Comuni, anche come consiglieri ed assessori.

Probabilmente si rivelerà un errore grossolano la riduzione del numero dei parlamentari per le motivazione a supporto, tra cui – la più convincente per gli elettori – quella del risparmio in denaro, non vincolato a norme di rango costituzionale. L’articolo 69, infatti, recita che: “I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita della legge”.

Non è preclusa la possibilità, in ultima analisi, che il futuro Parlamento, tra gli intenti di revisione costituzionale possa decidere di ritornare al vecchio numero dei 945 Parlamentari come i nostri Padri Costituenti stabilirono nel lontano 1947, sul cui numero poggiarono i loro ideali di democrazia parlamentare, con una equilibrata rappresentanza di deputati e sentori sul territorio nazionale ed all’estero, specie in mancanza di una legge elettorale che regolamenti la nascita e la vita dei partiti, in armonia al dettato costituzionale di cui all’articolo 49.

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