giovedì, 28 Marzo, 2024
Economia

“Quota 100” costa 10miliardi in meno del previsto

A fine 2021 sono andati in pensione con la finestra di “Quota 100”, 380mila persone, a fronte di una stima dell’Inps di 450mila. La spesa effettiva, sino al 2021 e proiettata dal 2022 al 2025, è pari a circa 23,2 miliardi. Si tratta di un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5miliardi originariamente stanziati. Lo ha sottolineato Gianfranco Santoro, Coordinatore generale statistico attuariale dell’Inps, nel corso della presentazione a Roma dell’analisi a cura di Inps e Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) su Quota 100.   “Il 69% per cento – ha aggiunto – sono individui di genere maschile, il 31 per cento di genere femminile. Metà di coloro che si sono avvalsi di questa finestra per raggiungere la pensione riguarda i dipendenti privati, il 20 per cento gli autonomi, e il 31 per cento i dipendenti pubblici”.

L’analisi mostra che se in valore assoluto le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord, meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro, in percentuale della base occupazionale o del flusso medio delle uscite per pensione anticipata (quelle più simili a “Quota 100”) mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e minori al Nord, con il Centro in posizione intermedia. L’anticipo ha inciso in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo ha ridotto del 4,5% per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8% per i dipendenti privati e del 5,2% per i dipendenti pubblici.

L’età media alla decorrenza si è attestata poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6 anni. La maggior parte di chi ha aderito a Quota 100 lo ha fatto nello stesso anno in cui ha acquisito il diritto. Chi ha scelto Quota 100 ha sfruttato in media 2-3 anni di anticipo rispetto ai requisiti ordinari.

L’analisi conferma che i prosecutori volontari, i disoccupati e i silenti hanno probabilità più alte di pensionarsi con “Quota 100” rispetto agli attivi. Rispetto alla gestione di appartenenza, inoltre, i dipendenti privati mostrano le probabilità più elevate, seguiti dai dipendenti pubblici e, infine, dai lavoratori autonomi. Maria Rosaria Marino, direttore del Servizio analisi settoriali dell’Upb, ha spiegato che “le probabilità più alte di ricorrere a Quota 100 sono state registrate tra i lavoratori privati, e quelle più basse tra i dipendenti dello Stato e gli agricoltori.   A pensionarsi con maggiore probabilità delle donne sono unicamente gli uomini dipendenti privati. Per quanto riguarda la spesa nel triennio di validità di Quota 100 (2019-2021), è stata di 2 miliardi inferiore rispetto alle stime. Mentre in una proiezione fino al 2025 la minore spesa si stima di circa 700 milioni l’anno”. Nel rapporto sul Pil, l’analisi evidenzia un picco nel 2020, a causa degli effetti della pandemia e dell’introduzione di Quota 100, un altro picco nel 2022 a causa dell’inflazione, poi ancora una crescita nel periodo 2030-2040, per effetto dei baby boomers che si pensionano, seguita poi da una fase discendente in coincidenza del passaggio dal sistema retributivo al contributivo.

Dal 2022 ad aumentare la spesa pensionistica sarà anche l’inflazione. Si stima che l’aumento dei prezzi aumenterà la spesa delle pensioni di 15 miliardi di euro nel 2025, con un effetto crescente anche negli anni successivi. “Lo stato attuale dei conti pubblici e il contesto macroeconomico – ha aggiunto Marino – richiedono estrema prudenza nel ricorso a nuovo indebitamento a debito su eventuali nuove riduzioni dei requisiti di pensionamento dovranno trovare copertura in aumenti delle entrate o riduzioni delle prestazioni”.

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