giovedì, 25 Aprile, 2024
Politica

Legge di Bilancio 2022. Si cerca un compromesso su pensioni, fisco, ammortizzatori e superbonus

La manovra porta con sé non solo la piena fiducia del Premier Draghi che la considera fortemente “espansiva”, ma il dibattito si è caricato di aspettative e di possibili modifiche. Partiti, associazioni di categoria e sindacati sono pronti a far valere le loro posizioni. L’attesa del dibattito parlamentare si fa più stringente per i dubbi e le polemiche affiorate in questi giorni. Le anticipazioni parlano di aggiustamenti e rinvii.

La linea Draghi

L’obiettivo del premier è quello di riforme sostanziali, con un equilibrio dei conti. Con una premessa: le riforme devono essere al passo con la crescita del Paese.
L’impianto generale prevede più risorse per sociale e sviluppo, ma le scelte dovranno essere ancora calibrate così come la ripartizione dei fondi.
Vediamo nel merito quali passaggi deve ancora effettuare la manovra e quali le anticipazioni sui contenuti e modifiche.

In Parlamento, i tempi

Prevedibilmente, l’esame dell’aula secondo gli osservatori, sarà relativamente breve, con ogni probabilità a fine novembre la manovra dovrebbe arrivare al Senato.
La Legge di Bilancio, infatti, va necessariamente approvata entro la fine di dicembre, per l’entrata in vigore il primo gennaio. Tuttavia il calendario di dicembre è fortemente ridotto a causa delle numerose festività. Sulle tempistiche c’è il primo nodo, quello dei contrasti all’intero della maggioranza di Governo che devono essere superati.

Previdenza e fisco nel 2022

I capitoli fondamentali della manovra subiranno rinvii, la riforma pensioni, e le prime misure di riforma fiscale, dovranno essere approfondite per trovare una intesa che non scontenti nessuno. Di fatto il tema previdenza subirà un rinvio al prossimo anno. Come noto Quota 100 termina a fine dicembre, e ci sarà per il 2022 solo Quota 102. È sempre nel 2022 sono prorogati l’Ape sociale e l’Opzione Donna. Non si esclude che possano intervenire novità, ma in ogni caso il decreto traccia una direzione precisa, quella indicata dal Premier Draghi con una previdenza che punti solo sul contributivo. C’è la possibilità aperta dal presidente del Consiglio ai sindacati di trovare un accordo sull’età, sui lavori usuranti e la flessibilità in uscita dal lavoro. Inoltre, non si esclude un ripensamento su Opzione Donna, il requisito anagrafico è stato portato oltre i 60 anni, invece potrebbe tornare come era, ossia in pensione le lavoratrici che compiono 58 o 59 anni, rispettivamente se dipendenti o autonome, entro il 31 dicembre 2021.

Riforma del fisco

Diverso il discorso sulla riforma fiscale: il taglio delle tasse è una delle misure più attese, ma per il momento gli 8 miliardi previsti, non hanno una ripartizione certa.
I sindacati chiedono la conferma dei fondi per gli ammortizzatori sociali e incentivare le politiche del lavoro, Confindustria preme per una forte riduzione del cuneo fiscale per avvantaggiare imprese, sviluppo e di riflesso la crescita occupazionale. Le scelte sono rinviate al dibattito parlamentare. Tema su cui la maggioranza dovrà trovare una intesa.

Ammortizzatori sociali

Il dibattito politico seguirà le indicazioni contrastanti che sono emerse in queste settimane. Il ministro del lavoro, Orlando punta ad un accordo su ammortizzatori sociali universali, e tutele aperte anche alle piccole e micro imprese. Piano ambizioso che però vede la compartecipazione economica delle imprese. Soluzione contestata in modo netto da Confindustria. “Le aziende versano ogni anno allo Stato 3 miliardi di cassa integrazione, ricevendo prestazioni per 600 milioni, siamo contributori netti per 2,4 miliardi”, attacca il
leader degli industriali Carlo Bonomi, “Non possiamo essere sempre bancomat di Stato”. Per ora sugli ammortizzatori sociali il Governo prevede 3 miliardi, fondi che i sindacati giudicano scarsi per un obiettivo così ambizioso.
Le bozze che sono circolate dovrebbero prevedere delle ulteriori modifiche sulla ripartizione degli 8 miliardi.

Detrazioni edilizie

Il colpo di scena del Consiglio dei ministri è stato notevole, al punto da far insorgere le associazioni artigiane e Confedilizia. Il capitolo del rinnovo del Superbonus e delle detrazioni edilizie, sembrava cosa fatta, poi il Cdm ha ridimensionato tutto. Compreso il bonus facciate, ridotto al 60% (dal precedente 90%), e soprattutto sono state previste le proroghe delle altre detrazioni, nella misura attuale, fino al 2023 (il Superbonus fino al 2025, con una riduzione progressiva delle aliquote a partire dal 2024).
L’impianto generale dovrebbe rimanere quello restrittivo approvato dal Cdm, ma non si esclude che il testo che arriverà in Senato contenga qualche modifica. “Ad esempio”, anticipano gli analisti delle Piccole e medie imprese, “si parla dell’eliminazione del tetto Isee di 25mila euro per avere diritto al Superbonus per le villette fino al dicembre 2022, la proroga lunga, al 2023-2025, della detrazione infatti riguarda solo condomini, piccoli edifici e Iacp”.

Cessione credito

Altra misura che potrebbe essere modificata nel tragitto verso il Parlamento, è quella legata alle due opzioni di cessione del credito o sconto in fattura, che nelle bozze sono prorogate solo per il 2022 e soprattutto solo per i lavori ammessi al Superbonus. Non si esclude che invece il testo definitivo che arriverà in Senato conterrà la proroga delle due opzioni anche per tutte le altre detrazioni edilizie attualmente ammesse.

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