sabato, 16 Novembre, 2024
Salute

A Bergamo impiantato mini-pacemaker senza fili a 14enne

Bastava un po’ di agitazione, un’emozione più forte del solito e il cuore di Marco (il nome è di fantasia) smetteva di battere. Un dolore improvviso al petto e il buio, uno svenimento, fin dai 7 anni. Interminabili secondi per i genitori, imprevisti e imprevedibili, capaci anche di non manifestarsi per mesi, anni e poi all’improvviso ricomparire. Un disturbo che la scienza definisce asistolia: il cuore di colpo smette di battere.

Grazie a un dispositivo invisibile, ora Marco, che ha 14 anni, potrà fare una vita normale. L’equipe di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione cardiaca del Papa Giovanni XXIII, che segue il bambino fin dal 2013, ha deciso di impiantare il pacemaker più piccolo al mondo, invisibile e senza fili. Pesa 2 grammi e misura meno di un decimo rispetto ai pacemaker tradizionali. La batteria garantisce per circa una decina di anni l’emissione di impulsi elettrici in grado di regolarizzare il battito cardiaco.

“Grazie al dispositivo, che non necessita di alcun filo o elettro-catetere di connessione, è stato possibile superare una serie di problemi legati al classico pacemaker monocamerale – spiega Paolo De Filippo, responsabile dell’Unità di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione cardiaca dell’ASST Papa Giovanni XXIII -.

Inserito chirurgicamente sotto la pelle del torace, il tradizionale pacemaker impedisce alcuni gesti del braccio. E’ più complicato praticare attività sportive come il nuoto, la pallavolo, il tennis e, più in generale, attività in cui si rischia di cadere o sport di contatto come le arti marziali o il calcio.

Al contrario, questa tecnologia è del tutto invisibile e non invasiva. Non richiede incisioni ne’ “tasche” sotto la cute del torace, eliminando il rischio di infezioni e di potenziali complicanze, tipiche di un intervento tradizionale”.

Quando si sottopone all’intervento, Marco ha solo 14 anni. Non è la prima volta che un dispositivo simile viene impiantato su un paziente al Papa Giovanni XXIII. Marco però è il paziente più giovane a cui sia stato impiantato questo dispositivo in Italia e al mondo risulta solo un altro caso prima di lui.

“Per arrivare al cuore non apriamo il torace – commenta Paola Ferrari, aritmologa specializzata sulle patologie pediatriche -. La sonda passa attraverso la vena femorale. In questo caso però l’incognita maggiore riguardava il diametro della vena. Trattandosi di un ragazzino, lo strumento che ci permette di arrivare al cuore poteva avere dimensioni maggiori del vaso sanguigno di Marco, perciò abbiamo dovuto agire con estrema delicatezza.

Siamo risaliti dall’inguine con il dispositivo che libera il pacemaker, lo abbiamo posizionato all’interno del cuore, nel ventricolo destro, e rilasciato nel sito d’ancoraggio, dove rimane grazie a piccoli ganci”. “La scelta del dispositivo non è stata compiuta a cuor leggero.

E’ una conquista tecnologica che ha ancora un grosso limite – prosegue la dottoressa Ferrari -. Quando la pila di un pacemaker classico si esaurisce, noi riapriamo la ferita e lo sostituiamo. In questo caso, almeno per il momento, l’unica soluzione è lasciarlo nel cuore e metterne un altro simile, oppure posizionare un pacemaker tradizionale”.

“Un limite su cui si sta già lavorando – aggiunge De Filippo – e ci auguriamo che per quando la pila sarà esaurita la tecnologia ci avrà fornito una soluzione. Allora potremo dire di aver dato a Marco tutta una vita senza limitazioni e senza più rischi”.

“In tutti i campi della medicina – conclude Ferrari – le nuove tecnologie stanno aiutando i medici e i pazienti, in particolare nell’aritmologia. Se poi parliamo di cuori piccoli come il pugno di un bimbo, tutto ciò che è ‘mini’ può essere un ‘grandissimo’ passo avanti”. (Italpress)

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