domenica, 22 Dicembre, 2024
Attualità

Nulla sarà come prima, il virus e l’Italia che verrà

Dai dubbi scientifici alla riorganizzazione sociale da ripensare. Cosi il Corona virus spazza le passate certezze. Necessarie idee nuove contro il “pensiero unico”. Il futuro costruito con umiltà e solidarietà ci salverà.

“Non illudiamoci, non finirà mai. Passeremo da un virus ad un altro e dovremo abituarci a scenari di un mondo diverso”. È la tesi del nostro Carlo Pacella che abbiano pubblicato il giorno di Pasqua per dare forza non agli allarmismi inutili o a paure incontrollate, ma all’esatto contrario, ossia iniziare a riflettere su come il Coronavirus, entrato così prepotentemente nelle nostre vite in poche settimane, ha modificato di molto le nostre esistenze, ricombinando l’agenda della priorità. Le possiamo elencare: salute, sicurezza, economia solidale, impegno comune nell’affrontare e costruire la prossima realtà.

Nel frattempo, come sappiano, dobbiamo ancora uscire dal tunnel dei contagi, terapie intensive e purtroppo contare altre morti. La riflessione di Carlo Pacella è al limite della provocazione, sul quel terreno fertile di confronto di idee e scenari che non sono affatto inverosimili. Ad esempio, ci s’interroga oggi con assoluta incertezza su cosa ne sarà della “vecchia” organizzazione dell’economia, del lavoro, della istruzione scolastica, delle relazioni interpersonali, della socialità, della sanità, del ruolo delle banche, delle imprese. Solo per elencare alcuni aspetti della vita della nostra modernità. In poche settimane abbiamo visto di tutto, o meglio l’instabilità di tutto: dapprima in Tv gli sforzi cinesi nel costruire ospedali e cercare di arginare il virus. Poi una volta che il virus è approdato in Italia abbiamo avuto il paziente zero – era il 20 febbraio – ma nel contempo la vita in tutti i suoi aspetti andava avanti: dagli apericena, alle partite di calcio, alle pizzette, al lavoro, ai trasporti, all’affollarsi ovunque. Il ritornello conduttore, se ricordiamo bene, di molti era “la vita va avanti” “è qualcosa di più di una influenza di stagione”, etc etc. Abbiamo visto altisonanti sfide mediatiche tra esperti, scienziati, virologi, ricercatori, politici, associazioni imprenditoriali e sindacali. Scontrarsi su tutto.

Su cosa era il virus, sui suoi effetti, e se era giusto meno chiudere fabbriche, uffici e negozi. Una altalena durata giorni.

Nel frattempo medici e infermieri in prima linea – inascoltati – erano già in pieno allarme ed emergenza. Così ospedali pieni e il crollo di certezze con il lugubre corteo di mezzi militari carichi di bare.

E nel mondo? Stesso scenario: misure cautelative forse sì forse no; dall’America, alla Gran Bretagna, fino alla Svezia era in voga il “contagio di gregge” ossia ci saremmo ammalati tutti in forma più o meno lieve e salvati immunizzandoci. In pochi giorni tutto è stato travolto. In Italia siamo sprofondati a metà marzo “nell’ora più buia”, con le centinaia di morti, di anziani decimati, della incredibile caccia alla mascherine, ai tamponi, al materiale di protezione per gli ospedali, alla ecatombe di medici, infermieri, operatori contagiati e morti.

In un lasso di tempo così breve che ha disorientato totalmente l’opinione pubblica a cui è stato detto che l’unico, vero rimedio era starsene a casa, eppoi se si era fortunati in caso di malattia grave era trovare un posto in terapia intensiva. Anzi che nel caso c’erano pochi posti valeva la data di nascita. (Altro che gli scenari allarmanti del nostro Carlo Pacella). Arriviamo ai giorni nostri.

Con i virologi divisi sul prossimo futuro, perché i dati su contagi, su persone asintomatiche e sintomatiche, sulla stessa aggressività del virus, rimangono un rebus. Così per il vaccino che se ne riparlerà nel 2021.

Nel frattempo abbiamo pochissime munizioni: qualche vecchio antinfiammatorio, antivirali per altre patologie, sì sperimenta con risultati positivi la clorichina, l’ozono terapia; e ora notizia del giorno la buona vecchia “Eparina”.

Tra l’altro oggi l’eparina viene indicata “miracolosa” mentre pochi giorni fa un autorevole virologo l’aveva bollata come una “scemenza”. Che dire? Arriviamo, invece, al contesto sociale dove il buon Pacella ne ha annunciato i cambiamenti. Possiamo fare tutto come se nulla fosse accaduto? Evidentemente no, perché ricordiamo li “virus è instabile e quindi mutevole in aggressività”, ma lo sono anche le persone: abbiamo visto tutti le tre corsie occupate del raccordo anulare di Roma alla vigilia di Pasqua. I barbecue sui terrazzi a Palermo.

I runner che pure devono correre all’aria aperta. I bagnanti in riva al mare. Di chi se ne infischia più o meno a ragione di divieti e pericoli. E di quanti anche se positivi se ne vanno a zonzo. C’è poi il campo economico prossimo al disastro. Si continua a dire “facciamo presto”, basta scartoffie e ritardi, si indicano i modelli: Tedesco, Svizzero, Americano, ma alla burocrazia italiana non interessano né imprese in profondo rosso, né le milioni famiglie alla fame, tantomeno chi vive agiato e chi in povertà assoluta. Sono situazioni reali che imprimeranno una tale spinta all’Italia che tra pochi mesi vedremo sotto i nostri occhi cambiamenti epocali.

Allora, vogliamo ricordare per chi l’avesse dimenticato, siamo una società complessa, dove si incrociano diritti privati e leggi di “contenimento e distanziamento sociale”, dove si discute (ancora) se portate la mascherina sia necessario o solo utile o forse del tutto inutile. Allora le ipotesi sull’Italia che verrà di Carlo Pacella a cui chiederemo anche una ulteriore riflessione sui prossimi scenari, sono utili per definire il campo delle cose che ci attendono. Le ipotesi da pensare e concretizzare. Le idee non fanno male a nessuno mentre le scelte sbagliate creano lutti.

Farsi trovare impreparati una prima volta dal virus e dal cosa fare è concesso, ma una seconda volta potrebbe essere pericolosamente stupido.

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