Al via la nuova guida europea per la diagnosi dei disturbi cognitivi e dell’Alzheimer. Le prime raccomandazioni inter-societarie europee realizzate dagli esperti delle maggiori Società Scientifiche e coordinate da specialisti dell’Università di Genova – IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, dell’Università di Ginevra e dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, consentiranno di arrivare prima e meglio a dare un nome al problema di chi manifesta i primi segni di un deterioramento cognitivo, riconoscendo se si tratti di Alzheimer, come avviene in un caso su due, o di un’altra forma di demenza. Le raccomandazioni, appena pubblicate sulla prestigiosa rivista The Lancet Neurology, per la prima volta non sono centrate sulla malattia, ma sul paziente e i suoi sintomi.
Undici diverse modalità
A partire da 11 diverse modalità con cui si presentano i segni di un deterioramento cognitivo, in 4 passi successivi e con test differenti a seconda del profilo del singolo paziente, si potrà d’ora in poi arrivare a individuare la patologia responsabile in tempi più rapidi e con minori sprechi di risorse. Il percorso diagnostico, oltre ad analisi del sangue, test cognitivi, risonanza magnetica o TAC e in alcuni casi elettroencefalogramma che sono previsti nel primo step, cambia a seconda dei pazienti e può includere o meno l’analisi di specifici marcatori nel liquido cerebrospinale, PET o SPECT di differenti tipologie, scintigrafie.
Indicazioni condivise, internazionali e documentate
“Queste raccomandazioni nascono dall’esigenza di avere indicazioni condivise, internazionali e ben documentate ma soprattutto centrate sulla presentazione clinica dei sintomi, sul paziente anziché sulla malattia. Il paziente con un deficit cognitivo iniziale ha circa il 50% di probabilità di avere l’Alzheimer oppure un’altra delle varie patologie che causano disturbi neurocognitivi. Per districarsi fra le tante cause e arrivare a una diagnosi, oltre ai test cognitivi oggi esistono molti esami strumentali, dalla TAC, alla risonanza magnetica, all’esame del liquor, il liquido cerebrospinale: per ciascuna metodica esistono linee guida e ambiti di applicazione a seconda delle diverse malattie, ma quando il neurologo ha di fronte per la prima volta il paziente non sa ancora di che patologia soffra, perciò è difficile utilizzare linee guida pensate per individuare l’una o l’altra patologia. Ecco perché serviva costruire raccomandazioni basate principalmente ‘sul sintomo’ e non sulla malattia”, spiega Flavio Nobili, co-coordinatore dello studio e Professore di Neurologia all’Università di Genova-IRCCS Ospedale Policlinico San Martino.