venerdì, 22 Novembre, 2024
Ambiente

Gli impatti ambientali del ponte sullo Stretto

Il ponte sullo stretto di Messina è portatore – nelle aree interessate in via immediata e non – di infinite aspettative, di molteplici interessi e di specifici diritti di proprietari di abitazioni, di imprenditori agricoli, di artigiani, di industriali e di altre figure professionali. Emergono, inevitabilmente, due schieramenti in contrasto, rispettivamente del SI e del NO, benché la sua realizzazione sia stata già sancita da specifica volontà parlamentare, con legge dello Stato pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica il 30 maggio 2023 (decreto legge n.35/2023).

I sostenitori del SI – tra i quali, ovviamente, gli addetti ai lavori e le parti in causa, direttamente o indirettamente – affermano e scommettono che il ponte sullo Stretto avrà solo impatti positivi. Il primo aspetto positivo sarà quello della creazione di migliaia di posti di lavoro di elevate qualità professionali, anche con specifici corsi di formazione da parte di  imprese  di specifiche competenze tecnologiche e manifatturiere della Penisola nella fase dei lavori, nonché per la permanente  vigilanza e tenuta in sicurezza dell’intera opera una volta  in esercizio.

I più evidenti benefici saranno sicuramente quelli del quasi azzeramento dei disagi di tempo e di costi che pesano da secoli, prevalentemente, sugli abitanti  delle due sponde Calabria e Sicilia, veri e propri “frontalieri italiani”, ma saranno enormi i vantaggi sull’intera rete mondiale per gli scambi commerciali, non affatto sottovalutando la spinta straordinaria sul turismo internazionale.

I sostenitori del NO, invece, evidenziano ed immaginano un grande sconvolgimento ambientale ed ecologico dei territori da ambo le Regioni, addirittura andando a scomodare il disastro del Vajont. L’unico  problema reale, non trascurabile, è stato, invece, il lungo tempo di attesa – da oltre un decennio – che hanno vissuto i proprietari interessati agli espropri e quelli limitrofi per i disagi indotti,  a vantaggio di forme speculative.

Il WWf, dal canto suo, solleva il problema attorno alla migrazione degli uccelli, essendo lo Stretto di Messina il polo delle migrazione di circa 48 mila volatili, invocando la convenzione sulle specie migratrici (C.M.S.) e l’Accordo sulla Conservazione degli Uccelli Acquatici Migratori dell’Africa-Eurasia (A.E.W.A.).

In effetti lo stretto di Messina è riconosciuto, tra l’altro, come il passaggio delle primaverili migrazioni pre-nuziale di uccelli, tra cui rapaci, cicogne e gru, per raggiungere i siti di nidificazione in Europa attraverso gli altri stretti di Gibilterra e Bosforo. Non a caso, da decenni, i Carabinieri Forestali sono impegnati istituzionalmente a prevenire e reprimere ogni forma di bracconaggio.

Il ponte sullo Stretto di Messina sarà sicuramente  un’opera gigantesca, per alcuni versi unica al mondo, se non altro per le sue caratteristiche e misure, fino ad ora conosciute: un ponte a una sola luce, definito – ponte sospeso – di 3.300 metri di lunghezza, tra la Calabria e la `Sicilia, sorretto, attraverso due torri di 399 metri di altezza, da quattro cavi di acciaio di diametro di metri 1,26 ciascuno, dai quali si diramano collari e pendini a distanza di circa 30 metri, destinati a reggere ciascuno impalcato (probabilmente una cinquantina) per l’intera lunghezza del ponte.

L’impalcato ne costituisce  la base del ponte di metri 60,4 di larghezza per ospitare le tre corsie stradali per ogni senso di marcia e i due binari ferroviari al centro. Ogni singolo impalcato misura metri 60×60, con quattro metri di spessore (un innovativo sistema aerodinamico per vincere e trarre vantaggi dalla forza dei venti calcolata fino a 270 km).

In effetti il ponte, nel suo complesso, impegna un’area di circa 5.300 metri lineari, i cui estremi sono costituiti dai due blocchi di ancoraggio dei quattro cavi di acciaio, ad un’altezza di circa  75 metri sul livello del mare, per  il passaggio di  navi delle massime altezze in navigazione e di quelle future eventualmente più alte.

Un intralcio temporaneo, ma sicuramente consistente, sarà a mare durante la fase di trascinamento, via aerea,  di ben 349 blocchi di cavi da una parte all’altra dello stretto fino ai due blocchi di ancoraggio, nonché quella più complessa e delicata delle coppie di impalcati (ciascuno di dimensioni 60x60x4) per montare fisicamente il ponte con l’utilizzo di chiatte con gru a mare per sollevarli  a 75 metri di altezza.

I disagi da ambo le sponde, per i rispettivi cantieri, avrebbero durata di circa 6 anni, dalla posa della prima pietra in generale e che riguardano tutte le aree per la realizzazione dei collegamenti a terra, con la così detta “schermatura dell’area di cantiere”.

In particolare, già nel progetto del 2012, nella predisposizione dei cantieri, furono previsti  accorgimenti e di cautele, tra cui uno specifico studio di incidenza ecologica al fine di ridurne l’impatto sull’ambiente circostante tra i quali i rumori causati dalla costruzione delle opere per non impattare  sulla riproduzione della fauna locale o di ridurre il rischio di sversamento di materiali nei corsi d’acqua, nonché per proteggere la qualità dell’aria dalle polveri.

Emergerebbe – fatte salve errate interpretazioni ed inesattezze – che un intralcio permanente sulla rotta dello Stretto di Messina sarebbe per gli uccelli in volo e per gli aeromobili, costituito essenzialmente dall’impalcato  non inferiore a mq. 13.200 (mt. 3.300X4),  insieme ai quattro cavi di acciaio  e agli stralli in verticale (a forma di arpa o di ventaglio), lungamente compensato  dall’attrazione di curiosi e di turisti da ogni parte del mondo per contemplarne l’armonia con l’azzurro mare.

Intanto l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) riconosce lo Stretto di Messina come patrimonio mondiale dell’umanità, per cui per le opere da fare se ne dovrà tenere debito conto.

Tra le varie autorizzazioni, non a caso, vi è proprio il parere da parte del Ministero dell’Ambiente riguardante la “compatibilità ambientale”.

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