mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Europa

Divergenze parallele ma non solo in Europa

Salvini deve prendere atto che di là del Rubicone ci sono due eserciti alleati tra loro che non vogliono sentire il suo appello. La sua sortita rischia di aumentare le divergenze della Lega dal resto della maggioranza. Fino a che punto?

A volte gli ossimori, con la loro illogicità, descrivono la realtà politica meglio di qualsiasi analisi politologica.
Nel luglio del 1960 Aldo Moro definì governo delle “convergenze parallele” l’accordo tra tutti i partiti, eccetto il Movimento sociale, per un esecutivo di tregua e decantazione dopo le turbolenze del Governo Tambroni. Due anni dopo nacque il primo governo di centrosinistra.
Oggi, dopo le improvvise bordate di Salvini sulle alleanze che, a suo dire, il destra-centro dovrebbe perseguire in Europa siamo in presenza di divergenze parallele tra la Lega da una parte e gli altri due alleati di governo dall’altra. I tre marciano insieme a Roma ma divergono a Bruxelles La mossa del leader della Lega è un segnale che Salvini cominciava a sentire intorno a sé il rischio dell’isolamento e non solo in Europa.

I tre partiti di governo appartengono a tre diverse famiglie europee: Tajani al Ppe, Meloni ai Conservatori-riformisti e Salvini a Identità e Democrazia. La leader di Fratelli d’Italia da tempo tesse la tela per avvicinare il suo gruppo ai Popolari in vista di una possibile diversa maggioranza del Parlamento europeo del 2024 che metta fuori gioco le sinistre e faccia coalizione comune anche con Renew Europe di Macron. In questo schema non c’è posto per Salvini. Che aveva due possibilità: sfilarsi dall’alleanza con Le Pen e Alternative für Deutschland ed entrare nel gioco con Meloni e Tajani. Ma questo sarebbe stato uno strappo di grande portata, non è nelle corde del leader leghista.

Oppure restare dov’è e chiedere a Tajani e Meloni di rinunciare al loro progetto e fare squadra comune in Europa così come fanno in Italia. Il secco no di Tajani chiude la partita prima che cominci. Meloni per ora non ha risposto. Salvini insiste e non tiene conto che i suoi due alleati non ne vogliono sapere degli estremisti francesi e tedeschi che peraltro sono piuttosto comprensivi anche nei confronti di Putin e quindi lontani mille miglia dalle posizioni di Meloni e Tajani. Finirà qui questa scaramuccia? Forse no, perché a Salvini sta stretto l’asse di ferro tra gli altri due alleati di Governo e deve cercare di farsi spazio. Ma forse ha scelto la strada più pericolosa: forzare per un’alleanza in Europa con partiti amici della Russia lo mette in netto contrasto con la linea del Governo e fa riemergere antiche critiche sulle stesse posizioni poco occidentali della Lega che stavano finendo nel dimenticatoio. Il dado però è tratto. E ora Salvini deve prendere atto che di là del Rubicone ci sono due eserciti alleati tra loro che non vogliono sentire il suo appello. La sua sortita rischia di aumentare le divergenze della Lega dal resto della maggioranza. Fino a che punto? Meloni non teme strappi perché chi facesse cadere questa maggioranza si assumerebbe la pesante responsabilità di elezioni anticipate.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Meloni: senza rinegoziazione avremmo perso miliardi

Maurizio Piccinino

Meloni a Bruxelles. Confronto con von der Leyen. L’agenda italiana, priorità su energia e Pnrr

Maurizio Piccinino

Visco: “Futuro non facile per Italia e Ue. La Bce ha deciso bene”

Antonio Gesualdi

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.