domenica, 22 Dicembre, 2024
Il Cittadino

Diritti umani

Ricorreva ieri la Giornata mondiale dei diritti umani. Una celebrazione sovranazionale che dovrebbe ricordare, ogni anno, il 10 dicembre 1948, giorno in cui è avvenuta la proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani.

La giornata dei Diritti Umani di ieri è stata celebrata calpestando ovunque fosse possibile i diritti umani: in Ucraina sotto il mortale scoppio dei missili e delle bombe russe; in Iran con esecuzioni di stato e omicidi di polizia in forza di precetti. Ma anche in almeno 67 stati dove – è un dato di  Amnesty International – nel 2021 sono state promulgate norme che hanno inciso negativamente sulla libertà d’espressione, di associazione e di manifestazione pacifica; mentre, sempre secondo la stessa fonte, sarebbe stato fatto uso eccessivo della forza per disperdere proteste in almeno 85 stati.

Amnesty International ha celebrato la Giornata internazionale dei diritti umani al Maxxi di Roma, inaugurando la nuova campagna globale “Proteggo la protesta”, per chiedere ai governi del mondo di proteggere il diritto umano fondamentale di protesta pacifica.

Il diritto di protesta è, quindi, al centro della ricorrenza di quest’anno.

Di protesta delle donne – ma ormai di tutto un popolo – in Iran, di fronte ad una tirannia che non vuole apprendere dalla Storia che un popolo esasperato distrugge una fortezza inespugnabile come il carcere della Bastiglia o smonta con le mani il muro di Berlino, che per mezzo secolo, aveva tenuti segregati e nella miseria centinaia di milioni di uomini, oppressi da una dittatura non meno tenera delle altre, anche se esercitata in nome del proletariato. Ma anche protesta nelle forme della Resistenza italiana contro l’occupazione nazista ed il delirio fratricida della Repubblica di Salò.

Le vicende iraniane ben si prestano ad essere usate a mo’ di esempio per meglio spiegare un concetto più volte espresso da questa rubrica, la contrapposizione tra i Diritti e la Legge: le donne iraniane, l’intero popolo che si ribella, sta esercitando un suo Diritto (di protesta) per  rivendicare propri Diritti violati dallo Stato: alla libertà, alla religione, all’espressione della propria personalità. La polizia morale ed i giudici di quel Paese, violando il Diritto applicano la legge: che stabilisce la pena di morte per chi non segue l’ortodossia religiosa, per chi protesta, per chi viola i comportamenti etici.

La legge non sempre, infatti, coincide col Diritto; spesso è solo un precetto che il potere (lo stato) impartisce ai cittadini, stabilendo una sanzione per la sua violazione.

Il mondo moderno occidentale ha superato da secoli – e certamente dopo l’Illuminismo – pregiudizi che portano a situazioni come quelle iraniane (ma non dimentichiamoci della nostra Santa Inquisizione e delle donne bruciate come streghe).

La violazione dei Diritti Umani non si limita a quegli esempi più gravi, ma si estende anche ai regimi democratici. L’esercizio del potere da parte dello stato, comporta anche il suo monopolio sull’uso della violenza: nel senso che lo stato è l’unico ente, in un ordinamento democratico, autorizzato ad agire con violenza attraverso le sue forze pubbliche (monopolio che, forse, non esiste nei soli Stati Uniti, dove il Secondo Emendamento consente ai cittadini il possesso delle armi, non volendosi che lo Stato possa scegliere chi abbia il diritto di possederle).

Violenza, comunque, limitata e regolata dalla legge, che stabilisce regole di ingaggio e limitazioni: in Italia, ad esempio, è negato allo Stato il diritto di morte sui cittadini (così che non ci si deve scandalizzare se qualcuno chiede che sia inibito allo Stato anche il diritto di privarli della libertà).

Una parte fondamentale dei Diritti Umani per l’appunto si occupa della Giustizia: dal problematico ed inapplicabile art. 8 («Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge»: a quale Tribunale nazionale si può rivolgere la mamma di Mohsen Shekari, il giovane arrestato e condannato a morte per aver preso parte alle proteste antigovernative esplose in Iran a seguito dell’uccisione da parte della “polizia morale” Mahsa Amini?), al diritto al giusto, pubblico e imparziale processo (artt. 9 e 10), alla presunzione di innocenza (art. 11) e a una detenzione improntata a principi umanitari (e qui qualche dubbio, pensando al nostrano ergastolo ostativo e alla detenzione del 41-bis, mi sovviene anche per l’Italia).

C’è materia, insomma, per un miglioramento delle nostre garanzie e dei nostri Diritti di cittadino anche dalle nostre parti.

Il sistema giudiziario – lo stanno dicendo ormai quasi tutti i Ministri della Giustizia – necessita di una profonda trasformazione ed è veramente (per la mia sensibilità: non rivendico sul punto alcuna oggettività, ma esprimo un mio sentire) al limite.

La carcerazione preventiva – cioè la detenzione di un presunto innocente per un tempo fino a tre anni prima del processo – lo dice il Ministro Nordio è spesso abusata, qualche volta un mezzo di coercizione. Così come pure le intercettazioni, sempre secondo il Guardasigilli sono uno scandalo nostrano (quasi superfluo notare notare che l’art. 5 dei Diritti Umani vieta la tortura e che l’art. 12 garantisce il diritto alla privacy).

Assolutamente superfluo – ma lo scrivo solamente per affermare un primato culturale di Locrese e Locrideo – notare che nel 1948 con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani con l’art. 4 è stato sancito il divieto di schiavitù: ciò che a Locri, con le leggi scritte da Zaleuco, era vietato fin dal VII secolo avanti Cristo. Locride, tutta un’altra storia, insomma…

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