mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

Serve una legge “sulle” criptovalute, non “contro” le criptovalute

L’affermazione della Presidente della Bce a margine di un convegno, secondo la quale la Russia starebbe aggirando le sanzioni finanziarie mediante l’utilizzo delle criptovalute, senza offesa, non è una novità.

Ciò che costituirebbe un auspicabile quid novi sarebbe, al contrario, una legislazione organica sui crypto asset. Non si può continuare a definirne solo i contorni opachi, come chi scrive fa incessantemente da qualche anno, e poi non trovare un’architrave regolamentare ad un fenomeno che è ormai consolidato, del quale bisogna prendere atto, per almeno tre motivi:

  • persino nella crisi Ucraina, alla nazione martoriata dalla guerra lanciata dalla Russia sono già pervenute donazioni per circa 57 milioni di dollari in cryptovalute;
  • lo strumento si presta a sempre maggiori utilizzi per tesaurizzazioni e tantissimi paesi stanno adottando le crypto in via più o meno ufficiale, per scopi anche ordinari: i principali hedge fund che oggi investono nelle borse mondiali avrebbero (secondo stime Fidelity) un portafogli in Bitcoin e sorelle per il 52% circa; le transazioni più o meno ufficiali in bitcoin ammonterebbero ad oggi a oltre 10 miliardi di dollari in controvalore; gli stipendi dei sindaci di New York e Miami sono attualmente pagati in cryptovalute, in molti stati sudafricani senza cryptovalute molte persone non avrebbero accesso alle spese essenziali;
  • il proibizionismo non ha mai prodotto risultati apprezzabili. Le innovazioni – vedasi sorte del web e sue deviazioni – vanno regolamentate e accompagnate, non avversate.

Non ho cambiato posizione, e continuo a credere che ciò che non è materiale e che è troppo “anonimizzabile” si presta più facilmente ad utilizzi criminali. Ciò sta avvenendo e avverrà.

Senza dire dei rischi per i consumatori, così come fu per i titoli tossici. Le crypto non hanno ancora sufficienti tutele, come hanno ribadito in una raccomandazione congiunta del 15 marzo scorso le autorità finanziarie europee (EBA, EIOPA, ESMA). In quest’ultimo studio si afferma, giova ricordarlo, che oltre 17.000 sarebbero i crypto-assets (tra valute, digital coins e tokens) oggi in circolazione. E se ci sono, hanno un mercato.

Servono allora regole certe, anche se la Bce e molte banche centrali (compresa la Fed, e Biden ha pure appena tuonato contro le cryptovalute) hanno già in stato avanzato progetti per delle loro digital coins, da noi l’euro digitale, adottate proprio per limitare lo strapotere incombente e la disintermediazione che le criptovalute stanno creando nel sistema dei pagamenti, leciti o illeciti che siano (ma questi ultimi non interessano, ovviamente, a chi emette regolarmente moneta). Lugano ha appena concluso con Tether, la prima stablecoin per capitalizzazione al mondo, un accordo per l’utilizzo di centesimi della stessa a fini di regolazione dei servizi essenziali (tasse e piccoli pagamenti) nella città e nel Cantone.

Nelle prime settimane del conflitto ucraino, il rublo è stato cambiato in cripto per oltre il 120% in più rispetto alle movimentazioni. L’Ucraina è la quarta nazione al mondo per tasso di adozione di criptomonete, la Russia sarebbe diciottesima.

Per poter controllare a fini strategici questo mercato, per prevenirne meglio anche le devianze giustamente sottolineate dalla Signora Lagarde e da molti che ne hanno sacrosanto e fondatissimo timore, bisogna essere più coraggiosi nell’inglobarlo. Le regole contro il riciclaggio, ed i relativi controlli, ci sono già, per direttiva europea in vigore da oltre tre anni. Ora manca il sostrato civilistico e di vigilanza, possibilmente almeno europeo.

* Ranieri Razzante, Direttore Crst

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