sabato, 21 Dicembre, 2024
Esteri

Più leadership femminile, a Dubai presentata ricerca Atenei cattolici

Rappresentano una risorsa preziosa per lo sviluppo economico ma le donne del Terzo Millennio sono ancora soggette a discriminazioni, pregiudizi e stereotipi che ne impediscono lo sviluppo integrale relegandole a ruoli ancillari.
Come se non bastasse per coloro che si affermano nel mondo della scienza, della tecnologia e dell’accademia resta alta la presenza di situazioni diseguali in termini di quantità, qualità e remunerazione. Serve un nuovo modello di sviluppo equo, solidale, inclusivo e sostenibile per eliminare le disuguaglianze che impediscono alle donne di raggiungere ruoli apicali.
È quello che intende definire la ricerca “Più leadership femminile per un mondo migliore” (“More Women Leadership for a Better World”), promossa da Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice (CAPP) e da SACRU, il network internazionale di atenei cattolici, di cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore è capofila.
L’indagine, i cui risultati finali saranno illustrati dopo l’estate in anteprima presso la santa Sede, è stata presentata domenica 6 marzo a Dubai, nel Padiglione Italia dell’Esposizione Universale durante il dibattito “More Women Leadership for a Better World”. Care as a Driver for Our Common Home”. “L’università e l’esposizione universale condividono, tra le tante, una qualità: la capacità di far dialogare le culture in una prospettiva globale. Da cento anni, la nostra Università risponde alla chiamata della società: la collaborazione con il Padiglione Italia a Expo Dubai è uno dei primi passi nel nostro nuovo secolo”, ha detto il Rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, aprendo il dibattito moderato dalla giornalista emiratina Aida Al Busaidy, Direttore della comunicazione per il Dubai Tourism. “In questo senso va, fra le tante, l’iniziativa congiunta dell’Alleanza Strategica delle Università Cattoliche e della Fondazione Centesimus Annus che, attraverso questo lavoro di ricerca, dedica un’attenta analisi alle disuguaglianze di genere, contribuendo ad affrontare l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 5: Parità di genere”, ha specificato il Rettore Anelli.
Anna Maria Tarantola, Presidente della Fondazione Centesimus Annus promotrice della ricerca, ha aggiunto: “Le donne sono la metà della popolazione mondiale. Hanno grandi talenti e potenzialità;
se potessero godere della piena uguaglianza di opportunità, potrebbero contribuire sostanzialmente al necessario cambiamento verso un mondo di pace, inclusione, solidarietà e sostenibilità integrale”. L’indagine che si caratterizza per la sua valenza multidisciplinare – grazie al coinvolgimento di 10 atenei internazionali di 8 Paesi (Italia, Giappone, Spagna, Portogallo, USA, Cile, Brasile, Australia) e di 11 accademici appartenenti a differenti settori scientifici – dà un importante contributo alla comprensione del fenomeno della disuguaglianza di genere attraverso un’analisi rigorosa della situazione, delle cause, degli ostacoli, degli effetti e l’identificazione di alcune azioni correttive. Fattore chiave della ricerca il termine “cura”, inteso come caratteristica comune a tutti e che, secondo l’insegnamento delle encicliche di Papa Francesco Laudato si’ e Fratelli tutti, rappresenta il giusto antidoto per risolvere le ingiustizie e le disuguaglianze.
Hanno preso parte al dibattito Isabel Capeloa Gil, Rettrice dell’Universidade Catòlica Portuguesa, PierSandro Cocconcelli, Prorettore e Delegato per il coordinamento dei progetti di internazionalizzazione dell’Università Cattolica, Lisa Sowle Cahill, Professor of Ethics al Boston College, e Silvia Rigato, Managing Director di Accenture e alumna della Cattolica.

La situazione di disparità è acuita dalla carenza nei servizi sociali, nei sistemi di incentivazione alla condivisione del lavoro di cura, nei modelli organizzativi nelle aziende. “Alle donne manca il sostegno sociale necessario per realizzare pienamente non solo i loro ruoli familiari, ma ancor più quelli pubblici e professionali” e “sebbene l’istruzione delle donne sia un fattore chiave nel determinare la sopravvivenza dei bambini, le donne costituiscono i due terzi degli analfabeti del mondo”, ha fatto eco la professoressa Cahill. Per infrangere il soffitto di cristallo è fondamentale, hanno specificato all’unanimità i relatori, favorire la diffusione di una cultura della “gender equality”, creare nelle aziende un “empowering environment” ovvero un ambiente che incoraggi le abilità femminili, promuovere specifiche politiche in grado di mettere a frutto il valore aggiunto delle donne per lo sviluppo della società.

Si muove lungo questa direzione l’indagine dove sono presi in considerazione diversi aspetti per accelerare il processo della parità di genere. Tra questi, le cause, le evidenze della persistenza delle disuguaglianze e gli effetti positivi della presenza femminile in vari contesti; gli ostacoli per le donne nel mondo della scienza, della tecnologia, del mondo accademico;
l’impatto sulla sostenibilità fornito dalla presenza femminile nei CdA; la rilevanza della cura come caratteristica necessaria per affrontare le sfide e la complessità del contesto attuale e il legame con l’attività di cura che grava sulle donne.
In particolare, la ricerca intende individuare alcune azioni strategiche che, operando su diversi livelli – educativo, economico e lavorativo, politico, di comunicazione, fiscale, sociale e culturale -, hanno l’obiettivo di raggiungere il necessario empowerment delle donne in tutti i contesti e settori della società per valorizzarne competenze, abilità e talenti.
A tal proposito la Presidente della Fondazione Centesimus Annus, Anna Maria Tarantola, ha sottolineato il ruolo dell’educazione per cambiare questo stato di cose: “La nostra convinzione è che il ruolo del mondo educativo sia fondamentale per affrontare e risolvere i gravi problemi e le sfide del nostro tempo. Crediamo che partire dalle università, in particolare da quelle cattoliche, sia il modo più appropriato per analizzare le complesse questioni dell’era digitale, pandemica e climatica alla luce della dottrina sociale della Chiesa”.

L’educazione è il primo modo per fornire alle donne le competenze e le conoscenze necessarie per affrontare le nuove sfide del mondo del lavoro. Serve, perciò, un nuovo modello educativo che intervenga nei metodi di insegnamento, nei contenuti, nei programmi scolastici, faciliti il cambiamento della cultura patriarcale, ancora prevalente, e aiuti le giovani donne ad acquisire nuove competenze, soprattutto STEM e digitali. Sugli altri fronti è necessario favorire l’introduzione della valutazione dell’impatto di genere di ogni iniziativa legislativa e prevedere la definizione di standard per l’adozione di una politica di genere nelle aziende pubbliche e private. Serve, inoltre, promuovere un protocollo linguistico e formativo che favorisca il dialogo e il superamento di espressioni o manifestazioni sessiste. Il mondo dei media, compresi i social media, può fare davvero molto per trasmettere i valori di uguaglianza e rispetto, cambiando il modello di donna che viene rappresentato. Alcuni cambiamenti sono in corso, ma molto resta da fare: stabilire un ‘patto culturale-sociale’ all’interno del mondo istituzionale, e tra il mondo istituzionale e la società civile per garantire un’azione collettiva a favore della parità di genere.

Non va trascurato, infine, l’aspetto fiscale. Nei Paesi scandinavi, l’introduzione di una tassazione separata del reddito delle donne, oltre a servizi sociali ampiamente sovvenzionati, è stato un ottimo incentivo per la partecipazione femminile al mercato del lavoro, tanto che non c’è differenza nel tasso di partecipazione tra donne che hanno figli e donne che non ne hanno.
E, soprattutto, le mamme possono avere più figli. Tra le strategie da attuare, non dobbiamo dimenticare le cosiddette azioni interne vale a dire fare in modo che le donne superino le proprie paure e abbiano maggiore consapevolezza delle proprie capacità. Da questo punto di vista formazione e tutoraggio possono risultare strumenti necessari.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Considerazioni sulla ricerca di un percorso identitario condiviso. Esiste ancora un’identità italiana?

Giuseppe Novero

Donna indigena dell’Amazzonia vince il Goldman Environment Prize

Leonzia Gaina

Sace: Leadership Femminile e Digital Transformation a “Women in Export”

Angelica Bianco

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.