“Sono ancora un po’ confuso, tutto sta andando velocemente. Ma ora sono felice, sono qui con la mia famiglia, con tutte le persone che amo. Tutto qui». Lo dice, in un’intervista al Corriere della Sera, Patrick Zaki, dopo essere stato rilasciato. «Non mi hanno annunciato che sarei stato rilasciato – prosegue -. All’improvviso mi hanno portato al commissariato, e hanno iniziato a prendermi le impronte. Non capivo cosa stesse succedendo, non c’erano segnali che mi stessero per scarcerare. Ero confuso. Non posso dire tutti i dettagli e preferisco non parlare delle condizioni di detenzione. Ma poi ho capito che c’era una speranza. È la speranza, sai, la cosa più difficile da tenere in vita quando ti tolgono la libertà». Una delle cose che “più ti fa soffrire quando sei in carcere è il pensiero del dolore che provochi alle persone cui vuoi bene. Io devo solo dire grazie, grazie all’Italia per essere stata vicina a me e alla mia famiglia. Grazie a tutti quelli che hanno tenuto accesa la luce. E l’elenco è lunghissimo». L’Italia si è adoperata per il rilascio a più livelli: “Vedere in aula i vostri rappresentanti diplomatici durante le udienze mi ha dato forza. E sono sicuro che ci sono decine e decine di altre persone cui dovrò stringere la mano». «Non dimenticherò mai – aggiunge – tutte le volte in cui durante le visite mi venivano raccontato delle manifestazioni, delle piazze. E di tutte le iniziative organizzate per chiedere il mio rilascio in questi quasi due anni».