venerdì, 19 Aprile, 2024
Società

Beni confiscati, la Campania in prima linea nel riuso sociale

Le mafie, si sa, fondano il loro potere di prevaricazione sul denaro, oltre che sulla paura. Il giudice Giovanni Falcone ne era perfettamente consapevole, tanto da elaborare un metodo di indagine all’epoca innovativo, incentrato sul monitoraggio dei flussi finanziari.

I soldi sono la linfa vitale delle organizzazioni criminali che, oggi più di ieri, investono in attività lecite (beni immobili, società, attività commerciali) con finalità di riciclaggio. Da ciò emerge chiaramente che lo Stato non può solo limitarsi solo alla fase di repressione ma deve colpire i gangli vitali dell’economia delle cosche.

I beni confiscati alla criminalità organizzata, opportunamente riutilizzati per finalità istituzionali e sociali, possono subire un processo di “metamorfosi”, trasformandosi in input per lo sviluppo locale.

Questo vale soprattutto per le Regioni del Mezzogiorno. Ne abbiamo parlato con Enrico Tedesco, Segretario Generale Fondazione Polis, attualmente presieduta da don Tonino Palmese, subentrato a Paolo Siani (fratello di Giancarlo, il giornalista de Il Mattino ucciso dalla camorra per le sue inchieste).

Enrico Tedesco, Segretario Generale Fondazione Polis Campania

Segretario, che cos’è la Fondazione Polis e quale è la sua peculiarità sul piano nazionale?
“La Fondazione Pol.i.s. è lo strumento operativo della Regione Campania per l’aiuto alle vittime innocenti della criminalità e la valorizzazione dei beni confiscati alla camorra. Il termine Pol.i.s. è l’acronimo di Politiche Integrate di Sicurezza e nello stesso tempo richiama il concetto di città, in quanto è proprio nelle città che si attuano le politiche di sicurezza. Il logo della Fondazione, un quadrifoglio, è stato ideato e donato alla stessa Fondazione dalla poetessa Fernanda Pivano”.

Perché nasce la Fondazione?
“La nascita della Fondazione è legata ai numeri: la Campania è infatti la prima Regione italiana per numero di vittime innocenti dei reati intenzionali violenti, con ben 500 nomi, e la seconda regione italiana, dietro alla Sicilia, per numero di beni confiscati (con oltre 5mila beni tra immobili e aziende). Sia sul versante delle vittime che rispetto ai beni confiscati, la Fondazione opera lungo tre direttrici: memoria, compagnia e profezia. Per quanto attiene all’ambito delle vittime, la memoria si traduce non solo in una serie di progetti e iniziative finalizzate a non dimenticare; su tutte la mostra fotografica “Nonivano”, divenuta anche una App per smartphone, e la promozione di una collana editoriale curata dal giornalista e scrittore Raffaele Sardo, che ripercorre le storie di tutte le vittime arricchite dalle struggenti testimonianze dei loro familiari (tre i volumi finora pubblicati: “Al di là della notte”, edito da Pironti, “Come nuvole nere”, edito da Melampo, “La sedia vuota”, edito da Iod), ma anche in un impegno costante che coinvolge il mondo istituzionale, il privato sociale e i cittadini.

La Fondazione è una comunità che accoglie i familiari delle vittime e li accompagna lungo il tortuoso iter burocratico-amministrativo che contraddistingue il riconoscimento dello status di vittima innocente della criminalità, realizzando, nel contempo, percorsi di sostegno psicologico e legale, attuati in collaborazione con gli ordini professionali competenti.

Infine, la Fondazione volge uno sguardo al futuro, soprattutto sul versante normativo, al fine di garantire la pari dignità giuridica tra tutte le vittime innocenti della criminalità, a prescindere dalla mano omicida. In tal senso, oltre ad aver contribuito alla redazione di una legge regionale, la n.54 del 2018, per il sostegno formativo e scolastico dei familiari delle vittime innocenti dei reati intenzionali violenti (approvata all’unanimità dal Consiglio regionale della Campania), ha elaborato un’apposita proposta di legge ed è in costante contatto operativo con il Ministero dell’Interno e con il Commissario nazionale per le vittime dei reati intenzionali violenti”.

E sul versante dei beni confiscati?
“La stessa logica contraddistingue il versante dei beni confiscati, rispetto ai quali la Fondazione ricostruisce le storie criminali e giudiziarie dei beni (memoria), accompagna gli Enti Locali e le organizzazioni del Terzo Settore nella predisposizione di adeguati progetti di riuso (compagnia) ed ha concentrato la sua attenzione su beni di particolare interesse storico e simbolico che possono diventare (profezia) volano di sviluppo economico ed occupazionale per i territori in cui insistono: si pensi al Castello Mediceo di Ottaviano, al borgo termale di Contursi Terme e al complesso della Balzana a Santa Maria la Fossa, solo per citarne alcuni. La Fondazione inoltre promuove un’intensa attività di comunicazione e sensibilizzazione sui temi della legalità, anche grazie a un apposito Protocollo d’Intesa con l’Ordine dei Giornalisti della Campania, che ha nelle scuole, nei giovani e nel mondo dell’infanzia gli interlocutori privilegiati”.

Quanto è importante il riuso sociale dei beni confiscati alle mafie?
“L’importanza della gestione e di un concreto riutilizzo dei beni confiscati è innegabile, ed è racchiusa nella Legge 109 del 1996 approvata grazie alla raccolta di un milione di firme in tutta Italia da parte dell’associazione Libera di don Luigi Ciotti. Restituire alla collettività i beni appartenuti illecitamente ai boss che hanno a loro volta ucciso numerosi innocenti è fondamentale nella lotta alle mafie, perché le organizzazioni criminali, per essere sconfitte, vanno colpite nei loro interessi. Ci sono due elementi essenziali da considerare: il valore simbolico del riuso dei beni sottratti ai clan e il loro impatto in termini di economia sociale generata sui territori.

Come Fondazione regionale impegnata sul tema vogliamo approfondire proprio quest’ultimo dato, per avere un’idea di quanto il riutilizzo dei beni confiscati sia importante in termini di sviluppo economico ed occupazionale. Del resto, la Campania è una regione all’avanguardia, riconosciuta anche a livello nazionale, visto il nuovo impulso dato nell’ultimo anno alla Legge di settore, la n.7 del 2012, adeguatamente integrata e modificata, e l’approvazione, su spinta dell’allora assessore alle politiche integrate di sicurezza e legalità Franco Roberti, del Piano Triennale per la valorizzazione dei beni confiscati e della Programmazione annuale per il riuso dei beni confiscati, nonché la costituzione di un Osservatorio regionale per le aziende confiscate, previsto dalla stessa Legge 7 del 2012”.

Come giudica la normativa nazionale in materia?
“La normativa sui beni confiscati è di assoluto rilievo, e ciò è stato riconosciuto anche in sede comunitaria. Non solo: crediamo che siano maturi i tempi per promuovere un Pon Confisca a titolarità dell’Agenzia nazionale beni confiscati, del Ministero dell’Economia e delle Regioni. Un ulteriore e significativo passo avanti è stato già fatto con l’approvazione della Strategia Nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati (Delibera CIPE 53/2018), alla quale la Regione Campania ha dato il suo significativo contributo. E la Campania è la prima regione italiana ad aver attivato il gruppo regionale di lavoro sui beni confiscati nell’ambito della stessa Strategia, in virtù dei significativi risultati raggiunti sul tema dei beni confiscati nell’ultimo anno: il nostro Piano regionale triennale è infatti l’interfaccia naturale, in ambito regionale, della Strategia promossa a livello nazionale. La stessa Campania è, inoltre, componente del Comitato Consultivo di Indirizzo dell’Agenzia Nazionale Beni Confiscati in rappresentanza di tutte le Regioni coinvolte. Riteniamo, in definitiva, sulla base di quanto evidenziato, che sia davvero possibile dare ulteriore slancio all’ambito dei beni confiscati, a partire proprio dall’attivazione, richiamata in precedenza, di un Pon Confisca”.

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