martedì, 16 Aprile, 2024
Politica

Presidente Mattarella ci faccia sentire ancora l’emozione dell’Amor patrio

Troppi litigi, troppi antagonismi, troppi personalismi da parlamentari della Repubblica intenti a cavalcare l’onda lunga come uno tsunami che fa male alla democrazia e logora l’Amor di Patria che solamente il Presidente Mattarella potrà NON far spegnere nei cuori degli italiani.

Un autorevole parlamentare ha affermato, addirittura, che “c’è chi non conosce l’A, B, C della democrazia”; ma una crisi di Governo cosi come si è sviluppata, a posteriori, non lascia tante difficoltà a far pensare che era prevedibile e sospettabile.

Se vi fossero stati dei dubbi, il comizio dalla sala stampa del Colle ha ingarbugliato ancor di più la matassa ed il Presidente Mattarella si troverà dichiarazioni multiple e sovrapposte  da confrontare e decifrare, ammesso che ne abbia davvero tanto bisogno per le scelte di esclusiva ed insindacabile competenza dopo aver ultimato le consultazioni di rito.

È innegabile che l’attuale Parlamento ha una formazione molto assortita e, soprattutto, alquanto vivace e dinamica sia per la proliferazione di partiti e movimenti e sia per i frequenti cambi di casacca da far venire in mente le pregresse campagne acquisti, anche se il libero mandato parlamentare toglie ogni ombra di dubbio, perché tutto rientra nel fisiologico alveo dei principi democratici tutelati e garantiti  dalla nostra Costituzione.

Permane, comunque, l’esclusiva dipendenza consuetudinaria dei singoli parlamentari dai rispettivi capi partiti, salvo espulsione per disobbedienza o transfughi per migliori fortune.

Due Matteo hanno creato nella complessiva vita del Governo di questa XVIII Legislatura, meglio noto come Conte1 e Conte2, due identiche concrete fattispecie che non sono persino sfuggite all’osservazione del cittadino comune.

Sarà la bramosia della gestione dei fondi europei  che ha scavato la fossa al Governo Conte2, benché molti immaginano – col provvidenziale soccorso dei “responsabili” – un Conte-ter che resista fino al naturale termine della legislatura al 2023?

La turbolenza attuale nel quadro politico nazionale – benché si creda sia una costante di ogni legislatura come indice di democrazia parlamentare – sembra la prerogativa di due coetanei politici molto attivi, entrambi Senatori della Repubblica; due personaggi politicamente opposti, uno di destra, l’altro di sinistra e di questi, anni addietro, nella sua visita di cortesia ad Arcore, gli fu detto che lo si vedeva bene altrove.

Entrambi, nei loro interventi al `Senato, nelle tv, sui giornali e sugli altri mezzi di comunicazione, vivacizzano la politica; uno dei due ha fatto imboccare al Governo la strada della crisi per gli intransigenti diktat poggiati sull’emergenza sanitaria, sui problemi della scuola, sulla questione sociale, del lavoro e della giustizia, il tutto nell’ottica dell’arrivo dei 209 miliardi di euro di risorse dall’Europa, evento eccezionale e, forse, anche irripetibile.

Entrambi non pretendono poltrone, anzi il Matteo – che fino a ieri le occupava al Governo, attraverso le due ubbidienti Ministre ed il subordinato sottosegretario – per dare un ulteriore segnale di non attaccamento ad esse, ne ha disposto ed ottenuto l’abbandono, stuzzicando la puntuale ed inevitabile  crisi di governo.

Ognuno, a proprio modo, dice che bisogna cambiare squadra di governo, magari facendo decidere agli elettori nel segreto delle urne, benché l’Italia, nella situazione contingente della pandemia mondiale non può permettersi crisi politiche; vi sono problemi seri anche da noi per la quasi paralisi della vita normale delle persone di tutte le fasce di età.

Non bisogna, in tale contesto, dimenticare o sottovalutare il richiamo del Presidente Mattarella al dettato dell’articolo 60 della Costituzione ove è sancito che “La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni.”

Un Matteo insiste giornalmente sulla flat tax, sulla pace fiscale, sulla riduzione dell’IVA sui beni di prima necessità, a difesa delle piccole imprese, dei titolari di partite iva e di quelli che devono adempiere le obbligazioni tributarie per i quali chiede un consistente sconto, oltre ad un rinvio  delle cartelle esattoriali in scadenza.

Sostiene di essere dalla parte del contribuente, del più debole e, comunque, che ci siano prima gli italiani e no agli sbarchi di clandestini senza regole.

Tutte belle parole da armonizzare col dettato dell’articolo 53 della Costituzione sulla capacità  contributiva e progressività delle imposte, con il gettito fiscale, col contenzioso e con le  responsabilità per eventuali danni erariali.

L’altro Matteo vuole vederci chiaro sulla task force che dovrà gestire i 209 miliardi di euro; che il Governo, ora dimissionario, non sia il solo ad amministrare tutte le risorse, che vi sia più  trasparenza e tempestività nella scelta dei progetti da finanziare, nonché risposte precise sui numerosi punti indicati in una sua dettagliata missiva spedita anzi tempo al Presidente del Consiglio.

Tante reali constatazioni evidenziano che i due Matteo hanno molte affinità, compresa la loro carriera politica.

Due scuole di pensiero diverse ma sembra che convoglino nella stessa direzione, benché uno di sinistra e l’altro di destra; in più circostanze hanno assunto atteggiamenti tipici della figura di “un uomo solo al comando” benché ne affermino il contrario, invocando la Repubblica Parlamentare ed il voto del popolo sovrano, pretendendo che vada alle urne solo perché il Governo non appaghi i loro desideri.

Un Matteo, col mito del “rottamatore”, venne alla ribalta della politica nazionale sia per la scalata  a segretario di partito, sia con il famoso “Enrico stai sereno” subentrandogli a Presidente del Consiglio e  col referendum costituzionale del famoso 4 dicembre  2016.

L’altro Matteo – anche lui si avvicina alla politica giovanissimo –  a 17 anni dimostra interesse per la Lega Nord, della quale nel 2013 ne diventa segretario, ruolo che ricopre ancora nella nuova organizzazione statutaria.

A capo del primo partito della coalizione di destra, insieme al Movimento 5Stelle fa nascere il governo Conte1 da cui si sfila dopo appena un anno in un torrido giorno di agosto del 2019, cosi come anche l’altro Matteo, nel rigido 13 gennaio scorso, ha fatto dimettere i suoi ministri e sottosegretario dal governo che aveva fatto nascere  proprio col suo apporto.

Anche con la magistratura non hanno entrambe un idilliaco rapporto come risulta dalle critiche nei confronti di essa di fronte alla obbligatorietà dell’azione penale, tacciata di interventi ad orologeria, di incompetenza e di abuso di poteri, specie sul fronte della legittimità di intercettazioni.

Una torta di 209 miliardi, che fa gola a tutti, è il pomo della discordia di tanto astio verso il governo tra la destra e la sinistra italiana e tra la sinistra al proprio interno per cui il Presidente del Consiglio è stato, in principio, chiamato a riferire in Parlamento e da li a poco a rimettere il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica, presso il quale sono iniziate le tradizionali consultazioni.

La inusuale lunga conferenza stampa in loco da parte di IV, con accenni a sentimenti e risentimenti, a vicende remote superate, nonché alla delicata questione sociale per la crisi economica in atto, evidenziando probabili ricadute sull’ordine pubblico, ha rimescolato le carte, ingarbugliando ancor di più la matassa.

Gli italiani non meritano affatto questo disordine politico che offusca i sacrifici dei nostri Padri Costituenti, specie per scaramucce personali di alcuni parlamentari che – come ha bisbigliato anche in altre occasioni il presidente di Forza Italia, – nella loro vita non hanno mai lavorato con incarichi di responsabilità. Risulta anche che alcuni non abbiano onorato la Patria col servizio militare.

La politica nazionale si appalesa più che viva, dinamica, nonché piena di incognite e di insidie in  commistione con  qualche capriccio personale.

Il Signor Presidente della Repubblica come unica Suprema ed insindacabile Autorità non mancherà di richiamare tutti  ai fondamentali doveri costituzionali.

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