venerdì, 26 Aprile, 2024
Società

Il Vescovo Lorenzo Leuzzi: Sarà un Natale di attesa e di speranza nel segno della solidarietà e di aiuto a chi soffre. Le parole di Papa Francesco sono una guida sicura contro le indifferenze. Serve amore e impegno per riunire le comunità

L’impegno, la solidarietà, l’attenzione verso chi soffre. La Discussione intervista il vescovo di Teramo, monsignor Lorenzo Leuzzi sui temi dell’attualità come la Pandemia con il suo carico di timori, paure ma anche speranza. In questo futuro di incertezze, monsignor Leuzzi vede anche il nascere tra le comunità di persone una maggiore attenzione verso l’altro. Un sentimento di amore e di aiuto a sostegno di quanti subiscono i segni della malattia, della sofferenza e della solitudine e povertà. Il futuro è speranza e il vescovo Leuzzi indica nelle parole di Papa Francesco una guida per superare indifferenze ed egoismi. L’umanità ha bisogno di affetto e solidarietà, ed è questo il senso profondo del Natale.

S.E. Monsignor Leuzzi, un antico documento, il Cronografo dell’anno 354, attesta l’esistenza a Roma di questa festa al 25 dicembre, che corrisponde alla celebrazione pagana del solstizio d’inverno, “Natalis Solis Invicti”, cioè la nascita del nuovo sole che, dopo la notte più lunga dell’anno, riprendeva nuovo vigore. Celebrando in questo giorno la nascita di colui che è il Sole vero, la luce del mondo, che sorge dalla notte del paganesimo; nostro signore Gesù. Natale 2020 ha bisogno  di luce, Parola, fede e Chiesa… lei cosa ne pensa?
“Vorrei ricordare le parole di papa Francesco nella Sua lettera apostolica Admirabile Signum: “Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, ed è venuto a guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario” (AS n. 4). È un’affermazione importante perché ci aiuta a capire che solo l’intervento di Dio nella storia, che si è realizzato nella nascita di Gesù, l’uomo può progettare la vita, realizzare i desideri più profondi della sua esistenza. In altri termini, può davvero superare la spinta di camminare verso la morte e di orientare la sua esistenza verso la vita che non si conclude nel tempo, ma prosegue oltre il tempo”.

Le grandi difficoltà date dalla pandemia, le tante vittime, l’impoverimento di risorse, hanno creato perdita di fiducia in tanti fedeli. Si assiste a minor fratellanza. Quale il Suo consiglio?
“Dalla mia esperienza devo notare che di fronte alle difficoltà provocate dalla pandemia è ripartito un grande desiderio di servire i fratelli nel silenzio. Il grande segno che lascerà questa triste esperienza è la disponibilità a non ostentare la carità, entrando di più nei problemi sapendo che non possono essere risolti da soli, ma nella collaborazione tra le diverse realtà presenti nel territorio, a cominciare dalle comunità ecclesiali che sono state sempre operanti nell’animazione e promozione non solo spirituale ma anche sociale delle proposte di sostegno di coloro che sono in difficoltà”.

Pensiamo al post Lockdown e a come superarlo…?
Credo che bisogna comprendere che si tratta di una proposta, forse non l’unica, della prevenzione. Educarsi a prevenire non è semplice. Molti intendono la prevenzione in senso solamente restrittivo. In realtà per costruire bisogna saper comprendere i rischi che sono davanti a noi. E solo chi davvero vuole costruire può prevenire. È urgente una nuova cultura della prevenzione.

La sofferenza più grave è stata perdere i propri cari dall’oggi al domani senza ricevere più alcuna notizia dal momento in cui uscivano di casa. Per i parenti delle vittime della pandemia è stato un duro colpo, sapere che  loro anime erano volate in cielo senza poter dare l’ultimo saluto. Quali le sue parole, Eccellenza, di conforto per i familiari?
“La pandemia ha rivelato quanto sia stato rimosso il tema della morte. Mi ha molto sorpreso. Anche nel mondo sanitario la riflessione sulla morte è stata emarginata. In realtà la morte appartiene alla condizione umana, così come la malattia. Saper guardare alla morte non come l’ultima parola ma come una tappa dell’esistenza umana che prosegue oltre il tempo. L’uomo è sempre il vivente, soprattutto dopo l’evento della resurrezione di Cristo l’eternità è entrata nel tempo e prosegue oltre il tempo. È questo il grande annunzio di speranza di cui ha bisogno la società contemporanea se vuole davvero ripartire”.

I senza tetto aumentano, la carità della gente diminuisce secondo Lei, come mai?
“Ho già ricordato che non sono pessimista, perché sta nascendo una nuova cultura della partecipazione e della collaborazione. In particolare bisogna rilanciare una nuova cultura dell’imprenditorialità capace di creare nuove forme di occupazione per evitare le situazioni di povertà”.

Quest’anno in piazza San Pietro, il Presepe è abruzzese, precisamente di Castelli (Teramo). L’opinione si è divisa tra critiche ed  amore per l’ originalità da subito … ci parli del valore vero e puro che il presepe dovrebbe rivestire nel nostro cuore?
“Il presepe non è un segno religioso tradizionale. Se fosse tale sarebbe insignificante per la società contemporanea. Non sono un esperto di arte,  e pertanto non posso esprimere giudizi di valutazione artistica a cui anche il presepe è sottoposto. E’ invece importante scoprire il significato del presepe che va oltre e a prescindere dal suo valore artistico: nel presepe Dio entra nella vita di ogni comunità, qualunque sia la sua cultura e la sua posizione geografica. Il presepe è il segno di questa profonda esperienza di fede: quel Bambino è sempre presente nella storia di ogni comunità e non resta nel presepe ma già  cammina con tutti coloro che si aprono alla Sua Parola qualunque sia il proprio ruolo sociale”.

I bambini e gli anziani sono di sicuro coloro che  stanno risentendo di più a livello psicologico. Quale il suo messaggio di fede per loro?
 “Certamente sono le fasce sociali più colpite. La via per superare tali difficoltà è la scoperta della famiglia luogo dove si scopre di essere  amati per ciò che si è e non per ciò che si fa. Molte volte la famiglia viene intesa come luogo di servizi, una specie di welfare. Non è così. Certo in famiglia ci sono servizi. Ma la realtà più importante  è che l’amore in famiglia è senza contropartite, gratuito e disinteressato. È il messaggio del Natale: quel Bambino ci ama gratuitamente!”.

Molti istituti scolastici paritari cattolici stanno chiudendo i battenti poiché non reggono l’ impatto della crisi di tutte le famiglie, inoltre non vi sono fondi. L’educazione cattolica è davvero importante quale il suo consiglio in merito? Cosa e chi potrebbe far qualcosa?

“Da molti anni si assiste ad una continua disattenzione verso le scuole cattoliche che svolgo un ruolo molto importante nella società italiana. È necessario avviare una profonda riflessione sull’esperienza educativa accompagnando la ripartenza dell’attività scolastica con momenti di incontro delle famiglie e dei docenti. È importante riscoprire il ruolo culturale e sociale della scuola investendo non solo sul piano strutturale, che è sempre determinante, ma sulla condivisione che senza la formazione di base non è possibile inserire le nuove generazioni nelle dinamiche sempre più complesse della società. Senza cultura non c’è alcun futuro. Non sufficiente la semplice informazione”.

Monsignor Lorenzo Leuzzi La ringraziamo di cuore per la Sua grande disponibilità. Tanti affettuosi auguri di Buon Natale dalla redazione e dai lettori de “la Discussione”.

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