mercoledì, 11 Giugno, 2025
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Lo studio della FMG rivela: la denatalità è un problema culturale oltre che economico

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Italia e denatalità: non solo economia, ma anche fattori culturali e relazionali

ROMA (LaDiscussione) – L’Italia affronta da tempo una crisi demografica, ma un nuovo studio rivela che le cause vanno oltre le difficoltà economiche. La ricerca “La propensione alla genitorialità nei giovani e il ricambio generazionale”, presentata dalla Fondazione Magna Grecia con la partecipazione della ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, mette in luce fattori culturali, sociali e relazionali che influenzano la scelta di avere figli.

Famiglia come pilastro, ma anche freno
Lo studio evidenzia che la decisione di diventare genitori dipende fortemente dal sostegno della famiglia di origine. Per il 59,4% dei giovani, avere figli è una tappa fondamentale, ma la realizzazione di questo desiderio è legata all’aiuto dei genitori. Tuttavia, questa “rete salvagente” familiare può anche scoraggiare chi preferisce rimanere nel “nido” domestico, spesso per mancanza di risorse o sfiducia nel supporto esterno.

Genitorialità come scelta consapevole
I giovani italiani non diventano genitori per caso: il 46,4% lo fa per una “forte propensione”, mentre chi decide di non avere figli teme di compromettere la stabilità economica (49,5%), la carriera (33,4%), la relazione di coppia (38,4%) o il tempo libero (33,6%). Il fattore tempo è cruciale, con il 43,6% che privilegia la realizzazione personale.

Una sfida complessa per il futuro
La ricerca sottolinea la necessità di affrontare il tema in modo olistico. “Per trovare soluzioni, bisogna considerare idee, opinioni e percezioni dei giovani”, spiega Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia. Senza interventi mirati, la denatalità continuerà a incidere sul futuro socioeconomico del Paese.

stare con gli amici, dedicare spazio a se stessi, partecipare ad eventi culturali o sportivi, viaggiare e praticare proprie passioni. Rispetto al passato – inoltre – una famiglia senza figli viene considerata ugualmente una famiglia. Soprattutto dalle donne, che vorrebbero facilitare le adozioni (41,5%), e che prendono le distanze dalla necessità di diventare genitrici per corrispondere al problema della decrescita demografica (4%), aspetto al contrario più avvertito negli uomini (9,1%). Per i nostri giovani, dunque, se la denatalità è un problema sociale, fare figli è una questione totalmente privata e non una responsabilità collettiva. Le giovani donne, soprattutto, temono di più di “pagarla” in termini lavorativi.Il tema cruciale, per Foti, è quello di affrontare la denatalità in modo forte anche nei suoi impatti: “La denatalità mette sotto pressione il patto sociale tra generazioni, per questo è urgente studiare come gestirne gli effetti. Il tema della longevità è centrale: vanno pensati nuovi modelli di sviluppo territoriale ed economico, anche per le aree interne. Siamo il paese più anziano d’Europa, e fra i primi al mondo per longevità: se non impariamo a guardare a questo anche in chiave di opportunità perdiamo un’occasione fondamentale di crescita”, conclude Foti. “Noi non abbiamo ancora messo a fuoco la causa e non solo la descrizione del fenomeno. Noi abbiamo la discesa della natalità associata alla salita dello sviluppo, ovvero quanto più un Paese si sviluppa più la natalità scende. Una associazione che nessuno ha fino in fondo esplorato. Noi abbiamo messo in campo una serie di politiche su tre fronti, ma siamo convinti che le cose siano cambiate e le vecchie ricette non possono più funzionare. Per questo – afferma la ministra Roccella – dobbiamo capire le cause del fenomeno. Il governo ha cercato di intervenire da una parte con l’attenzione ai servizi, con asili e rimborsi; dall’altra parte con iniziative sulla possibilità di mantenere la progressione di carriera con la decontribuzione delle madri lavoratrici, la certificazione di genere, il welfare aziendale. Noi abbiamo insistito moltissimo su un punto fondamentale: la maternità come valore sociale, una donna che mette al mondo un figlio deve essere considerato non solo un fatto privato ma qualcosa che si fa per tutta la collettività”. Con il nuovo “Osservatorio permanente su Denatalità, sostenibilità intergenerazionale e longevità”, la Fondazione intende aprire nuovi percorsi di ricerca e dibattito approfondendo per lo più quattro ambiti: invecchiamento attivo e silver age economy, la longevità considerata come leva trasformativa per ripensare la cittadinanza, il lavoro, l’economia, le politiche abitative e la partecipazione sociale; nuovi modelli di welfare che superino il “modello mediterraneo” basato principalmente sulla famiglia, ridistribuendo le responsabilità di cura e protezione sociale anche al di fuori del nucleo familiare, per alleggerire il carico sulle donne, ma anche sperimentazioni di welfare comunitario, housing collaborativo e di gestione e intervento per mezzo di sistemi per la salute digitale e di IA; una nuova narrazione per la genitorialità: campagne di comunicazione e sensibilizzazione che sfatino gli stereotipi, introducendo una visione più inclusiva e plurale per cambiare la percezione culturale della genitorialità da onere a opportunità; interventi che valorizzino il ruolo dei nonni e delle reti di prossimità nel supporto alla genitorialità e all’invecchiamento attivo, anche individuando politiche e interventi inediti ad hoc che facilitino l’alleanza intergenerazionale. –

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