giovedì, 2 Maggio, 2024
Società

La rivolta dei contadini

La protesta dei trattori, l’autentica rivolta dei contadini cui stiamo assistendo in questi giorni, sta mettendo in crisi più di ogni altro evento il sistema statale-burocratico che ci governa.

Lo sta facendo perché è la prima protesta che coinvolge contemporaneamente tutta l’Europa; perché è una protesta che non passa attraverso il filtro dei sindacati, il cui compito primario – è una mia opinabilissima opinione – è quello di contenere la rabbia dei lavoratori e di mantenerla nel sistema; perché è una protesta che contesta in radice il potere esercitato burocraticamente e che mostra come la burocrazia possa essere vessatoria come una feroce dittatura; perché appare chiaro che l’UE ed i governi statali non se la caveranno con promesse valide soltanto finché i contadini torneranno al loro lavoro sui campi e subito dopo eluse con leggine incomprensibili, che nessuno capirà fino a quando il burocrate di turno gliele spiegherà.

Una premessa, prima di approfondire le considerazioni sopra proposte.

I contadini vanno presi sul serio. La Rivoluzione Francese ebbe la sua svolta decisiva quando, dopo secoli di sfruttamento e di vessazioni, i contadini si ribellarono assalendo le case dei “feudatari” (alla fine del XVIII Secolo esistevano ancora i privilegi feudali) e dei loro “vassalli” esattori. Era la “Grande Peur” (la “Grande Paura”) che determinò, dopo la fuga dei nobili dai manieri di campagna, due provvedimenti veramente basilari della nostra stessa civiltà occidentale attuale: la fine ufficiale del feudalesimo e l’adozione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino: deliberazioni del 4 agosto del 1789 dell’Assemblea Costituente.

Quindi occhio alla rabbia dei contadini, normalmente gente mite, sfinita dalla fatica, ma che qualche volta si incazza.

Una protesta che sta interessando, l’intero territorio dell’UE, a mio ricordo non si era mai vista. Non so valutarne l’efficacia, ma ci presterei molta attenzione e, probabilmente, dovrebbe indurre la stessa UE e gli Stati che la costituiscono, a rivedere le sue regole e la sua burocrazia vessatoria. I contadini, scusatemi la sintesi eccessiva dell’espressione che segue, hanno mandato al diavolo le loro organizzazioni sindacali e sono scesi con i trattori lungo le strade, bloccando importanti nodi, rallentando vie di grande comunicazione; ma anche con simbolici (quasi, ma non troppo) assalti a centri del potere come a Bruxelles; da ultimo bloccando i rifornimenti tra depositi e supermercati. La mancanza del filtro sindacale non consentirà una soluzione burocratica: serviranno impegni concreti.

La riprova è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno l’ha finora rilevata: nessun partito ha avuto il coraggio di strumentalizzare una protesta che fino ad ora sfugge ad ogni schema.

La protesta non è solo economica. Anche se lo sfruttamento nel settore è evidente: un’azienda agricola nel 2023, nell’UE, deve dedicare più tempo e più attenzione alle pratiche burocratiche, che alla coltivazione; una tonnellata di rifiuti in plastica costa un po’ di più di una tonnellata di arance per come pagata al produttore: non certo per quanto pagato dal consumatore finale, che sborsa per un’arancia, anche più di dieci volte del prezzo originario.

Si ha nel settore agricolo l’esaltazione, fino alla dittatura, della burocrazia: che non è altro che un modo di esercizio del potere. Un esercizio che guarda solo al formalismo e non alla sostanza. Così che (è l’esempio che faccio sempre per piegare la burocrazia) al burocrate – e tramite lui allo Stato – non importa che un impianto elettrico sia fatto a regola d’arte e col rispetto dei massimi criteri di sicurezza, ma interessa soltanto che sia certificato. La prevalenza della forma sulla sostanza.

Un sistema che, nel campo agricolo, è portato ai massimi livelli, fino ad imporre metodi di coltivazione anche dubbi, con la previsione che, se non seguiti, si perderebbero contributi. Con la considerazione, quindi, soltanto delle grandi imprese agricole, dell’agricoltura industriale: privilegiata, in danno della coltivazione diretta che, con la sua diversificazione, con la sua specializzazione, con la possibilità di un maggiore rispetto della natura e salvaguardia dell’ambiente è un patrimonio esistente nella UE: l’Italia, (l’Italia centromeridionale in particolare, dove la protesta, infatti, è più forte) è al primo posto.

Una ragione in più perché proprio dall’Italia parta un’azione, nell’ambito della governance UE, per una politica più coraggiosa e meno vessatoria per il fondamentale comparto agricolo.

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