domenica, 5 Maggio, 2024
Ambiente

Situazione neve sugli Appennini non migliora, per Fondazione CIMA, il deficit è ancora del 40%

La neve in Italia scarseggia e il 2024 comincia con un deficit sugli Appennini del -40 %. Ad affermarlo è la Fondazione CIMA (Centro Nazionale in Monitoraggio Ambientale) che prosegue il monitoraggio sullo stato della neve in Italia e dunque della riserva idrica che rappresenta. Nel dettaglio, a gennaio le nevicate sull’arco alpino hanno portato a un parziale miglioramento della situazione, mentre negli Appennini il deficit rimane marcato. E purtroppo, lo stesso vale per la situazione a livello nazionale. Fondazione CIMA, cui gli enti fondatori sono il Dipartimento della Protezione Civile-Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Università degli Studi di Genova, la Regione Liguria e la Provincia di Savona, è un ente di ricerca di interesse generale del Paese. Ha lo scopo di promuovere lo studio, la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione nell’Ingegneria e nelle Scienze ambientali ai fini della tutela della Salute pubblica, della protezione civile e della salvaguardia degli ecosistemi.

Il deficit è dovuto a temperature alte e scarse precipitazioni

Il nuovo anno è iniziato da poco, ma un aspetto per il quale non sembra discostarsi dai precedenti è la scarsità di neve. Dal consueto monitoraggio svolto da Fondazione CIMA, infatti, emerge una situazione con un Equivalente Idrico Nivale (SWE), ossia il valore che descrive l’acqua contenuta nella neve, ancora in deficit significativo rispetto agli anni passati, nonostante un leggero miglioramento rispetto a quanto descritto lo scorso dicembre, quando le analisi effettuate da Fondazione CIMA indicavano un deficit del -44% a livello nazionale. A distanza di un mese il valore è in lieve ripresa, -39%, ma molto peggio rispetto al periodo 2011-2021. “Come evidenziamo sempre, i due fattori principalmente responsabili della scarsità (o dell’abbondanza) di neve sono le temperature e le precipitazioni. Dobbiamo il deficit attuale, che purtroppo non è una novità rispetto agli inverni scorsi, a temperature alte associate a precipitazioni scarse”, afferma Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA, spiegando che “l’anomalia di temperatura è stata particolarmente significativa sull’arco appenninico, nel quale, tra ottobre e dicembre, si sono registrate temperature di anche +2,5 °C superiori rispetto alla media”.

Differenze significative a livello locale

Il monitoraggio svolto da Fondazione CIMA, al momento evidenza differenze significative a livello locale e soprattutto tra le aree alpine e le appenniniche. Per le prime, infatti, il 2024 si è aperto con buone nevicate, compensando in parte la scarsità di neve. “Sulle Alpi, dalla Liguria al Friuli Venezia-Giulia, il deficit attuale è dunque del -26% rispetto alla media storica: sempre un deficit – sottolinea Fondazione CIMA – ma che descrive una situazione migliore di quella dello scorso anno, quando nello stesso periodo il deficit alpino era del -67%. Per quanto riguarda la situazione sugli Appennini le scarse precipitazioni, che non colmano dunque la mancanza di neve, si sono unite alle elevate temperature degli ultimi mesi. “Si tratta di una situazione paragonabile a quella dello scorso inverno – precisa il ricercatore – in particolare, nelle zone montuose che alimentano per esempio il fiume Tevere, negli Appennini centrali, abbiamo circa il 10% della risorsa idrica nivale che ci aspetteremmo per questo periodo (quindi un deficit di quasi il 90%)”.

Meno neve, meno disponibilità di acqua

Come segnalato da Fondazione CIMA, nonostante la situazione sulle Alpi, globalmente, sia migliore rispetto allo scorso anno, il bacino del Po continua a registrare deficit importanti nello SWE, con un – 43%. “Si tratta di un dato di cui non possiamo non tenere conto – aggiunge l’esperto – perché il principale bacino della nostra penisola è proprio quello del Po. Abbiamo di fronte a noi ancora qualche mese utile per eventuali nevicate, che potrebbero almeno in parte colmare i deficit attuali; per gli Appennini, soprattutto, sono di solito i mesi tra gennaio e febbraio quelli più nevosi”.

È importante sottolineare che a livello nazionale tale deficit risulta essere assai evidente: per Francesco Avanzi di Fondazione CIMA “difficilmente, da qui all’inizio della primavera, potremo rientrare nelle medie storiche; come diciamo sempre, infatti, la neve va intesa come una maratona, uno “sforzo” che avviene nel lungo periodo. Soprattutto, è importante evidenziare come questa situazione di scarsità di neve, che determina una minor disponibilità dell’acqua in essa contenuta, si ripeta ormai da diversi anni. È un segnale coerente con quanto la ricerca in climatologia sostiene da tempo e che vediamo verificarsi in modo sempre più evidente. La crisi climatica altera lo schema delle precipitazioni, neve inclusa e questo avrà un impatto inevitabile su molte nostre attività, dal turismo invernale all’agricoltura”.

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