lunedì, 6 Maggio, 2024
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Ustica, nel Villaggio dei Faraglioni emerge una fortificazione dopo 3000 anni

Un’affascinante scoperta derivante da indagini geofisiche effettuate in Sicilia nel “Villaggio dei Faraglioni”, l’antico insediamento sull’isola di Ustica, risalente all’Età del Bronzo Medio, restituisce rilevanti informazioni sulle tecniche di costruzione delle strutture difensive nella preistoria del Mediterraneo. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Journal of Applied Geophysics”, è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con: il Ministero della Cultura, il Parco archeologico di Himera, Solunto e Iato della Regione Siciliana, il Laboratorio Museo di Scienze della Terra di Ustica (LABMUST), il Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste e le Università Benincasa di Napoli e degli Studi di Siena.

I dettagli

I risultati della ricerca rivelano dettagli su una struttura antemurale lunga quanto le mura di cinta principali del Villaggio dei Faraglioni, rafforzando così l’ipotesi di un sistema difensivo articolato e sofisticato. “Il Villaggio dei Faraglioni prosperò tra il 1400 e il 1200 avanti Cristo, in un tratto di costa aggetto sul mare nella parte settentrionale dell’isola”, spiega Domenico Targia, direttore del Parco Archeologico di Himera, Solunto e Iato. – Ritenuto dagli archeologi uno degli insediamenti mediterranei meglio conservati della sua epoca, era caratterizzato da un ordinato piano urbanistico con decine di capanne costruite ai margini di strette stradine e da un possente muraglione, lungo 250 metri e alto fra 4 e 5 metri, che cingeva l’abitato per difenderlo da attacchi e razzie”.

Tecniche non invasive

La campagna di ricerche ha coinvolto geologi, geofisici, architetti e archeologi, partendo dall’esigenza di studiare con tecniche non invasive alcune strutture semi-sepolte che emergono a tratti sul terreno esterno al muraglione difensivo. “Abbiamo portato a Ustica degli strumenti scientifici utilizzati dai ricercatori dell’INGV per l’esecuzione di prospezioni geofisiche quali il georadar (GPR) e la tomografia elettrica (ERT). Grazie ad essi, è stato possibile localizzare con accuratezza e in maniera totalmente non invasiva le fondazioni profonde della struttura antemurale lunga quanto il muraglione, che svolgeva le funzioni di primo sbarramento difensivo”, evidenzia Vincenzo Sapia, ricercatore dell’INGV. Secondo gli scienziati, questo villaggio costituisce un caso esemplare nel contesto mediterraneo dell’Età del Bronzo, poiché dimostra che già a quei tempi doveva esistere un piano urbanistico con il compito di distribuire ordinatamente capanne e vie di accesso e di progettare un lungo e alto muraglione difensivo assieme ad altre strutture antemurali, come quelle scoperte ora grazie alle indagini geofisiche.

Senza l’uso degli scavi

Franco Foresta Martin, direttore del Laboratorio Museo di Scienze della Terra di Ustica e associato all’INGV, afferma “La nostra scoperta apre una nuova finestra sulla comprensione di questo antico villaggio, suggerendo una complessità difensiva che va oltre le aspettative. La tecnologia geofisica ci ha permesso di svelare stratificazioni nascoste della storia, aprendo la strada a ulteriori indagini senza l’uso invasivo degli scavi”. “Questo studio fortemente multidisciplinare – aggiunge il ricercatore dell’INGV, Sandro de Vita – dimostra come l’applicazione di metodi di indagine non invasiva, combinata con le osservazioni geologiche, geomorfologiche e archeologiche di superficie, possa indicare in maniera dettagliata e puntuale le aree su cui approfondire le indagini dirette, evitando saggi e campagne di scavo dispendiose in termini economici e temporali”.

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