martedì, 30 Aprile, 2024
Società

Cgia: abolire l’abuso d’ufficio per evitare la “fuga della firma”

Troppe leggi anche in Francia, Regno Unito e Germania

Non più di qualche giorno fa la ministra della semplificazione, Elisabetta Casellati ha dichiarato che sono state “eliminati circa 30 mila regi decreti e adesso stiamo dando vita insieme ad altri ministeri al codice dell’ambiente, della disabilità, della protezione civile, degli esteri.” La ministra ha anche annunciato che si farà ricorso all’intelligenza artificiale per dare un taglio più razionale alle ridondanze normative e ha anche aggiunto che con la Commissaria europea Von Der Leyen si dovrà fare lo stesso percorso anche in Europa. La Commissaria, infatti, ha appena lanciato un appello ai paesi membri “perché fossero ridotte le varie comunicazioni del 25% e la Commissione ha fatto uno studio sul 2022, in base al quale tutti i passaggi burocratici inutili avevano prodotto 7,5 miliardi di costi per i cittadini.”

Inflazione legislativa ovunque

e il tema delle troppe leggi colpisce sempre, ovunque. Ieri la Cgia di Mestre, per l’ennesima volta, negli ultimi anni, ripropone la comunicazione dove è detto che in Italia ci sono 160mila leggi, tra nazionali e regionali, mentre in Francia, Germania e Regno Unito ce ne sarebbero, complessivamente, poco più di 15 mila. Ma l’inflazione legislativa e le “legge che genera legge” è un problema in tutti i paesi europei. Un report dell’Ufficio legislazione straniera della Camera dei Deputati, rileva che nel solo anno 2019, “a fronte delle 78 leggi approvate in Italia, sono state approvate 70 leggi in Francia, 125 in Germania, 31 nel Regno Unito e 26 in Spagna.” L’anno precedente a fronte delle 21 leggi approvate in Italia sono state approvate 68 leggi in Francia, 58 in Germania, 34 nel Regno Unito e 16 in Spagna. Il Parlamento inglese ha calcolato che dal 2010 al 2019 sono stati prodotti circa 3.000 “strumenti legislativi”, ovvero atti di “legislazione secondaria”, ogni anno. In Francia, ad esempio, si preoccupano di misurare l’applicabilità delle leggi che, mediamente, secondo uno studio dell’Assemblea Nazionale, viaggia tra il 50 e 67%. Tanto che il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ha appena annunciato che dall’inizio del 2024 presenterà un progetto di legge per la semplificazione delle norme che ostacolano le piccole e medie imprese.

I costi per cittadini e imprese

In Italia il numero più divulgato è quello della Cgia di Mestre che somma leggi nazionali con leggi regionali e sottolinea come cause della proliferazione sono la “mancata soppressione di leggi concorrenti” e il “massiccio ricorso ai decreti legge che, per loro natura, richiedono l’approvazione di ulteriori provvedimenti” di conversione e decreti attuativi. Le procedure amministrative – stima la Cgia – costano alle imprese 103 miliardi l’anno, di cui 80 sono in capo alle Pmi. Stesso problema in tutti i paesi, come si vede.

Leggi scritte male, no all’abuso d’ufficio

Altro tema riproposto periodicamente dagli artigiani veneti è quello delle “leggi scritte male”, “incomprensibili” la cui applicazione è “molto difficile”. Cosa che aumenterebbe la discrezionalità dei funzionari pubblici e ne aumenterebbe anche “le posizioni di rendita”. “Un corto circuito – il Centro Studi mestrino – che in molti casi innesca comportamenti corruttivi o concussivi, purtroppo, molto diffusi in tutta Italia.” Per questi motivi Cgia sposa la decisione del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di abolire il reato di abuso d’ufficio per evitare la “fuga dalla firma” che rallenta “enormemente lo smaltimento delle pratiche nell’edilizia, nell’urbanistica e nel settore degli appalti.”

La classifica nazionale tra qualità e ritardi

Infine i dati dell’Institutional Quality Index (IQI); indice che misura la qualità delle istituzioni pubbliche italiane. Concepito nel 2014 dall’Università degli Studi di Napoli Federico II poi replicata nel tempo. A differenza di altri che si basano sulle percezioni dei cittadini, quello redatto dai docenti napoletani fa riferimento a dati oggettivi e “misura” i servizi pubblici, l’attività economica territoriale, la giustizia, la corruzione, il livello culturale e la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Il dato che ne risulta non sorprende: la realtà territoriale più virtuosa d’Italia è Trento,seguita da Trieste e al terzo posto Treviso. Appena fuori dal podio scorgiamo Gorizia, Firenze, Venezia, Pordenone, Mantova, Vicenza e Parma. In coda Catania, Trapani, Caltanissetta, Crotone e Vibo Valentia in ultima posizione. Anche in questo campionato, comunque, gli ultimi classificati non vengono retrocessi.

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