domenica, 28 Aprile, 2024
Politica

La lezione politica di Forlani nel solco di De Gasperi

Ieri i funerali di Stato alla presenza del Presidente Mattarella

Si sono tenuti ieri mattina a Roma nella Basilica dei Santi Pietro e Paolo i funerali di Stato di Arnaldo Forlani, il leader della Democrazia Cristiana ed ex Presidente del Consiglio scomparso il 6 luglio a 97 anni. A rendergli omaggio anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Il Senato è stato rappresentato da Pier Ferdinando Casini, la Camera da Lorenzo Fontana. Tra i presenti, il deputato Gianfranco Rotondi, la Ministra dell’Università Anna Maria Bernini, Paolo Cirino Pomicino, Bruno Vespa, il Governatore del Lazio Francesco Rocca, Matteo Renzi, Nicola Zingaretti e Giorgio Mulé.

La notizia della morte di Arnaldo Forlani, ultimo tra i «cavalli di razza» della Democrazia Cristiana e della Prima Repubblica, spentosi a Roma lo scorso sei luglio, a poco meno di 98 anni, mi ha tuffato nella mia adolescenza. In pieno passeggio pedonale nella mia cittadina di San Giovanni Rotondo trionfava enorme un grande scudo crociato simbolo della rispettiva Sezione della Democrazia cristiana (DC) di allora, vera agorà cittadina di ogni paesana essenza. Un luogo di ritrovo sempre affollato e di ambiente molto piacevole. I principi di Don Sturzo e il De Gasperi pensiero erano li la luce come altrove per milioni di italiani e di quella nostalgica Italia in piena spinta industriale oggi nel certo ricordo di tutti noi. Era l’Italia che dalle macerie del dopoguerra correva veloce nella ricostruzione per diventare un Paese più bello e moderno. Sorpreso alla notizia della dipartita ho immediatamente rivisto il profilo e le documentazioni storiche di questo illustre Personaggio della politica italiana maturandone queste riflessioni. Esponente politico dal cursus honorum impressionante, che lo ha visto ripetutamente segretario nazionale e presidente dello Scudo Crociato, ministro e presidente del Consiglio. In grado di poter ambire il più alto Colle di Roma gli fu negato prima da turbolenze interne alla Dc e successivamente da condizioni politiche complesse seguite alla strage di Capaci.

Parlamentare per trentasei anni, dal 1958 al 1994, lasciò la scena pubblica dopo il suo coinvolgimento ma davvero molto marginale nelle inchieste di Tangentopoli rifiutando ogni ruolo, incarico o qualsivoglia visibilità. Entrato in politica con la Democrazia Cristiana nell’immediato dopoguerra, a ventitré anni nel 1948 era già segretario provinciale del partito a Pesaro, la lasciò quando lo scudo crociato si dissolse.

Fu sempre considerato un uomo mite dalle grandi capacità diplomatiche (fra il 1983 e il 1987 fu il prezioso ammortizzatore delle tensioni fra il presidente del Consiglio Bettino Craxi e l’allora segretario della DC Ciriaco De Mita), ma anche un esponente politico di assoluta coerenza, specie riguardo al suo anticomunismo e alla sua fedeltà occidentale. Non per caso, durante i Governi della solidarietà nazionale, con il Pci nell’area della maggioranza di Governo, gli fu affidato il delicatissimo incarico di ministro degli Esteri. Democristiano senza incertezze, amava l’ironia. Gentiluomo all’antica, mai sopra le righe o scomposto, ci lascia due lezioni.

La prima è l’idea della politica come “agire collettivo”: non solo Forlani aveva appreso la lezione degasperiana del «mai soli!», e che cioè non si doveva essere solo forte in proprio, ma essere capaci soprattutto di legare a sé le forze laiche e moderate del Paese; era anche un appartenente a quella generazione che considerava il proprio partito un popolo. Nella vita dell’Esponente marchigiano oltre ai grandi successi ci sono stati momenti di grandissima solitudine e isolamento provenienti proprio dall’interno del suo Partito ma non prese mai nemmeno in considerazione la possibilità di andare altrove, di proseguire il suo impegno sotto altre bandiere. In tempi di partiti pret-à-porter non è davvero poco.

Il secondo e forse più importante insegnamento è quello della scuola, della palestra, della gavetta. Il raffronto ingeneroso con buona parte dell’attuale ceto politico dipende in buona parte da questo: nemmeno il più presuntuoso e titolato esponente della Democrazia Cristiana si sentiva un Uomo della Provvidenza, un indispensabile, un imprescindibile. Perché quella politica rispecchiava un Paese che voleva trarsi dalle macerie, ricostruirsi, reinventarsi. Che quindi aveva bisogno di persone che avessero l’umiltà di imparare, non di arroganti miracolati. Persone che non avevano bisogno di apparire per essere, che si sentivano nani, ma sapevano di essere seduti sulle spalle dei giganti che li avevano preceduti. Ecco, avremmo tutti, ed anche tanti dei nostri Rappresentanti di governo inclusi, un gran bisogno di salire sulle robuste spalle della memoria di Quelli come Arnaldo Forlani: non per beatificarli o idolatrarli, anche loro uomini nel loro tempo e con le proprie contraddizioni, ma per prenderne esempio, per provare a imitarli nella loro impresa migliore: lasciare il Paese che hanno curato ed amato in condizioni migliori di come lo hanno trovato. E questo agire etico ed umano dovrebbe appartenere , in ogni ruolo di civile responsabilità, a Tutti noi. Grazie Presidente Forlani.

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