venerdì, 26 Aprile, 2024
Sanità

Servizio sanitario in affanno. Meno posti letto

Dal 2010 al 2019 gli istituti di cura sono diminuiti da 1.165 a 1.054, con un taglio di circa 25mila posti letto di degenza ordinaria (da 215 mila a 190 mila). Il personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale è diminuito di 42.380 unità (da 646.236 a 603.856) e il definanziamento della sanità ha raggiunto i 37 miliardi. La pandemia ha mostrato la debolezza del sistema sanitario e l’attuale crisi dei Pronto Soccorso non è altro che il risultato di anni di tagli e la punta dell’iceberg di un sistema ospedaliero in affanno. Le proposte di riforma della medicina territoriale (Decreto Ministeriale 71) sono insufficienti a colmare le gravi lacune sempre più evidenti, che rischiano di compromettere la qualità dell’assistenza.

L’esigenza di avvicinare le cure all’ambiente di vita dei pazienti non può essere soddisfatta semplicemente con la creazione di nuove strutture, le cosiddette Case di Comunità (una ogni 50mila abitanti), definizione peraltro impropria in quanto non di comunità si tratta bensì di popolazione, o peggio i Distretti sanitari (uno ogni 100mila abitanti), come previsto dal DM 71. Per questo serve un nuovo modello, in cui territorio e ospedale siano interconnessi. A partire da un ospedale “adeguato”, che sia esteso al territorio, ridefinendo i parametri che finora ne hanno caratterizzato l’organizzazione e che risalgono al 1968. È quanto chiede il “Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani” (FoSSC).

“Concordiamo sulla necessità di potenziare la medicina del territorio – afferma Francesco Cognetti, Coordinatore del Forum -, ma riteniamo che non sia sufficiente per risolvere i problemi dell’ospedale, a partire dalle liste di attesa e dal collasso dei Pronto Soccorso: i problemi più evidenti che sono all’onore delle cronache rappresentano la parte immediatamente visibile di una sofferenza ben più ampia, che coinvolge l’intero Servizio Sanitario Nazionale e che si sta già progressivamente manifestando in tutta la sua drammaticità”. Secondo Cognetti, quindi, le soluzioni da prospettare non devono avvenire isolatamente, ma in una logica di sistema: “Va superata la storica dualità fra ospedale e territorio, a favore di un unico sistema di servizi interconnesso, continuo e complementare in cui prevalga l’idea di ospedale esteso al territorio e adeguato alle necessità della popolazione, avendo ben presente la sua complessità scientifica, clinica e organizzativa. Per questo vanno rivisti completamente i parametri organizzativi dei nosocomi sanciti con il Decreto Ministeriale 70 (DM 70 del 2 aprile 2015), di cui auspichiamo una profonda e radicale revisione”.

“Chiediamo che l’Ospedale venga ripensato in ragione delle esigenze epidemiologiche che sono chiaramente mutate negli ultimi anni, le cui risposte necessitano di provvedimenti sia quantitativi che qualitativi. È necessario che il numero di posti letto di degenza ordinaria cresca ben oltre i 350 per 100.000 abitanti odierni fino a raggiungere almeno la media europea di 500. Anche il numero di posti letto di terapia intensiva deve superare i 14 posti letto, peraltro rimasti sulla carta e mai raggiunti, per raggiungere almeno i 25 per 100.000 abitanti. Apprendendo dalla lezione della pandemia è necessario anche prevedere aree di terapia semi-intensiva sia nel Dipartimento Medico che nel Dipartimento d’Emergenza”.

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