venerdì, 29 Marzo, 2024
Economia

Fino a ieri abbiamo lavorato per lo Stato, che incassa 40 mld in più

La linea Draghi: scendono le tasse, extra profitti ridistribuiti per famiglie e imprese

Con ieri 7 giugno – in linea teorica – gli italiani hanno terminato di versare le tasse e i contributi previdenziali allo Stato. Il contribuente medio, fedele al fisco, ha per così dire festeggiato il tax freedom day (giorno di liberazione fiscale). In altri versi per 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche, gli italiani lavorano per assolvere tutti i versamenti fiscali dell’anno: Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, e altro ancora. Da oggi, invece iniziano a guadagnare per sé stessi. Le cose però non sono andate male né per il fisco e nemmeno per i contribuenti.
Lo Stato ha incassato di più ma la pressione fiscale è scesa grazie ai tagli decisi dal Governo. Inoltre gli extra profitti saranno ridistribuiti per imprese e famiglie.

Pagamenti la tornata di giugno

Una volta messi da parte i soldi di 157 giorni di lavoro, per il cittadino contribuente il tour de force con il fisco non è ancora finito. Da questa settimana inizia un nuovo percorso in salita. Nella analisi fatta dall’Ufficio studi della Cgia, società di ricerca e divulgazione di temi socio economici, si sottolinea come giugno sia caratterizzato da un vero e proprio ingorgo fiscale. “Dalla lettura dell’agenda riportata sul sito dell’Agenzia delle Entrate scorgiamo che questo mese i contribuenti italiani dovranno assolvere ben 141 scadenze fiscali; di queste”, osserva la Cgia, “ben 122 – pari all’86,5 per cento del totale – imporranno agli italiani a mettere mano al portafoglio”. Un calendario fiscale da far tremare i polsi, che solleva ancora una volta un grande problema: “In Italia non solo subiamo un prelievo fiscale eccessivo”, evidenzia la Cgia, “ma anche le modalità di pagamento delle imposte provocano un costo burocratico che non ha eguali nel resto d’Europa”.

Pressione fiscale in calo

C’è una novità importante per il 2022. Il peso del fisco è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali. Mentre la crescita economica dovrebbe attestarsi attorno al 2,5 per cento circa. Ciò avverrà anche grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi.

Misure taglia tasse di Draghi

Le principali misure approvate l’anno scorso sono: riforma dell’Irpef: -6,8 miliardi di euro di risorse; esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile lorda inferiore a 2.692euro: -1,1 miliardi di euro; esonero pagamento Irap alle persone fisiche -1 miliardo di euro.

Inflazione, lo Stato incassa di più

La seconda novità positiva riguarda i maggiori introiti dello Stato che possono essere destinati a sostegno di famiglie e imprese.
“Se teniamo conto”, calcola il Centro studi della Cgia, “del leggero miglioramento in corso delle principali variabili economiche che si riflette sull’andamento del gettito, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2022 lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021”.
Segnaliamo, osserva la Cgia, che una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che, secondo le previsioni, quest’anno dovrebbe oscillare tra il 6 e il 7 per cento. “Pertanto, in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni”, auspica la Cgia, “sarebbe auspicabile che il Governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag. Una misura che rafforzerebbe il potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche”.

Francia prima per tasse

Dal confronto con gli altri Paesi europei non emerge un risultato particolarmente entusiasmante. Nel 2021 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino all’8 giugno (159 giorni lavorativi), vale a dire 5 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro e 7 se, invece, il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea.
Se confrontiamo il “tax freedom day” italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+14), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 4 giorni prima che da noi, in Olanda 14 e in Spagna 17. Il paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 21,5 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 78 giorni lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 20 marzo: 80 giorni prima rispetto al nostro “tax freedom day”.

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