venerdì, 19 Aprile, 2024
Economia

Guerra. Effetti collaterali: costo 24 mld. Mille euro per famiglia

Lo studio della Cgia. Stagflazione, rischiano i poveri

Un conto da 24 miliardi. Cifra che peserà sul Prodotto interno lordo e sulle tasche delle famiglie. La perdita di potere d’acquisto medio sarà pari a 929 euro. A fare calcoli e illustrali è l’Ufficio studi della Cgia, la società di analisi socio economiche di Mestre, che non nasconde i timori per i rischi di stagflazione che manderanno in crisi le famiglie e la ripresa.

Deterioramento dei conti

Dal confronto tra le ultime previsioni di crescita del Pil realizzate prima dell’avvio del conflitto (gennaio di quest’anno) con le successive realizzate dopo l’invasione russa (aprile scorso), emerge che la diminuzione della ricchezza prodotta nel Paese sarà dell’1,4 per cento. “In termini assoluti”, scrive il Centro studi, “il deterioramento della situazione economica generale provocherà una riduzione in termini reali del Pil pari a 24 miliardi di euro che, rapportati ai 25 milioni di famiglie presenti in Italia, si traduce in una perdita di potere d’acqusito per ciascun nucleo di 929 euro”.

Stime, futuro imprevedibile

Le stime, spiega il Centro studi della Cgia, sono parziali e suscettibili di cambiamenti. “La situazione che abbiamo vissuto in questi primi 3 mesi di conflitto, infatti, potrebbe mutare radicalmente”, osserva la Cgia. Gli scenari infatti sono ancora molto imprevedibili, mentre in Europa non c’è ancora un accordo comune sul fronte dell’energia. “Nella malaugurata ipotesi che, ad esempio, la situazione militare subisse una decisa escalation, è evidente che queste previsioni andrebbero riviste completamente”, spiega il Centro studi, “Le stime in capo alle famiglie sono il risultato del deterioramento del quadro economico mondiale dovuto al conflitto russo-ucraino che nel nostro Paese ha provocato un forte rincaro delle bollette di luce e gas, le difficoltà del commercio internazionale da e verso alcuni paesi, l’impennata dell’inflazione e la difficoltà di reperire molte materie prime. Questa situazione provocherà una perdita di potere d’acquisto soprattutto alle famiglie del Centro e nel Nordest”.

Inflazione, tassa dei poveri

L’inflazione è una tassa che colpisce i meno abbienti, e come propone la società di analisi finanziarie, “il  Governo approvi subito una misura salva-salari. L’inflazione quest’anno è prevista attorno al 6 per cento e, come sostengono gli esperti, è una tassa e della peggiore specie”. “Non si versa come gli altri tributi, ma la si “paga” subendo la riduzione del potere d’acquisto che colpisce, in particolar modo, chi ha un reddito fisso”, sottolinea ancora la Cgia, “Se quella presente quest’anno è alimentata dall’aumento dei prezzi dei beni energetici che importiamo dall’estero, questo tipo di inflazione è ancor più allarmante perché colpisce le famiglie meno abbienti.

I costi in dettaglio

Secondo l’Istat, infatti, con un caro vita in crescita del 6 per cento, questo si traduce in un incremento effettivo dell’8,3 per cento per le famiglie più povere e del 4,9 per cento per quelle benestanti. “La ragione di questa assimetria è riconducibile al fatto che nel carrello della spesa dei meno abbienti, i beni e i servizi ove i prezzi sono aumentati”, calcola la Cgia, “come gli alimentari, pesano in proporzione maggiore delle altre tipologie di consumatori”.

Ridurre il cuneo fiscale

Secondo la Cgia, il Governo, dovrebbe intervenire subito, tagliando in misura importante il cuneo fiscale. “Solo con una misura salva-salari, infatti, potremmo evitare il crollo dei consumi delle famiglie e, conseguentemente, anche i ricavi degli artigiani e dei piccoli commercianti”, osserva con preoccupazione l’ufficio studi.

Lazio e Nord-est più colpite

I nuclei familiari più penalizzati saranno quelli residenti in Trentino Alto Adige (-1.685 euro), nella Valle d’Aosta (-1.473 euro) e nel Lazio (-1.279 euro).
“Se le prime due realtà territoriali risentiranno, principalmente, dell’aumento dei costi energetici, la terza”, calcola la Cgia, “che è decisamente condizionata dai risultati della provincia di Roma, patirà, in particolar modo, del forte calo dei consumi interni e per l’effetto dell’inflazione sui beni importati”. Nel biennio 2020-2021 la regione Lazio ha registrato un saldo commerciale negativo di ben 17 miliardi di euro. Una cifra enorme che spiega le nuove difficoltà. Altrettanto critica la situazione in Veneto (-1.065 euro), in Toscana (-1.059 euro) e in Basilicata (-1.043 euro); in queste due realtà del Centro-Nord la perdita di potere d’acquisto sarà riconducibile, in particolar modo, alla contrazione della domanda interna e ai rincari delle bollette di luce e gas, così come nel Piemonte (-1.039 euro) e in Emilia Romagna (-1.035 euro). “Per le regioni del Sud”, stima la Cgia, “l’impatto della crisi sarà meno “violento”; con costi energetici molto più contenuti che nel resto del Paese, un’economia meno aperta ai mercati internazionali e dimensionalmente più piccola in termini di Pil procapite, l’impatto negativo sulle famiglie sarà più contenuto”.

Attenti alla stagflazione

Con la stagflazione è a rischio anche il Piano nazionale di Ripresa. “Il quadro economico generale si presenta a tinte molto fosche; il pericolo che il Paese stia scivolando lentamente verso la stagflazione è molto elevato”, evidenzia con timore il Centro studi, “È un termine, quest’ultimo, ai più sconosciuto, anche perché si manifesta raramente, ovvero quando ad una bassa crescita del Pil, che nei casi più drammatici diventa addirittura negativa, si affianca un’inflazione molto alta che fa impennare il tasso di disoccupazione, così come è successo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso”.

Effetti post pandemia e guerra

La Cgia non nasconde che gli imprevisti segneranno le prossime difficoltà. “Probabilmente questo fenomeno non lo vivremo nel 2022, anche se il trend sembra essere segnato”, prosegue l’analisi della Cgia, “le difficoltà legate alla post-pandemia, agli effetti della guerra, alle sanzioni economiche inflitte alla Russia, all’aumento sia dei prezzi delle materie prime, in particolar modo di quelle agroalimentari, e sia dei prodotti energetici, rischiano, nel medio periodo, di spingere anche la nostra economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a sfiorare le due cifre.

Lo scenario più difficile

Uno scenario che il Centro studi teme più di ogni altra ipotesi, quello che si possano sommare, ulteriori sviluppi della guerra, con la crisi dei prezzi, inflazione fino a sconfinare nella stagflazione. Uno scenario “che potrebbe addirittura rendere pressoché inefficaci i 235 miliardi di euro di investimenti previsti nei prossimi anni dal Piano nazionale di Ripresa”.

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