Nel 2021 il fatturato manifatturiero italiano ha registrato una crescita del +5,4% sul 2019, a prezzi costanti e del +11,2% a prezzi correnti, superando la soglia record di 1.000 miliardi di euro. Decisivo il traino degli investimenti delle costruzioni. È quanto emerge dal Rapporto “Analisi dei Settori Industriali”, presentato da Intesa Sanpaolo insieme con Prometeia. Bene anche l’export (+12,9% tendenziale a prezzi costanti), con risultati brillanti sui mercati europei, negli Stati Uniti e in Asia, diffusi a tutti i settori. Il rimbalzo del fatturato dovrebbe aver consentito anche un recupero sul piano della redditività, dopo la lieve erosione del 2020, contenuta dai sostegni governativi e dalla presenza di un nucleo forte di imprese, meglio attrezzate rispetto al passato per affrontare la volatilità dello scenario economico.
Minore domanda, costi proibitivi e carenza di materiali portano a ridimensionare la stima di crescita del fatturato manifatturiero 2022 a prezzi costanti: +1,5% tendenziale, dal 4,9% previsto a ottobre.
La spinta inflativa, derivante dalla traslazione dei rincari lungo le filiere, sosterrà un aumento consistente del fatturato a prezzi correnti (+17,9% tendenziale nel 2022), ma comporterà sacrifici sul piano della marginalità (EBIDTA margin a 8,8%, da 9,1% stimato per il 2021).
Le prospettive 2022 sono meno favorevoli per i settori produttori di beni durevoli, Autoveicoli e moto, Elettrodomestici e Mobili, che risentiranno dell’erosione dei redditi indotta dal caro energia. Gli ultimi due settori sono anche tra i più esposti verso il mercato russo in termini di export, insieme al Sistema moda.
L’outlook 2022 resta positivo per i settori che continueranno a ricevere impulsi dal PNRR e dagli investimenti già programmati per la transizione green e digitale: Prodotti e materiali da costruzione (+5% tendenziale il fatturato deflazionato 2022), Meccanica (+3,8%), Elettrotecnica (+3,2%) ed Elettronica (+2,4%).
In assenza di ulteriori escalation del conflitto, il manifatturiero è atteso crescere del 2,6% medio annuo nel 2023-26, a prezzi costanti, una performance che segna un deciso cambio di passo rispetto al ventennio pre-Covid. Cruciale per il raggiungimento di questi risultati sarà il sostegno offerto dal PNRR, in termini di risorse e riforme, a cui dovranno affiancarsi significativi piani di investimento da parte delle imprese, per accelerare sul fronte della transizione digitale e ambientale.
Il conflitto russo-ucraino ha posto l’accento sulla necessità di diversificare sul piano energetico verso un maggior ricorso a fonti rinnovabili, rafforzando i progressi fatti negli ultimi anni, che già vedono l’Italia al secondo posto tra i principali paesi europei per consumi complessivi da rinnovabili (20,4% nel 2020, superiore al target del 17%), davanti a Germania e Francia. Per diminuire la dipendenza dall’estero e centrare gli ambiziosi obiettivi green fissati dall’UE al 2030, che coinvolgono in misura crescente i settori hard-to-abate, il nostro paese potrà contare sulla presenza di produttori di componentistica destinata alle fonti rinnovabili ben posizionati nella filiera europea e nel commercio mondiale.