venerdì, 26 Aprile, 2024
Economia

Criptovalute: il faro del Fisco trascura gli operatori extra UE?

Gli operatori in valute virtuali, sui quali ricade l’obbligo di iscrizione al relativo Registro tenuto dall’Organismo degli Agenti e Mediatori finanziari, dovranno versare un contributo una tantum pari a 8.300 euro per le persone giuridiche e a 500 euro per le persone fisiche. 

A stabilirlo è stato il Comitato di gestione dell’OAM, con la Circolare in data 21 aprile 2022, n. 41/22 contenente disposizioni inerenti alle modalità di trasmissione delle informazioni all’OAM nonché ai contributi e alle altre somme dovuti da parte dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e prestatori di servizi di portafoglio digitale ai sensi dell’art. 17- bis, commi 8-bis e 8-ter, del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141.

Il Comitato ha determinato l’ammontare esclusivamente sulla base della copertura dei costi per la messa in opera del sistema di gestione del Registro. Successivamente, sarà fissata una quota annuale variabile in considerazione delle dimensioni operative degli iscritti, a titolo di copertura dei costi ricorrenti della struttura OAM, relativi alla tenuta del Registro degli operatori in valute virtuali e alla gestione e manutenzione del Sistema Informatico per la trasmissione dei dati da parte degli iscritti.

Entro il 18 maggio, il Registro sarà reso disponibile. Per poter svolgere legalmente la propria attività in Italia, i soggetti interessati all’iscrizione alla sezione speciale del Registro dovranno procedere alla preventiva registrazione nell’area privata dedicata del portale OAM, munendosi di casella di posta elettronica certificata e seguendo le istruzioni indicate nell’apposita Guida Operativa, già pubblicata sul sito internet istituzionale dell’OAM.

Per gli operatori che già svolgono l’attività, anche online, sul territorio italiano, il termine per l’iscrizione è di sessanta giorni dalla data dell’avvio.

Verificata la regolarità e completezza della comunicazione e della documentazione allegata, entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione, l’OAM dispone ovvero nega l’iscrizione nella sezione speciale del Registro.

In caso di mancato rispetto dei termini prescritti dalla legge o di diniego all’iscrizione da parte dello stesso Organismo, l’eventuale esercizio dell’attività da parte dei prestatori è considerato abusivo, con conseguente applicazione di sanzioni amministrative e penali.

L’applicazione di questi nuovi obblighi si ripercuote anche sugli investitori in criptovalute. La normativa italiana tratta le monete virtuali alla stessa stregua della valuta estera, con l’applicazione delle regole che riguardano l’imposizione fiscale e tributaria. L’Agenzia delle Entrate considera imponibili le plusvalenze a termine, per cui l’imposta sostitutiva attualmente è del 26%, a condizione che l’ammontare detenuto dal contribuente sia superiore a 51.645,96 euro e per un periodo di almeno 7 giorni lavorativi.

L’Agenzia, recentemente, si è espressa in merito all’individuazione del reddito prodotto dalle criptovalute, rispondendo all’interpello numero 788/2021, da cui emerge che “la mera detenzione di valute virtuali in un digital wallet, per un lungo periodo di tempo e senza che le stesse siano cedute o convertite in euro, non dia luogo al realizzo di redditi.” In altre parole, si configura reddito soltanto nel momento in cui le criptovalute vengono cedute a titolo oneroso e nella misura della plusvalenza emersa. Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio del quadro RW, in dichiarazione dei redditi, è dovuto se riguarda investimenti tramite exchanger esteri, e per detenzione diretta di electronic wallet con chiave privata, ovvero mantenuta segreta per garantire la sicurezza delle valute.

L’introduzione del Registro degli Operatori in Criptovalute è finalizzata a garantire una maggiore trasparenza sui movimenti delle monete virtuali e, più in generale, dei cripto-asset. Gli operatori, infatti, dovranno fornire tramite il Registro, tutte le indicazioni che riguardano la lista dei clienti e le operazioni svolte dagli stessi. Il Registro, dunque, genera un flusso di informazioni che sarà messo a disposizione dell’amministrazione finanziaria e che risulterà funzionale per la lotta al riciclaggio di proventi illeciti.

Restano ancora alcune chiare criticità che emergeranno con maggiore evidenza a ridosso di quel 18 maggio.

Una su tutte: fermo restando l’obbligo generalizzato di ottenere l’iscrizione nel registro, per chiunque voglia esercitare in Italia l’attività di exchange, si rileva che per ottenere l’iscrizione nel registro sia necessario disporre, almeno, di una stabile organizzazione in Italia. Ergo, l’obbligo di iscrizione si pone anche a carico di operatori che hanno sede in Paesi extra UE.

Un aspetto, quello evidenziato, che sembra stridere con le linee guida diffuse dall’OAM che, sulla falsariga della normativa nazionale, disegna la procedura di iscrizione esclusivamente per soggetti residenti in Italia e per quelli residenti in Paesi UE.

* Fondatore e Presidente Osservatorio Italia Antiriciclaggio per l’Arte

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