giovedì, 25 Aprile, 2024
Attualità

Draghi: intervento di ampia portata. 17 imprese su 100 a rischio stop produttivo

Energia alle stelle e carenza di materie prime

“Il governo non dimentica il presente, una realtà caratterizzata dalle difficoltà che famiglie e imprese hanno per i prezzi dell’energia elettrica: il governo sta preparando un intervento di ampia portata nei prossimi giorni” Cos’ Draghi a Genova ha annunciato decisioni che dovrebbero essere strutturali per affrontare il caro -bollette che minaccia ora la ripresa e rischia di bloccare le attività produttive. La pressione dei prezzi sull’industria Italia dipende anche dal fatto che la principale fonte di energia per il mondo produttivo è quella elettrica prodotta con il gas. “Questo”, osserva il rapporto di Prometeia e Intesa Sanpaolo, “potrebbe impattare maggiormente sui costi dei produttori manifatturieri italiani nei prossimi mesi, già alle prese con prezzi dell’energia strutturalmente più alti della media europea tenendo conto della quota elevata di elettricità prodotta a partire da centrali a metano (il 47,7% del totale, contro il 26,5% della Spagna, il 16,7% della Germania, dove prevale il carbone e il 6,6% della Francia, che si rifornisce soprattutto con il nucleare”.

Le industrie sono sempre più in affanno per la carenza e i costi delle materie prime. Tra il 2020 e 2021 i prezzi sono saliti del 70%, con una ulteriore accelerazione ad inizio 2022. C’è il caso alluminio che spiega bene il problema: il prezzo dell’alluminio ha superato i 3.100 dollari per tonnellata, in rialzo del 20% in meno di due mesi. Lunedì scorso la società produttrice Norsk Hydro ha comunicato un ulteriore rallentamento (al 60% della capacità) degli impianti Slovalco, l’unica fonderia di alluminio dell’Europa centrale. Il prezzo dopo l’annuncio è aumentato del 3,3%, toccando il record di 3.236 dollari per tonnellata. Secondo le previsioni, inoltre, entro il 2023 le riserve mondiali di alluminio visibili saranno esaurite.

Il rimbalzo in Italia

La corsa a doppia cifra del rialzo delle materie prime, con l’impennata del caro energia sta compromettendo il rilancio della produzione industriale, settore trainante per l’economia nazionale. Secondo l’ultima indagine più di 17 imprese su 100 hanno oggi difficoltà a tenere in piedi l’attività. Ad inizio pandemia era 1 impresa su 100. La carenza di materiali e il rischio di blocco industriale sono ormai fatti concreti che riflettono segnali chiari e allarmanti, con imprese che subiscono i ritardi e i blocchi della “catena” mondiale dei rifornimenti con il prezzo diventato “insostenibile” di gas e della elettricità. Una concomitanza di eventi che domina sulle analisi del prossimo futuro con situazioni che saranno ancora peggiori. Già oggi alcune imprese avvertono che è persino più conveniente non produrre.

Le stime di Confindustria

La decrescita della produzione industriale (- 0.7 a dicembre -1.4 a gennaio) ha una causa: il
salto del 450% in un anno dell’energia elettrica. Come sia avvenuta questa impennata a sua volta ha altre concause, tra queste il taglio rilevante di produzione di gas in Italia in favore di un approvvigionamento a costi salati da Russia, Algeria e Stati Uniti. Inoltre nei rallentamenti della cosiddetta “supply chain” pesa ancora l’allungarsi della pandemia con le varianti Delta e Omicrom. “In parte”, evidenzia l’analisi di Prometeia e Intesa Sanpaolo, “si tratta di un rallentamento in linea con la normalizzazione della crescita mondiale, con le varianti Delta e Omicron a generare restrizioni e nuovi rallentamenti nella logistica internazionale. C’è però anche dell’altro, come segnalano all’Istat le stesse imprese, rilevando criticità sul fronte degli approvvigionamenti ma anche dei tempi di consegna all’estero. Ostacolo quest’ultimo vissuto dal 19% delle aziende, anche in questo caso per trovare valori più alti si deve tornare indietro di oltre 30 anni. Se nel settore delle macchine utensili, prima della pandemia, per passare da un ordine alla consegna bastavano in media cinque mesi, ora si è passati a nove”. Osservando inoltre l’andamento dei costi delle media delle materie prime acquistate dalla manifattura italiana, tra 2020 e 2021 i prezzi sono saliti del 70%.

Mercati e competitività

C’è un ulteriore segnale di difficoltà, quello inaspettato del perdurare dei rincari. L’Italia è un paese dove il settore manifatturiero primeggia nell’export, un aumento di costi di produzione metterebbe il Made in Italy in posizione non poi competitiva. Le imprese per mantenere difendere quote di mercato dovrebbero ridurre i margini di utile. Una situazione delicata perché l’andamento dei prezzi non è affatto tranquillo, un contestuale aumento dell’inflazione al consumo, – come segnalano le Associazioni di categoria del commercio – potrebbe impattare notevolmente sul percorso già fragile della tanto annunciata ripresa.

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