sabato, 20 Aprile, 2024
Sport e Fair Play

La Giustizia Sportiva Tecnica

Nella competizione agonistica ciascun partecipante intende affermare la propria superiorità tecnica sugli avversari. La vittoria è il suggello dell’affermata superiorità sul campo, nei confronti dei diretti sfidanti. Ne discende che ogni attività sportiva deve essere disciplinata da ben precise regole che ne definiscono in concreto:

  • Esercizio
  • Svolgimento
  • Metodo di raccolta e comparazione dei risultati.

Le controversie che sorgono in merito all’applicazione e all’interpretazione delle regole sportive sono definite «tecniche». La Giustizia Sportiva Tecnica è, quindi, diretta a garantire il corretto svolgimento delle competizioni sportive attraverso il rispetto delle norme che regolano la pratica della singola disciplina sportiva. Le regole di gioco sono espressione dell’autonomia normativa delle singole Federazioni Sportive, che se ne fanno garanti. In quanto tali, in linea di principio, tali regole non hanno rilevanza nell’ordinamento giuridico generale; di conseguenza, le decisioni degli organi sportivi della ‘giustizia tecnica’ risultano collocate in un’area di ‘indifferenza’ per l’ordinamento dello Stato.

Le questioni tecniche possono riguardare;

  1. la corretta applicazione dei regolamenti nelle varie fasi di gara, compresa l’attribuzione dei punteggi;
  2. l’applicazione delle regole del gioco negli sport di squadra e di combattimento, in cui è prevista la figura dell’arbitro;
  3. il dovere di organizzare la gara, una volta che sia in calendario, e di partecipare alla stessa, fatte salve cause di forza maggiore;
  4. comportamenti sanzionabili tenuti in campo, rilevati e sanzionati all’istante dagli ufficiali di gara o comunque refertati;
  5. la regolarità degli impianti e/o degli strumenti e delle dotazioni usate in gara;
  6. lo status dei soggetti presenti sul campo di gara.

In base alla Sentenza della Corte di Cassazione Sez. Unite. n. 4399 del 26 ottobre 1989, le decisioni prese dagli organi di giustizia sportiva di una Federazione Sportiva appartenente al CONI – in sede di verifica della regolarità di una competizione sportiva e in applicazione delle norme tecniche che determinano il risultato della competizione stessa – non portano ad alcuna lesione, tanto dei diritti soggettivi, quanto degli interessi legittimi: deve pertanto affermarsi il difetto assoluto di giurisdizione rispetto alla domanda tendente a ottenere, su tali decisioni, un sindacato.

Le motivazioni di tale affermata «indifferenza» paiono riconducibili alla esigenza di scongiurare interruzioni dell’evento sportivo e/o incertezze del risultato oltre il tempo minimo necessario per la decisione del giudice di gara e/o del giudice sportivo, e permettere la ripresa del gioco e/o la prosecuzione del campionato o dell’evento, senza turbative.

Nel contesto della Giustizia Sportiva Tecnica, l’arbitro (o Ufficiale di gara) è il soggetto che dirige la competizione e fa rispettare le regole di gioco, cioè effettua sul campo il controllo «sulla regolarità tecnica e sportiva della gara» e, per questo motivo, assume un ruolo molto importante. Egli interpreta e applica le regole di gioco, formula giudizi immediati nel corso della competizione, imponendo direttamente ordini e divieti, comminando sanzioni e ripristinando così l’ordine turbato e le condizioni di regolarità della gara.

L’Ufficiale di gara non è, tuttavia, un giudice. In dottrina, soprattutto all’estero, il ruolo e la insindacabilità di tale figura sono state messe in discussione e prende sempre più piede un movimento volto a permettere, sempre più, un ampio supporto tecnologico e modalità di contradditorio.

In un caso riguardante la squalifica di un pattinatore sul ghiaccio coreano, il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna ha tuttavia affermato:

“Every participant in a sport in which referees have to make decisions about events on the field of play must accept that the referee sees an incident from a particular position, and makes his decision on the basis of what he or she sees. Sometimes mistakes are made by referees, as they are by players. That is an inevitable fact of life and one that all participants in sporting events must accept”.

(Ogni partecipante ad uno sport nel quale gli arbitri devono assumere decisioni in merito ad eventi di gioco avvenuti sul campo, deve accettare che l’arbitro vede un fatto da una particolare posizione, e assume la propria decisione sulla base di ciò che vede. Questo è un inevitabile fatto della vita, un fatto che tutti i partecipanti a eventi sportivi devono accettare. Trad. dell’Autore)”,

con ciò statuendo un principio molto importante, che avrebbe dovuto mettere a tacere ogni polemica riguardo al ruolo degli arbitri e a quelle pretese di infallibilità che non hanno fondamento razionale alcuno e che nascondono – a modesto parere di chi scrive – un retaggio culturale agli antipodi rispetto alle regole del fair play sportivo e al contesto della leale sportività.

Oltre quanto avvenuto in campo e alle decisioni arbitrali, può verificarsi anche una successiva fase ‘giudiziaria’, dinanzi agli organi della Giustizia Sportiva Tecnica, finalizzata alla medesima esigenza di rimozione dei comportamenti non conformi alle regole tecniche da parte dei protagonisti della competizione e di ripristino della sua regolarità.

Le parti interessate possono, infatti, rivolgersi al Giudice sportivo anche successivamente al termine di una gara. Il referto di gara stilato dall’arbitro è, in ogni caso, considerato mezzo di prova principale, ma il Giudice ha ampia facoltà di acquisire anche altri mezzi di prova.

La Giustizia Sportiva Tecnica fa propria l’aspirazione dell’ordinamento sportivo a garantire una tutela reale della propria integrità. Tale tutela si configura attraverso la ripetizione dell’incontro, perché attraverso questo rimedio si realizza sia l’interesse del reclamante sia l’interesse dell’ordinamento sportivo, perché l’interesse superiore a esso sotteso è costituito dalla regolarità della competizione sportiva.

La dottrina e la giurisprudenza hanno, nel tempo, concordemente affermato il disinteresse dell’ordinamento giuridico statale nei confronti della materia tecnica. La giurisprudenza amministrativa ha affermato ripetutamente l’insussistenza, sia di un interesse legittimo tutelabile, sia della presenza di un diritto soggettivo, dichiarando il proprio assoluto difetto di giurisdizione. Benché tale principio abbia trovato spunti di riflessione anche alla luce della Legge 280/003, più recentemente vi è chi ritiene che anche le regole tecniche possano configurare margini di rilevanza per l’ordinamento giuridico statale, in analogia al principio affermato – anche in sede di esame di legittimità costituzionale – in ambito disciplinare, ancorché limitatamente ai profili risarcitori.

La sempre maggior rilevanza degli interessi economici nelle competizioni sportive ha, infatti, indotto alcuni studiosi a ritenere che – almeno in astratto – anche le questioni tecniche potrebbero assumere potenziale rilevanza per l’ordinamento statale. Secondo questo orientamento interpretativo, la «riserva» di cui all’art. 2 della Legge 280/2003 andrebbe intesa come una mera «presunzione di irrilevanza» e interpretata in senso logico, teleologico e sistematico in combinato disposto con l’art. 1 della medesima norma, di volta in volta da applicarsi alla singola fattispecie dimostrando la sussistenza di profili di rilevanza anche per l’ordinamento statale.

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