sabato, 20 Aprile, 2024
Cronache marziane

Le speranze tradite del Premier

A dispetto di quanto si auguravano alcuni Leader della Sinistra, il grande gioco per l’elezione del successore di Mattarella è cominciato ancora prima di Natale, ma non si concluderà con la fumata bianca che quegli stessi Leader aspirano a vedere dopo la prima votazione; anzi – se le apparenze non ci ingannano – le votazioni si susseguiranno ben oltre la terza.

Faccio grazia ai lettori di diversi episodi, più o meno commendevoli, di cui si sono resi protagonisti alcuni degli aspiranti al trono più prestigioso (o almeno presunto tale), non posso però esimermi dal richiamarne l’attenzione su quanto accaduto negli ultimi giorni in occasione di un evento cerimoniale consuetudinariamente sottratto alla dialettica politica, almeno in nome della continuità istituzionale.

Le parole utilizzate nel corso di quell’evento sono la prova che di quanto sta per accadere deve essersi reso conto lo stesso Mario Draghi, che nel discorso di fine anno – uscendo dal tradizionale riserbo In cui si racchiude il segreto del suo successo – ha lanciato ai parlamentari della maggioranza (che lo sostengono con sempre minor convinzione) una serie di segnali in codice che potrebbero così riassumersi: Signori, sta solo a Voi decidere se volete continuare a sedere sui comodi banchi di Camera e Senato – e allora non potrete far altro che eleggermi Presidente della Repubblica, consentendomi anche di designare il mio successore a capo del Governo – oppure se preferite esercitare liberamente il vostro potere di scelta, ma preparatevi a pagarne le conseguenze: la prima delle quali sarà quella di rispedirvi a casa con notevole anticipo rispetto ai calcoli che ciascuno di Voi ha fatto per individuare il momento più propizio in cui tornare alla vita civile.

Quanto ho appena scritto è stato pienamente condiviso anche da Kurt il Marziano – che, come sapete, può vedere anche nel futuro (ma che si guarda bene dal rivelarmi quello che ha visto, limitandosi ad offrirmi qua e là  qualche sporadico indizio di non facile interpretazione) – il quale comincia a ritrovare il gusto del disordine politico che contraddistingue  – in Italia – il passaggio dalla seconda alla terza Repubblica.

Quel disordine – in apparenza accantonato nel nostro Paese nel momento in cui è  stato fiaccato dalla pandemia – ha ripreso vigore nelle ultime settimane, soprattutto in conseguenza dell’ impuntatura ascritta al Ministro dell’Economia a proposito della riapertura dei termini per una pace fiscale piena e definitiva, senza la quale ogni sforzo per tenere alta la soglia degli incrementi di PIL è destinato a cadere nel vuoto e ad infliggere dolorose ferite all’equilibrio finanziario dei contribuenti, ma prima ancora alla sostenibilità del bilancio pubblico che – in assenza di una soluzione pragmatica delle questioni almeno legate alla giacenza delle cartelle esattoriali – rischia di somigliare sempre più a quello di una banca priva di liquidità, ma contenta di mostrare, alle Autorità di vigilanza prima ancora che ai propri clienti, le proprie scritture contabili cariche di crediti tanto consistenti quanto inesigibili.

Ha però ragione Kurt, quando mi spiega che – se pure Draghi dovesse pagare con la mancata elezione a Presidente della Repubblica il Suo rifiuto di varare la rottamazione delle cartelle esattoriali – sarebbe comunque ingeneroso tirare la croce addosso solo a Lui o al Ministro competente per quanto accaduto in questi giorni a proposito dell’emergenza che ormai attanaglia tutte le categorie di contribuenti; anzi occorre dare atto ad Entrambi di aver almeno  voluto guadagnare – ancora una volta – tempo per  risolvere la questione dei debiti fiscali, spostando in avanti le lancette del periodo oltre il quale l’Agenzia delle entrate-Riscossione potrà procedere ad esecuzione forzata nei confronti dei morosi.

Va bene – ho risposto –  diamogliene pure atto, ma ciò non toglie che il mancato utilizzo degli strumenti che la Legge Finanziaria offre al Governo e al Parlamento per pareggiare i conti con i contribuenti debba necessariamente essere qualificata come un’occasione perduta, la cui responsabilità ricade innanzitutto sul Premier e della quale i Partiti, nel loro insieme, approfitteranno per dimostrare, ai rispettivi militanti e simpatizzanti, come la maggioranza espressa dal cosiddetto Governo di Unità Nazionale (acronimo: GUN) non abbia né la forza, né tanto meno la coesione, per eleggere un nuovo Presidente della Repubblica che sappia interpretare i bisogni dei propri concittadini, onde rappresentare al meglio l’unità nazionale.

“Gun, Gun!” ha allora esclamato Kurt, iniziando a parlare in lingua marziana e comunicandomi che – quando finalmente imparerò a parlare la sua lingua – potrò, come Lui, divinare sul futuro della politica italiana e di molte altre cose.

Nel frattempo, come ogni altro italiano ubbidiente, dovrò aspettare la fine del Talk Show.

Ma quale Talk Show? naturalmente quello che già si celebra ogniqualvolta si parli della successione a Mattarella, anche evocando la possibilità che Egli succeda a se stesso, come ogni Capo dello Stato  che non abbia paura di passare alla storia per essere stato trasformato dalle circostanze del suo tempo in un buon tiranno.

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