venerdì, 22 Novembre, 2024
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Conforti: «L’Italia crescerà puntando sulle “buone pratiche”»

Il business internazionale richiede impegno nella innovazione, relazioni aperte e propositive. La messa a punto di quelle pratiche migliori che possono farci competere e primeggiare. Alberto Conforti, esperto in politiche di sviluppo, finanziarie e dei mercati, ospite del salotto “Orgoglio Italiano” della Discussione ci ricorda come ogni strategia di crescita per le imprese comporta un salto nell’internazionalizzazione.

Alberto Conforti, esperto in politiche di sviluppo, finanziarie e dei mercati

Alberto Conforti, Lei è un attento conoscitore delle dinamiche di mercato, di finanza ed export. A suo giudizio le aziende Italiane devono esportare di più e meglio e pensare ad una filiera corta a causa degli incrementi dei costi e dei trasporti delle materie prime provenienti dall’estero. Quali indicazioni ci può dare?
Il problema della necessità di approvvigionarsi di materia prime non reperibili a livello locale è un problema strategico. E intelligente valutare la possibilità di avere “un back up” locale, anche se in alcuni casi sarà comunque necessario ricorrere alle importazioni dall’estero. Da questo deriva una ridefinizione dei processi produttivi per garantire un prezzo dei prodotti che non risenta degli incrementi dei costi dei trasporti e delle importazioni.

In Italia siamo conosciuti in tutto il mondo per marchi storici che rappresentano il nostro paese, Ferrari, Lamborghini, Alfa Romeo con questi brand esportiamo in molti paesi, in Russia, negli Emirati Arabi, in Malesia, Asia e Indonesia, ma dipendiamo dalla Cina per la componentistica i chip, ad esempio, siamo il Paese della pasta e della pizza, ma dipendiamo dal Canada per l’importazione di grano duro, c’è qualcosa che non torna, non pensa?
Quando si dice che la nostra economia è globale, non si può prescindere dal fatto che la componentistica industriale o le materie prime alimentari possano essere importate. È fondamentale che vengano trasferiti alle imprese estere che forniscono i prodotti intermedi, criteri di qualità che garantiscono il prodotto finale. Dobbiamo abituarci e creare delle competenze operative che favoriscono il trasferimento delle nostre “best practice”, uno degli assets delle industrie italiane, grande dimostrazione di un  “Made in Italy”, che non è solo quello più noto (food, design, fashion), ma riguarda la capacità di gestire e produrre impianti industriali all’avanguardia tecnologica e di processo.

Se dovesse dare un consiglio a piccole o medie imprese che desiderano internazionalizzarsi che indicazione darebbe?
L’internazionalizzazione è un processo strategico, può avvalersi di tattiche operative di breve respiro per risultati commerciali più rapidi, ma rimane un processo che richiede una visione di medio lungo periodo. E’ cambiato il modello di internazionalizzazione. Si sta passando dal semplice export commerciale alla creazione di Joint Venture produttive e commerciali locali. È una percorso tracciato e definito anche dalle linee guida di molti Paesi stranieri che hanno definito prioritaria la “import substitution”. Questo offre una grande opportunità di contribuire a colmare un gap tecnologico di alcuni dei Paesi target del nostro export, con la fornitura di impianti, know how, tecnologie per la produzione di prodotti per i mercati locali. Questo processo richiede una integrazione delle competenze aziendali e di competenze esterne senza tabù e con la convinzione che siano necessarie tra elementi per il successo: l’utilizzo di un modello delle relazioni indispensabili per aumentare le possibilità di successo di un progetto di internazionalizzazione, riducendone i rischi, l’utilizzo di un  sistema inteso come insieme di attività operative connesse tra loro per produrre un risultato di interesse comune, per tutti i soggetti coinvolti, l’utilizzo di uno strumento operativo inteso come mezzo atto a conseguire uno scopo preciso, cioè lo sviluppo di opportunità di business internazionali.

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