Impiantata per la prima volta al mondo presso la Fondazione Policlinico Gemelli una nuova rivoluzionaria protesi del ginocchio, realizzata con una stampante 3D.
L’intervento e’ stato effettuato da Ivan De Martino, inventore insieme a due colleghi americani di questa innovativa protesi al titanio ‘poroso’ (trabecolare), su un 49enne che aveva sviluppato una forma di artrosi secondaria a seguito di una frattura del piatto tibiale, causata da un incidente stradale. Il dottor De Martino ha solo 38 anni ed e’ un ‘cervello di rientro’ in Italia, dopo 7 anni passati negli Usa. “L’artrosi e’ un processo degenerativo della cartilagine articolare – spiega De Martino, ortopedico presso la UOC di Ortopedia e traumatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, diretta dal professor Giulio Maccauro – che normalmente osserviamo negli anziani. L’eta’ media di chi deve essere sottoposto ad una protesi d’anca o di ginocchio e’ intorno ai 65-70 anni; ma oggi, con l’aumento dell’attivita’ sportiva e dei conseguenti traumi a menisco o legamenti crociati o a causa delle fratture articolari in eta’ giovanile, si puo’ andare incontro alla cosiddetta artrosi secondaria, gia’ a 50 anni”.
L’intervento tradizionale di artroprotesi di ginocchio prevede l’uso del ‘cemento’ osseo (polimetilmetacrilato, PMMA) per ancorare la protesi all’osso. Tuttavia, il cemento dopo 15-20 anni puo’ cedere e le protesi possono ‘scollarsi dall’osso’. “Per questo – spiega De Martino – nei giovani e’ nata l’esigenza di ancorare le protesi in maniera diversa; si e’ passati dunque a nuove soluzioni: le protesi non cementate di nuova generazione, che si inseriscono direttamente nell’osso, lasciando che questo vi aderisca direttamente”. Un tentativo del genere era gia’ stato fatto una ventina d’anni fa, ma senza successo. “I problemi di allora – prosegue De Martino – sono stati superati con le moderne tecnologie, come le protesi non cementate prodotte attraverso una stampante 3D. Si tratta di soluzioni adatte ai giovani, che hanno esigenze diverse dall’anziano, comprese quelle di tornare a svolgere alcuni tipi di attivita’ sportiva come giocare a tennis o a sciare; questo comporta dei carichi diversi sulla protesi, che viene utilizzata di piu’ e per un periodo piu’ lungo. Qui al Gemelli eravamo gia’ all’avanguardia per le protesi del ginocchio nel giovane e adesso siamo stati i primi al mondo ad utilizzare una di queste nuove protesi innovative nell’uomo. Il 29 aprile scorso abbiamo impiantato la prima protesi al titanio stampata 3D su un paziente di 49 anni con artrosi post-traumatica, dovuta ad una frattura del piatto tibiale, riportata a seguito di un incidente motociclistico”. Le stampanti 3D sono gia’ state collaudate per le protesi d’anca; solo di recente questa tecnologia e’ stata applicata alle protesi non cementate del ginocchio.
“Oggi con la stampa 3D – afferma il dottor De Martino – e’ possibile ricreare in laboratorio una struttura trabecolare, porosa, simile a quella dell’osso; il titanio puo’ essere ‘stampato’ con una porosita’ variabile e proprieta’ biomeccaniche molto simili all’osso, sia in termini di macro e di micro-architettura, che biomeccaniche; questo consente all’osso del paziente di ricrescere dentro questa protesi di titanio ‘poroso’ (trabecolare) e di resistere meglio alle sollecitazioni”. Ad inventare queste protesi rivoluzionarie e’ stato lo stesso De Martino insieme ad altri due colleghi americani, Thomas Sculco e Peter Sculco con i quali ha lavorato per sette anni a New York, presso l’Hospital for Special Surgery, vero e proprio tempio dell’ortopedia mondiale (da 12 anni e’ il primo ospedale al mondo per l’ortopedia, secondo la classifica di NewsWeek): in questa struttura, nel 1974, nasceva la prima protesi moderna del ginocchio. “L’idea di queste protesi al titanio ‘poroso’ – ricorda De Martino e’ nata come un progetto di ricerca, attraverso il quale abbiamo studiato varie soluzioni per stabilire la migliore distribuzione della porosita’ del titanio della protesi. Il sistema di ancoraggio delle nuove protesi e’ rappresentato da due fittoni principali; pero’ dove collocarli a livello topografico ha richiesto un lungo studio accompagnato da simulazioni al computer con modelli matematici, che ci hanno fatto capire quale fosse la topografia ideale, che e’ poi quella che abbiamo scelto per le nostre protesi. La nuova protesi e’ stata sviluppata e commercializzata con una company italiana, la Lima Corporate di Villanova San Daniele (Friuli), leader mondiale della stampa 3D in ortopedia e produttore della prima componente protesica d’anca stampata in 3D al mondo nel 2007”. “L’utilizzo delle stampanti 3D ha migliorato moltissimo le caratteristiche degli impianti e il loro adattamento all’osso ospite – spiega il professor Giulio Maccauro, direttore della UOC di Ortopedia e Traumatologia – e queste metodiche sono correntemente utilizzate nelle grandi revisioni protesiche, nel campo dell’oncologia del sistema muscolo-scheletrico per permettere di realizzare impianti che perfettamente riproducano la parte ossea rimossa per la mobilizzazione degli impianti o per neoplasia.
Piu’ recentemente sono state utilizzate anche in traumatologia per riprodurre fedelmente le fratture prima dell’intervento, preparare ed adattare i mezzi di sintesi da utilizzare in sala operatoria; infine, le stampanti 3D sono utilizzate anche per la realizzazione di impianti protesici primari, come quello effettuato dai dottori De Martino e Sculco”.