sabato, 28 Giugno, 2025
Lavoro

Nel 2020 la produzione dell’agricoltura si è ridotta in volume del 3,2%

Cala sensibilmente anche l’occupazione (-2,3%) Lo rende noto l’Istat.

La produzione di olio di oliva ha subito il maggiore ridimensionamento (-14,5%) mentre è aumentata la produzione di frutta (+3,7%), cereali (+3%), latte (+2,7%) e ortaggi (+0,2%).

Gli effetti dell’emergenza sanitaria hanno colpito le attività secondarie (-20,3%), il settore florovivaistico (-8,4%) e i servizi di supporto all’agricoltura (-4,1%).

Nella Ue27 calano produzione (-0,8%) e reddito agricolo (-1,5%).
L’Italia si conferma il primo paese europeo per valore aggiunto e il terzo per valore della produzione.
Dopo la performance negativa del 2019 (-1,6% il valore aggiunto in volume), con la crisi dovuta alla pandemia da Covid-19, il settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca ha subito una ulteriore marcata contrazione: nel 2020 la produzione è diminuita in volume del 3,2% e il valore aggiunto del 6%.
La flessione è stata più contenuta per la produzione agricola di beni e servizi (-1,4% in volume e -0,5% in valore), gli effetti della pandemia hanno però inciso pesantemente sulle attività secondarie dell’agricoltura (-20,3% in volume).

Per la silvicoltura si rileva un lieve aumento della produzione (+0,4%) e del valore aggiunto (+0,7%), di contro è stato molto negativo l’andamento del comparto della pesca, che ha visto un deciso ridimensionamento tanto della produzione (-8,8%) che del valore aggiunto (-5,3%). Il valore aggiunto dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco è cresciuto dell’1,8% a prezzi correnti ma è diminuito della stessa entità in volume (-1,8%). Il complesso del comparto agroalimentare (che comprende agricoltura, silvicoltura e pesca e industria alimentare) ha registrato, per la prima volta dal 2016, una diminuzione del valore aggiunto (-1,2% a prezzi correnti e -4% in volume). E’ il comparto in cui si è formato il 4,3% del valore aggiunto dell’intera economia (era il 4,1% nel 2019): il settore primario ha contribuito per il 2,2% (come nel 2019) e l’industria alimentare per il 2,1% (l’1,9% nel 2019). Nonostante i risultati non positivi il settore agroalimentare ha consolidato nel 2020 il proprio peso all’interno del quadro economico nazionale.

L’occupazione nel settore agricoltura, silvicoltura e pesca, misurata in Unità di lavoro (Ula), è diminuita rispetto al 2019 del 2,3%: la componente del lavoro dipendente è scesa del 3,3% e quella indipendente dell’1,8%. Ancora più decisa la flessione dell’occupazione nell’industria alimentare (-6,7%), che ha portato l’input di lavoro dell’agroalimentare a subire un calo complessivo del 3,4%.

Nel 2020 i redditi da lavoro dipendente in agricoltura silvicoltura e pesca sono diminuiti del 2,3%; in particolare le retribuzioni lorde sono scese del 2,7%. Gli investimenti fissi lordi hanno registrato un brusco ridimensionamento sia in valori correnti (-12,3%), sia in volume (-12,2%).

La crisi dovuta alla pandemia da Covid-19, a partire dal mese di febbraio 2020 ha portato le autorità nazionali e regionali ad adottare severe misure restrittive causando una brusca contrazione dell’attività produttiva. Sebbene l’agricoltura e molte attività della filiera agricola siano rientrate tra quelle definite come essenziali e, pertanto, non direttamente soggette alle restrizioni, le aziende agricole hanno dovuto affrontare non poche difficoltà, più o meno rilevanti a seconda dei canali commerciali utilizzati, dei mercati di riferimento, del grado di dipendenza dai fattori produttivi esterni e delle aree di localizzazione.

Le produzioni di natura non strettamente alimentare hanno risentito più direttamente delle limitazioni alla mobilita’, dell’interruzione dei canali commerciali, delle difficoltà di accesso ai mercati interni ed esteri e dell’azzeramento dei flussi turistici. Tra queste, il comparto florovivaistico ha risentito fortemente delle misure restrittive nel periodo iniziale dell’anno in cui si concentrano la produzione e la vendita di fiori e piante.

Soprattutto le attività secondarie non agricole hanno registrato una flessione senza precedenti dopo un decennio di trend in crescita costante. Particolarmente colpite le attività di agriturismo, a causa della prolungata chiusura delle strutture ricettive e del forte calo delle presenze, e quelle legate alla manutenzione paesaggistica e di parchi e giardini. Anche la produzione di servizi di supporto è risultata in forte calo per il ridimensionamento dell’attività di prima lavorazione dei prodotti.

La marcata contrazione di tutte le attività del settore della ristorazione ha pregiudicato la vendita di molti prodotti agroalimentari, specialmente quelli di alta gamma, che trovano nel consumo extra-domestico un importante mercato di sboccoii.

Inoltre, il blocco delle frontiere, soprattutto nella prima fase dell’emergenza sanitaria, ha avuto ripercussioni sui volumi delle esportazioni di molte produzioni tipiche del Made in Italy (come il vino e gli stessi prodotti alimentari di alta gamma).

La crisi ha influito anche sul calo occupazionale della manodopera agricola, per le limitazioni agli spostamenti dei lavoratori stagionali e stranieri.

Per le produzioni strettamente agricole, invece, non sono state riscontrate particolari criticità direttamente riconducibili all’emergenza sanitaria. Anzi, in alcuni ambiti, come quello delle coltivazioni, secondo recenti rilevazioni tra gli agricoltori sembrerebbe prevalere l’opinione che la crisi dovuta all’emergenza sanitaria non abbia avuto effetti rilevanti sull’attività delle aziende agricole.

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