Papa Leone XIV ha scelto parole nette per commentare l’aumento delle spese militari a livello globale. Nel suo ultimo intervento pubblico ha definito il riarmo “una falsa propaganda che tradisce il desiderio di pace”. Ha parlato di fondi pubblici destinati a “strumenti di morte” anziché a ciò che rende più giusta e vivibile la società: sanità, istruzione, coesione sociale. Il Pontefice ha lanciato un interrogativo diretto: “Come si può coltivare la vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta?”.
Soldi pubblici e scelte politiche
Il Papa ha puntato il dito contro la retorica che accompagna l’aumento dei bilanci della difesa. Ha ricordato come la spesa militare continui a crescere anche nei Paesi che faticano a garantire servizi essenziali. Un messaggio che arriva mentre in Europa e negli Stati Uniti si discute di cifre sempre più alte da destinare all’apparato militare. Per il Pontefice, questo orientamento è il segno di un fallimento: si preferisce investire in armi, invece che nei bisogni reali delle persone.
La soglia del 5% del PIL
Al centro dello scontro politico c’è una proposta avanzata nell’ambito delle discussioni dei leader nel consesso della NATO: portare la spesa militare di ogni Paese al 5% del proprio Prodotto Interno Lordo, cioè del valore complessivo di beni e servizi prodotti in un anno. Un obiettivo che molti governi giudicano irrealistico o sbilanciato. Tra questi c’è la Spagna, che ha chiarito la sua contrarietà a questo parametro, spiegando che le priorità del governo sono altre. La questione ha scatenato una reazione diretta da parte di Donald Trump.
La replica di Madrid a Trump
L’ex presidente degli Stati Uniti ha accusato la Spagna di non rispettare gli impegni come membro della NATO e ha minacciato ritorsioni economiche, parlando esplicitamente di dazi. Madrid ha replicato con fermezza, sottolineando che “abbiamo dimostrato di essere un alleato serio e affidabile”. Poi ha aggiunto che l’attenzione ora sarà rivolta “al genocidio a Gaza”, indicando una chiara scelta di campo in favore delle emergenze umanitarie e diplomatiche rispetto alla corsa agli armamenti.
Tajani e la clausola di salvaguardia
In Italia, il dibattito si è acceso anche sul fronte interno. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha lasciato intendere che il nostro Paese potrebbe chiedere di attivare la clausola di salvaguardia. Si tratta di una possibilità prevista nei trattati internazionali per ottenere una deroga temporanea agli obblighi assunti, in presenza di difficoltà economiche o priorità diverse. Una via che potrebbe essere percorsa per giustificare una spesa militare inferiore rispetto agli standard richiesti dalla NATO.
Le resistenze europee
Oltre alla Spagna, anche altri Paesi dell’Unione Europea mostrano freddezza rispetto all’obiettivo del 5%. Francia e Germania, pur con approcci diversi, non hanno ancora assunto un impegno formale su soglie fisse, sottolineando la necessità di coordinare la difesa con le reali capacità economiche e le scelte strategiche di ciascun governo. Alcuni membri, in particolare quelli con alta esposizione debitoria o in fase di crescita lenta, valutano con prudenza qualsiasi impegno rigido su scala pluriennale.
La NATO e l’effetto elezioni USA
La pressione per aumentare le spese militari si è intensificata negli ultimi mesi, anche per effetto della campagna elettorale negli Stati Uniti. Donald Trump ha fatto della questione un punto centrale della sua retorica, accusando l’Europa di “parassitismo” nella difesa collettiva. I toni utilizzati rischiano di influenzare i vertici NATO previsti nei prossimi mesi, dove il dossier sulle soglie di spesa sarà tra i più delicati. Alcuni analisti ritengono che l’Alleanza possa valutare forme intermedie, che tengano conto del contributo non solo economico ma anche logistico e diplomatico.