A febbraio 2025, i prezzi al consumo in Italia hanno registrato un leggero rialzo. L’inflazione è salita all’1,6% su base annua, rispetto all’1,5% di gennaio, mentre su base mensile i prezzi sono cresciuti dello 0,2%. Il rincaro è stato influenzato principalmente dall’aumento dei costi dell’energia e dei generi alimentari.
I beni energetici regolamentati, ovvero luce e gas con tariffe stabilite dallo Stato, sono aumentati del 31,4% rispetto a un anno fa, mentre i carburanti e altri beni energetici non regolamentati hanno ridotto il calo dei prezzi, passando da -3% a -1,9%. Anche il costo della spesa quotidiana è cresciuto: i prodotti freschi, come frutta e verdura, sono aumentati del 2,9%, mentre gli alimentari lavorati, come pasta e biscotti, hanno segnato un rialzo dell’1,9%. Il cosiddetto “carrello della spesa”, che include alimentari, prodotti per la casa e per la persona, è cresciuto del 2% rispetto allo scorso anno.
Trasporti e comunicazioni rallentano, inflazione di fondo in calo
Non tutti i settori hanno registrato aumenti. I servizi legati ai trasporti, come voli e treni, hanno visto un rallentamento dei prezzi, passando dal +2,5% di gennaio al +1,9% di febbraio. Anche le tariffe telefoniche e dei servizi di comunicazione sono aumentate solo dello 0,5%, meno della metà rispetto all’1,1% del mese precedente.
L’inflazione di fondo, un indicatore che esclude dal calcolo i prezzi dell’energia e degli alimentari freschi per offrire un quadro più stabile dell’aumento del costo della vita, è scesa leggermente dall’1,8% all’1,7%. Questo dato suggerisce che, al netto delle oscillazioni delle materie prime, la pressione inflazionistica rimane contenuta.
L’OCSE avverte: la crescita economica rallenta, pesa il rischio dazi USA
Oltre ai dati sull’inflazione, si fanno sentire anche le previsioni economiche dell’OCSE, che ha rivisto al ribasso le prospettive per l’Italia e l’economia globale. L’attenzione è puntata sulla possibile guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa, a causa dei nuovi dazi imposti dall’amministrazione americana. Finora l’impatto sull’Italia è stato limitato, ma il Paese potrebbe risentirne fortemente se le restrizioni colpiranno anche l’export europeo.
Secondo le nuove stime dell’OCSE, la crescita del PIL italiano sarà dello 0,7% nel 2025, con un miglioramento allo 0,9% nel 2026. Si tratta di un taglio rispetto alle precedenti previsioni, che erano 0,2-0,3 punti percentuali più alte. Anche le stime sull’inflazione sono state abbassate: l’OCSE prevede un 1,7% per il 2025 e un 1,9% per il 2026.
A livello globale, l’economia crescerà del 3,1% nel 2025 e del 3% nel 2026, mentre per l’Eurozona si prevede un modesto +1% nel 2025 e +1,2% nel 2026. Tra i Paesi europei, la Germania crescerà dello 0,4% quest’anno e dell’1,1% il prossimo, la Francia dello 0,8% nel 2025 e dell’1% nel 2026, mentre la Spagna segnerà una crescita più sostenuta, con un +2,6% nel 2025 e un +2,1% nel 2026.
I dazi potrebbero frenare la crescita e far salire i prezzi
L’OCSE ha condotto una simulazione per valutare gli effetti di un inasprimento della guerra commerciale. Secondo lo studio, un aumento dei dazi del 10% su base permanente ridurrebbe la crescita economica globale di 0,3 punti percentuali nell’arco di tre anni e farebbe salire l’inflazione dello 0,4% annuo.
Gli Stati Uniti sarebbero i più colpiti, con una perdita di crescita dello 0,7% del PIL e un aumento dei prezzi dello 0,7% all’anno. Se invece i dazi venissero applicati in modo meno aggressivo, l’impatto sarebbe più contenuto. Tuttavia, il rischio di una frammentazione dell’economia globale resta alto e potrebbe avere ripercussioni su commercio e investimenti.
Il capo economista dell’OCSE, Alvaro Santos Pereira, ha sottolineato: “L’Italia è un paese che esporta molto, quindi se c’è più protezionismo commerciale sarà coinvolta”. Al momento, le nuove tariffe USA non hanno avuto impatti significativi, ma Pereira avverte che la situazione potrebbe cambiare se le misure venissero estese all’Europa.
Pressione sui conti pubblici e spese per la difesa in crescita
Un altro nodo critico segnalato dall’OCSE riguarda la situazione dei debiti pubblici. L’aumento dei tassi di interesse sta facendo salire il costo del debito per gli Stati, poiché i titoli di Stato emessi negli anni scorsi a condizioni più favorevoli stanno progressivamente scadendo e vengono rinnovati a rendimenti più elevati.
A pesare sui bilanci pubblici c’è anche il piano di riarmo della Commissione Europea, noto come Rearm EU, che spingerà molti governi a destinare più risorse alla difesa. L’OCSE avverte che questo potrebbe costringere i Paesi a compiere scelte difficili sulla spesa pubblica, sottraendo fondi ad altri settori come sanità, istruzione e investimenti infrastrutturali.
Secondo l’OCSE, il mantenimento della disciplina di bilancio sarà fondamentale per evitare un ulteriore aumento del debito pubblico. L’organizzazione consiglia di pianificare con attenzione le spese per garantire sostenibilità finanziaria e capacità di risposta a eventuali crisi future.
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