mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Salute

Una ricerca indaga il duro impatto sulla qualità della vita dei malati di ‘dolore cronico’

“Due italiani su dieci soffrono di dolore cronico di intensità moderata o severa. Sono 9,8 milioni italiani. Corrispondono al 19,7% (maggiorenni). Si oscilla tra il 14,7% dei giovani, il 21,1% degli adulti e il 20,9% degli anziani. La prevalenza è femminile: il 21,2% delle donne rispetto al 18,1% degli uomini. Per l’81,7% di chi ne soffre, il dolore cronico dovrebbe essere riconosciuto come una patologia a sé stante”. Questi dati emergono tra i principali risultati della ricerca Censis intitolata “Vivere senza dolore” e realizzata con il contributo di Grünenthal, azienda farmaceutica basata sulla ricerca per la gestione del dolore e per le malattie correlate. La ricerca del Censis, finalizzata a promuovere il cambiamento della percezione sociale della rilevanza del dolore, colma l’attuale carenza di dati sull’incidenza e sulla qualità della vita delle persone e sugli oneri che ricadono sulla società, sia in termini di ridotta funzionalità nelle attività lavorative delle persone coinvolte, sia in termini di costi per il Servizio sanitario nazionale.

Costi sociali

Il dolore cronico determina elevati costi sociali, considerando l’insieme delle spese a carico dei malati, il costo delle prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale, la mancata produttività dei pazienti, i servizi di assistenza di cui necessitano e il ‘care’ informale. Secondo le stime è pari a 6.304 euro il costo in media all’anno per paziente, di cui 1.838 euro di costi diretti e 4.466 euro di costi indiretti. I costi diretti sono in capo ai pazienti per 646 euro e 1.192 euro ricadono sul Servizio sanitario nazionale. Complessivamente, i costi sociali del dolore cronico di intensità moderata o severa in Italia sono stimati in 61,9 miliardi di euro all’anno. Le spese private relative alla gestione e alla cura della patologia pesano “molto” o “abbastanza” sul bilancio familiare per il 66,5% dei malati, per il 28,0% pesano in misura ridotta e solo per il 5,5% non incidono significativamente.

Impatto su qualità della vita

Per il 67,8% di chi è colpito da dolore cronico incide molto (11,1%) o abbastanza (56,7%) negativamente sulla vita quotidiana e sul proprio benessere; solo per il 4% non ha effetti negativi. In ogni caso, per il 92,8% dei malati, il dolore cronico condiziona le attività quotidiane. I vincoli nella quotidianità sono le difficoltà nel sollevare oggetti (60,2%), fare ginnastica (59,3%), dormire (50,5%), passeggiare (49,0%), svolgere le faccende domestiche (48,5%), partecipare alle attività sociali (36,8%), guidare l’automobile (23,6%), gestire le relazioni con i familiari e con gli amici (23,2%), il desiderio e le relazioni sessuali (22,7%), le ordinarie attività quotidiane come lavarsi e vestirsi (22,6%) e anche l’alimentazione (18,6%). Ulteriori effetti negativi sulla condizione psico-fisica dei sofferenti sono: il 48,8% avverte apatia, perdita di forze, debolezza, il 38,2% tende facilmente alla commozione, il 37,0% vive stati di ansia e di depressione, il 30,8% soffre di vertigini. Perciò al 38,2% capita di dover ricorrere a forme di supporto da parte di familiari e amici.

Nel lavoro

La ricerca mostra che, per il 40,6% dei malati di dolore cronico, l’insorgenza della patologia ha avuto conseguenze negative sul proprio lavoro. Il 35,4% ha dovuto mettersi in malattia, il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico e per effettuare le terapie, il 27,7% ha dovuto assentarsi spesso dal lavoro, il 25,0% ha ridotto le opportunità di carriera, il 13,3% ha dovuto cambiare mansioni, l’11,8% ha dovuto ridurre l’orario ricorrendo al part time (con relativa retribuzione ridotta), il 5,8% ha dovuto lavorare da casa, il 3,8% è stato costretto a cambiare lavoro perché l’impiego non era più compatibile con le problematiche legate al dolore. Addirittura, l’11,1% dei malati ha dovuto smettere di lavorare a causa del dolore cronico e l’1,2% è stato licenziato. Inoltre, il 41,3% dei malati occupati dichiara che la propria condizione viene talmente sottovalutata al lavoro da essere considerata un pretesto per assentarsi o per impegnarsi di meno.

Solitudine e incomprensione

“Il dolore cronico è uno dei grandi temi rimossi della società italiana relegato a un fatto privato – sottolineano il Censis e il Grünenthal – un problema solo di chi ne soffre ed è obbligato a cercare individualmente le soluzioni”. Nell’indagine, il 56,5% dei malati dichiara: “nessuno capisce veramente la sofferenza causata dal dolore cronico” e il 46,7% “si sente solo con il proprio dolore”. Inoltre, il 36,4% “ha la sensazione che persino il proprio medico sottovaluti la patologia”.

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