mercoledì, 15 Gennaio, 2025
Cronache marziane

Kurt e i Quirinabili

Mi scrive il Marziano – ancora fermo nel suo pianeta – scandalizzato per il neologismo che ha letto in una scheda diffusa dalla nostra Tv di Stato, chiedendo se in RAI conoscano la prima regola della comunicazione: quella secondo cui il linguaggio deve essere il più semplice e chiaro possibile, se si vuole raggiungere la massima Audience.

La reazione di Kurt è stata occasionata dalla parola “Quirinabili”, utilizzata per indicare coloro che sono spendibili come candidati alla massima carica della Repubblica: non si poteva – chiede Kurt – utilizzare il consueto e ben radicato termine “Candidati”, senza costringere i telespettatori ad ingurgitare un nuovo termine per indicare coloro che, in queste ore, sono sulla bocca dei più o meno improvvisati  Kingmaker  che da qualche settimana pontificano sul piccolo schermo, come se non fosse abbastanza quel che ci tocca leggere ogni giorno sui giornali?

Comunque si tranquillizzino i lettori, perché non è un articolo di linguistica quello che sto portando alla loro attenzione, ma piuttosto qualche riflessione sugli elementi in base ai quali si indicano l’uno o l’altro candidato da parte del commentatore di turno.

Nessun ragionamento ritengo invece di fare a proposito dei criteri di scelta dei commentatori, perché questa è (o almeno dovrebbe essere) materia all’attenzione delle Commissioni che, in Parlamento si occupano di accesso ai mezzi audiovisivi.

Ma torniamo agli elementi in base uguali viene indicata come “Quirinabile” una determinata persona.

Dovendo il capo dello Stato rappresentare l’unità nazionale, ciascun Kingmaker – di destra, di centro o di sinistra che sia – inizia mentendo, perché nella generalità dei casi individua le personalità di cui vuole farsi alfiere innanzitutto in base al proprio credo politico: non c’è niente di male in questo – ci mancherebbe! –  ma perché far precedere il nome da indicare da affermazioni di neutralità che nessuno ha chiesto?

Possiamo dunque affermare che il primo elemento in base al quale viene indicato un candidato (o una candidata) è quello della vicinanza ideologica al proprio mèntore.

L’identità sessuale del candidato è il secondo elemento che quello stesso mèntore tende a nascondere e così, quando si chiede al signor X o alla signora Y se la loro preferenza possa essere condizionata da una tale identità, ecco una smorfia scandalizzata comparire sul volto del destinatario di quella domanda: il che la dice lunga sulla considerazione che questi Kingmaker hanno dei loro ascoltatori.

Passando invece agli elementi che non si vogliono nascondere, osserviamo come tutti i proponenti una determinata candidatura tendano a motivare la loro scelta facendo leva sul curriculum professionale, piuttosto che su quello politico, del loro candidato preferito: assistiamo così all’evocazione di manager pubblici di cui si celebrano i successi e si nascondono i disastri, accademici con attività professionale prevalente su quella scientifica e – ma solo da ultimo –  personalità politiche di cui però si abbia cura di sottolineare immediatamente le grandi capacità tecniche e l’obiettività di giudizio quando costoro abbiano di fronte questioni che richiedano una scelta politica.

La scelta del prossimo presidente della Repubblica è condizionata però da un elemento in più rispetto al passato: quello della permanenza nel seggio dei suoi grandi elettori.

Costoro attribuiranno, nel segreto dell’urna e magari in violazione degli ordini ricevuti dai rispettivi Capigruppo, il proprio voto al candidato che potrà assicurare loro la più lunga permanenza nella carica che già sanno di non poter ricoprire nella prossima legislatura: il che vuol dire che tutti gli elementi prima indicati – e in base ai quali si avanzano previsioni probabilistiche sulla scelta di questo o di quel candidato – sono destinati a recedere di fronte all’ipotesi (anche la più improbabile) dell’elezione di un nuovo capo dello Stato che garantisca la continuità della Legislatura.

Di questo ho tentato di convincere Kurt, ma Lui – che, come sappiamo, può tuffarsi nel futuro – insiste nel chiedermi che i nostri commentatori (le cui previsioni non apprezza) vogliano almeno astenersi dall’inventare improbabili neologismi come quelli di cui si è detto all’inizio.

Che ci sia qualche sorpresa dietro l’angolo?

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