sabato, 16 Novembre, 2024
Attualità

Vaccini e poteri pubblici

Dopo mesi di forte compressione delle nostre libertà fondamentali, ritenevamo di aver intravisto nelle
vaccinazioni il rimedio per l’allentamento delle misure restrittive che abbiamo disciplinatamente subìto,
anche accettando un allungamento dei tempi necessari al compimento delle relative operazioni, in nome di
una solidarietà europea che – riconosciamolo – è sicuramente dovuta in ossequio alla regola della
reciprocità, ma che è stato improvvisamente frustrato dal comportamento della Multinazionale obbligatasi
a fornire le dosi necessarie nei tempi e alle condizioni da lei dettate.

Quest’ultima infatti ha, da ultimo, candidamente comunicato al Commissario Straordinario per l’Emergenza
Covid, che avrebbe ridotto del 30% (rectius del 29%, forse per rendere meno pesante la percezione del
proprio inadempimento) la fornitura settimanale delle dosi che si era obbligata a fornire all’Italia entro la
data convenuta.

La ragione di questo rallentamento è stata indicata, dall’Inadempiente, nella necessità di ristrutturare uno
degli impianti ove il vaccino viene fabbricato: punto.

La vicenda ha raggiunto un’eco mediatica di proporzioni tali da non meritare, forse, di tornarci ancora una
volta: eppure riteniamo di doverlo fare non solo per tenere alta la guardia delle Autorità competenti
(troppe!) ad intervenire in questa delicata materia, ma soprattutto perché i termini in cui la stessa si è
sviluppata mettono i giuristi di fronte alla povertà degli strumenti a loro disposizione per evitare che il
diritto di vita o di morte – che la storia ha sempre riservato ai vertici di ogni ordinamento istituzionale
succedutesi nel tempo – possa nel prosieguo trasferirsi in capo a figure soggettive private la cui capacità
condizionante si riveli nei fatti idonea a rompere quel monopolio della forza che si manifesta innanzitutto
attraverso la prescrizione di regole di condotta comunque accompagnate dalle sanzioni che colpiscono chi non obbedisce a quelle regole.

Tali sanzioni debbono dunque – e in primo luogo – valere come misure dissuasive dal tenere condotte
diverse da quelle indicate dalla norma e allorché tale valore viene meno, viene inevitabilmente meno anche
l’effettività della norma ed inizia così un processo disgregatore del perimetro che si voleva ordinare,
culminante nell’abbandono dell’area che l’Autorità politica aveva deciso di voler coprire in nome di un
interesse pubblico determinato e nei casi in cui quell’interesse sia fondante per una pluralità di
ordinamenti, questi ultimi uniscono la loro forza per assicurarne la tutela: ancora la storia recente ci
insegna che più forte è considerato quell’interesse e più elevata dovrà essere la sanzione da irrogare a
coloro che – attraverso comportamenti omissivi o commissivi – un tale interesse vadano a ledere: alludiamo a quel “criterio di proporzionalità”, tra comportamento disubbidiente e sanzione, che la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo indica come parametro necessario per ottenere che l’esercizio della potestà punitiva da parte del potere pubblico sia sentita come giusta dalla collettività che quello stesso potere ha conferito, democraticamente, allo Stato o all’organizzazione super statale cui Quest’ultimo aderisce.

Nessuno vorrà, speriamo, dubitare che il diritto alla salute – e perciò alla qualità della vita, se non alla vita
stessa – sia uno dei di quegli interessi fondanti di cui si è appena detto ed altrettanto osiamo pensare a
proposito del rapporto di causalità che intercorre fra velocità di vaccinazione e diminuzione del rischio di
contagio.

Il lettore vorrà perdonare la pedanteria di questi ragionamenti introduttivi, ma ci sembrano indispensabili
per inquadrare un accaduto la cui importanza – e le cui conseguenze sulla compressione del diritto alla
salute – rischia di esser sommersa dall’inutile polemica sul grado di capacità di gestione della vaccinazione di massa e dei suoi ritmi.

Abbiamo infatti ritenuto di dover richiamare i princìpi appena esposti per giustificare la nostra richiesta di
comminatoria – nei confronti di quell’Azienda, che neanche vogliamo nominare – di una sanzione esemplare
(addirittura di una pluralità di sanzioni!) che ci metta al riparo dal rischio di veder aumentato il numero dei
decessi per l’impossibilità di rispettare i tempi minimi necessari a raggiungere quella che gli esperti
chiamano, in modo abbastanza immaginifico, immunità di gregge.

Ma all’irrogazione necessaria delle auspicate sanzioni, non possono non seguire alcune ulteriori misure di
natura regolatoria, probabilmente finora ridotte nell’encomiabile intento di affrettare l’avvio della
campagna vaccinale.

La necessità di queste ulteriori misure deriva dalla giustificazione stessa fornita dall’Azienda di cui sopra per coprire il proprio inadempimento, nel goffo tentativo di attribuirlo ad una “causa di forza maggiore” che
potrebbe escludere – o perlomeno limitare – il risarcimento dovuto all’altro contraente.

Quella stessa azienda sembra però aver sottovalutato che la sua odierna controparte è l’articolazione di un
potere che, come tale, opera necessariamente secondo le regole dell’evidenza pubblica e che una di queste regole è appunto quella della capacità tecnica e professionale prevista dall’articolo 83 del Codice dei contratti pubblici (parte delle cui disposizioni è sospesa dall’emergenza in corso, ma la sospensione
riguarda i sistemi di scelta dei contraenti e non anche le qualità di questi ultimi).

Orbene, come può dirsi dotata di simili capacità un’azienda che stipuli contratti di fornitura senza aver
preventivamente valutato l’idoneità strutturale e funzionale dei propri impianti, onde poter poi rispettare
le obbligazioni assunte?

Preferiamo, per ora, fermarci ad attendere una risposta a questa domanda. Ma temiamo, purtroppo, che
dovremo presto tornare sull’argomento.

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