giovedì, 25 Aprile, 2024
Politica

Una politica migliore? Che sia meno remunerativa

Uno degli argomenti più usati, sia dai Si che dai No, in questa campagna sul referendum costituzionale, riguarda la qualità della politica e dei suoi principali attori, i parlamentari.

Secondo i Si, tagliando con l’accetta il numero dei parlamentari come per incanto la politica migliorerà. Secondo i sostenitori del No questo non succederà perché ci vuole ben altro per far salire di qualità il livello della politica.

Ben altro, appunto. Ma cosa?

Innanzitutto il disinteresse personale.

La politica deve essere una vocazione, una chiamata all’impegno pubblico nel nome dell’interesse collettivo. La politica deve essere passione. Se diventa un ascensore sociale parte col piede sbagliato.

Chi fa politica non dovrebbe trarre alcun vantaggio personale, anche se lecito, dal fatto di ricoprire un incarico pubblico, in particolare quello di essere rappresentante del popolo. Ma sono rari i casi di cittadini che, diventati parlamentari, abbiano mantenuto lo stesso tenore di vita che avevano prima. Se la politica diventa un modo per guadagnare di più, per conquistare privilegi, per migliorare artificialmente il proprio status sociale, essa è esposta al rischio di scadere di qualità e di dimenticare i valori che dovrebbero esserne i pilastri.

Alcuni sostengono che, per non indurre in tentazione i politici, bisogna pagarli bene. Argomento fallace perché significa che se un parlamentare non fosse ben pagato cederebbe automaticamente alla corruzione. Nulla di più offensivo potrebbe essere affermato. Come dire che un cassiere di una banca, che ogni giorno maneggia migliaia di banconote deve essere superpagato per evitare che gli venga la tentazione di mettersene qualcuna in tasca. O come affermare che gli uomini della Guardia di Finanza che vanno a caccia di grandi evasori devono essere pagati molto più dei loro colleghi che svolgono normali mansioni per evitare che vedendo da vicino la vita di lusso possano essere tentati di farsi corrompere.

Siamo seri. L’esperienza dimostra che spesso quelli più cedevoli alla corruzione sono persone già benestanti che non si accontentano di quello che hanno. Chi è disposto a farsi corrompere lo fa comunque. Chi è assetato di ricchezza non finisce mai di desiderarne di più. La remunerazione del politico deve essere sicuramente dignitosa e garantirgli di poter svolgere il suo mandato con indipendenza e senza condizionamenti. Ma questo nulla ha a che vedere con privilegi ingiustificati e trattamenti economici sproporzionati.

Una politica di qualità può essere fatta solo da politici disinteressati da obiettivi personali ma appassionati ai valori e al senso dello Stato e da politici che utilizzano le risorse pubbliche che ricevono non per arricchirsi ma per svolgere meglio il proprio compito.

L’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, scelta scellerata in nome -anche quella- del risparmio delle spese e della lotta alla “casta” ha aggravato i rischi di uno scadimento della politica. Se servono soldi privati per fare politica i condizionamenti aumentano inevitabilmente. Chi non può beneficiare di finanziamenti privati è costretto o scomparire o a “investire” soldi in campagne elettorali costosissime con l’idea che poi quelle spese saranno ampiamente compensate dalla retribuzione e dai privilegi. Tutto questo corrompe la politica non nel senso penale del termine ma nel senso ideale e morale, perché inserisce elementi impropri in quella che dovrebbe essere un’attività svolta senza calcoli economici di sorta.

Serve una politica meno remunerativa con zero privilegi e in grado di attirare solo chi crede in valori e non arrivisti o assetati di denaro o potere. È questo il principale, anche se non l’unico, presupposto per far salire di qualità la politica. Degli altri ci occuperemo prossimamente.

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