martedì, 7 Maggio, 2024
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Xi: “Usa e Cina partner, non rivali”. Bella idea… ma i fatti? Meno Mao più Confucio

In un mondo in frantumi è un’ottima notizia che Cina e Stati Uniti tengano aperti canali di dialogo frequenti. Le due grandi potenze vogliono evitare gesti inconsulti e provano a gestire le numerose divergenze col dialogo e senza esasperazioni.

Conviene ad entrambi i Paesi. Cina e Usa hanno economie di enormi dimensioni, intrecci commerciali e finanziari rilevanti. Possono litigare, ma fino ad un certo punto. Dal 2001, quando Pechino è entrata nel Gatt, chi ha guadagnato nelle relazioni reciproche è stata la Cina. Ben governata da una classe dirigente lungimirante, comunista sul piano del potere ma aperta all’economia di mercato, Pechino ha tolto dalla povertà centinaia di milioni di persone, ha creato enormi ricchezze interne, in una prima fase ha contribuito anche alla crescita delle economie occidentali. Ma poi il vertice cinese ha tirato fuori le unghie e con politiche di dumping in vari settori ha squilibrato gli scambi commerciali, ha trasformato le partnership con imprese occidentali in aziende a comando cinese. Ma, soprattutto, la Cina è diventata leader in settori cruciali della transizione energetica. Nel frattempo Pechino ha costruito una rete di sfruttamento delle risorse dei Paesi africani, ha posizionato sue basi militari in punti strategici e ha alzato i toni contro Taiwan. Dopo le confuse guerre commerciali scatenate da Trump, il Presidente Biden ha percorso una strada a doppio binario :nessuna rottura con la Cina ma senza nulla concedere né alle politiche commerciali protezioniste e aggressive né alle pretese egemoniche, in particolare nell’Indo-Pacifico.

Purtroppo, la Cina non ha ricambiato le cortesie americane con la stessa lealtà. Di fronte all’ignobile aggressione russa all’Ucraina Pechino ha pensato solo ai suoi interessi e non ha mosso un dito per indurre “l’amico” Putin a miglior consiglio. Anzi, a quanto pare, la Cina sotto banco starebbe aiutando militarmente la Russia a ricevere le armi della Corea del Nord, violando gli impegni solennemente presi. Nella crisi del Mar Rosso Pechino non ha esercitato alcuna azione di moral suasion sull’Iran protettore e ispiratore degli Houthi che tengono sotto tiro le navi che passano nello stretto di Bab el-Mandeb. Insomma Pechino cura i propri affari con astuzia e spregiudicatezza ma poco si impegna davvero per la riduzione dei conflitti in corso. Anzi li sfrutta presentandosi come capofila di una crociata contro l’Occidente cadendo in una evidente contraddizione ipocrita: la Cina ha copiato il modello economico occidentale per arricchirsi ma ora teme che crescano le spinte interne alla democrazia, si chiude a riccio e tuona proprio contro quei valori che le hanno consentito di diventare grande potenza.

Se davvero Pechino vuole che Usa e Cina siano partner non rivali, esca dall’ambiguità, aiuti a spegnere i fuochi accesi dai suoi amici, la smetta di minacciare aggressioni militari a Taiwan e si comporti con la saggezza di Confucio e non con l’arroganza di Mao.

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