mercoledì, 22 Maggio, 2024
Attualità

Le lenti del telescopio spaziale Euclid si appannano. I tecnici a caccia di soluzioni

Un sottile strato di ghiaccio fa diminuire la misura della luminosità delle stelle

Si appanna come si appannano gli occhiali e così la “vista” del telescopio spaziale Euclid non è perfetta. La causa è un sottilissimo strato di ghiaccio, dello spessore di poche decine di nanometri, che si è formato sulle sue lenti e che proviene dall’umidità atmosferica assorbita durante le fasi di assemblaggio sulla Terra. E’ questa la diagnosi del team di scienziati che sta osservando una progressiva diminuzione della luminosità delle stelle misurata dallo strumento di bordo “VIS” (Visible Instrument). Il problema è in carico a Euclid, la missione dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) nata per studiare l’espansione dell’universo, la materia oscura e l’energia oscura, ed è un problema comune nei veicoli spaziali dopo il lancio.

Lassù c’è un freddo gelido

L’acqua assorbita dalle diverse componenti durante l’assemblaggio viene gradualmente rilasciata, favorita dal vuoto dello Spazio. Nel freddo gelido queste molecole tendono ad attaccarsi alla prima superficie che incontrano, e quando atterrano sulle ottiche del telescopio, possono causare problemi. Mischa Schirmer, scienziato della calibrazione per il consorzio Euclid e docente del Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg, in Germania, spiega che “alcune stelle nell’Universo variano nella loro luminosità, ma la maggior parte è stabile per molti milioni di anni. Quindi, quando i nostri strumenti hanno rilevato un debole e graduale declino dei fotoni in arrivo, abbiamo capito che non erano loro, ma noi”.

Operazione di “degassamento”

Per ovviare al problema, subito dopo il lancio è stata effettuata una “operazione di degassamento”, durante la quale il telescopio è stato riscaldato da appositi dispositivi di bordo e dall’esposizione solare. In questo modo la maggior parte delle molecole d’acqua è sublimata, ma una parte considerevole, assorbita dal materiale multistrato dell’isolamento, è rimasta ad appannare le lenti. Ora l’opzione più semplice presa in considerazione è quella di effettuare di nuovo il “degassamento”, portando la temperatura interna dai circa 140 gradi sottozero ai più “miti” -3. L’ottica si pulirebbe ma il riscaldamento provocherebbe l’espansione dei materiali dell’intera struttura che poi, raffreddandosi, potrebbe causare la perdita dell’allineamento ottico con conseguente fase di ricalibrazione che dura settimane. “E’ probabile che all’inizio non ci fosse ghiaccio sulle superfici ottiche di Euclid: ovvero, la procedura applicata durante il raffreddamento iniziale ha funzionato”, spiega Pierre Ferruit, Euclid mission manager dell’Esa. “Quello che è stato rilevato è un progressivo accumulo di ghiaccio su una o più superfici ottiche nel corso del tempo”.

Curiosi di sapere come andrà

Non è la prima volta che si verifica questo problema: del ghiaccio sui sistemi ottici era stato riscontrato – e in seguito rimosso – anche per Gaia, la sonda dell’Esa che sta mappando le stelle della Via Lattea e che, come Euclid, si trova nel punto lagrangiano L2, a un milione e mezzo di chilometri da Terra. “Per raggiungere gli obiettivi scientifici della missione” – dice il direttore di volo di Euclid Andreas Rudolph – “inclusa la realizzazione di una mappa 3D dell’Universo osservando miliardi di galassie fino a 10 miliardi di anni luce, in più di un terzo del cielo, la missione deve essere particolarmente stabile, temperatura compresa”. Si riscalderà uno specchio alla volta e si verificheranno gli effetti volta per volta. Il professor Mischa ha detto: “sono estremamente curioso di scoprire dove si sta accumulando questo ghiaccio d’acqua e come funzionerà il nostro piano.” Siamo curiosi anche noi.

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