sabato, 27 Aprile, 2024
Politica

Elezione diretta. Se il referendum diventa una trappola per l’opposizione

La bozza di riforma istituzionale ha tutta l’aria di essere ampiamente modificabile. Perplessità vengono anche dalla stessa maggioranza. Ma su un punto è impensabile che Meloni faccia un passo indietro: si tratta dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio. È una linea del Piave. Un arretramento sarebbe una sconfessione di una battaglia identitaria che puntava all’elezione diretta del Capo dello stato e ha ripiegato su quella dell’inquilino di Palazzo Chigi. La riforma va rivista. Si dovranno precisare i poteri del presidente eletto che non possono essere uguali a quelli attuali, a cominciare dal potere di revoca dei ministri. Se si vuole dare più stabilità all’Esecutivo si dovrà evitare che ogni legislatura abbia due governi anche se con la stessa maggioranza. Si dovrà capire come sia possibile inserire in Costituzione un premio di maggioranza senza essere certi che la soglia che la farà scattare sia effettivamente raggiunta. Si dovrebbe rafforzare il Parlamento dando più garanzie alle opposizioni ed evitare quella che Tocqueville chiamava la “tirannide della maggioranza”. Insomma c’è molto da lavorare. Le opposizioni farebbero bene a non alzare barricate e a cercare di introdurre meccanismi migliorativi. Se si ostinano a dire che la riforma è pessima e non concordano modifiche, la maggioranza riuscirà comunque a far approvare il testo e poi ci sarà il ricorso al referendum confermativo. Che questa volta potrebbe riservare sorprese. Tutta la campagna di Meloni sarebbe centrata sul diritto del popolo di scegliersi chi lo deve governare. Argomento che ha una forte suggestione e che potrebbe far passare in secondo piano gli interrogativi più tecnici sul funzionamento complessivo della macchina istituzionale. Se le opposizioni puntano tutto sul referendum rischiano di trovarsi con una vittoria dei Si su un testo che loro non avranno contribuito a migliorare. Insomma una doppia sconfitta.

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