giovedì, 2 Maggio, 2024
Geopolitica

Putin il castello che scricchiola e la linea rossa che non può superare

Conversazione con Dario Fabbri

Le mosse tutt’altro che chiare di Prighozin avranno delle conseguenze significative sugli assetti del potere in Russia, in particolare sulla resistenza della leadership di Vladimir Putin. Ne parliamo con Dario Fabbri, analista geopolitico e giornalista, Direttore della rivista Domino

 

Dopo l’ammutinamento della Wagner Putin vuole dimostrare di essere ancora forte. Ma è più forte o più debole?

Sicuramente è più debole. Ha dato di sé l’immagine di un Cremlino che non controlla non solo le forze armate-una parte non ha sparato un colpo sulle milizie di Prigozhin – né la stessa Wagner che era stata fino a quel momento l’avanguardia della guerra. Il fatto che Putin sia stato costretto a pronunciare quell’appello nelle ore più concitate del golpe ha dato l’idea di un uomo che non è più saldo al comando.

I Paesi vicini alla Russia – per esempio Siria e Iran – potrebbero essere preoccupati che l’indebolimento di Putin li possa rendere più esposti alle pressioni degli Stati Uniti?

In linea teorica si.

Ma in pratica non penso che sarà così. La Siria non esisterebbe senza la Russia.

È preoccupata ma non fino al rischio di un collasso. L’Iran è alleato della Russia solo in funzione anti-americana. Nella testa degli iraniani un altro al posto di Putin resterebbe comunque anti-occidentale e nemico degli Stati Uniti. I Paesi che non si sono schierati contro la guerra non lo fanno per simpatie verso la Russia ma per ostilità verso l’Occidente. Putin o non Putin continueranno a ragionare in questo modo.

Paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati e la stessa Turchia, che non sono anti-occidentali ma hanno parecchie divergenze da Washington, potranno essere costretti a rivedere le loro posizioni?

L’Arabia Saudita è più vicina alla Cina che alla Russia e continuerà ad avere rapporti complicati con gli Usa
che non dipendono più dal petrolio e hanno effettuato un disimpegno parziale dal Medio Oriente. Gli Emirati sono una costola di Riyad a differenza del Qatar che fa l’opposto di quel che fa l’Arabia Saudita.

Erdogan ha una visione sovradimensionata del suo ruolo, pensa di fare sempre da solo e di giocare su molti tavoli. Nel golpe ha ricambiato a Putin il sostegno che il capo del Cremlino gli diede durante il tentato golpe in Turchia. Se Putin sopravvive a questa crisi non credo che questi Paesi cambieranno il loro atteggiamento verso l’Occidente.

La rivolta della Wagner e l’indebolimento di Putin potrà forzare Xi Jinping a fare pressioni sul Cremlino perchè chiuda questa guerra?

La guerra ha indebolito fortemente la Russia e per i cinesi questo è un vantaggio perché Mosca è costretta a vendere sottocosto a Pechino gas e grano che poi la Cina rivende facendoselo pagare non in rubli, ma in yuan… Inoltre la guerra distrae gli americani dall’Indo-Pacifico. Una guerra a bassa intensità di lunga durata farebbe comodo alla Cina.

Xi non vorrebbe un’anarchia assoluta in Russia ma non ne sarebbe troppo preoccupato: la Cina potrebbe approfittarne per mettere le mani informalmente sulla parte orientale della Siberia che i cinesi considerano propria. Gli americani sono molto più preoccupati dei cinesi. Gli americani ci sono presi un colpo durante il fallito golpe perché se la Russia collassasse dividendosi in varie Repubbliche etniche, alcune delle quali hanno l’atomica, per l’America diventerebbe un lavoro a tempo pienissimo tenere a bada questo scenario. E dovrebbero distrarsi sempre di più dall’Indo-Pacifico e dall’evoluzione della Cina che è invece il loro vero obiettivo.

Quindi credo che Pechino non voglia la fine di Putin ma paradossalmente, o forse no, è meno preoccupata di questo collasso di quanto lo siano gli Usa…

Eppure molti sostengono che dietro la rivolta di Prigozhin c’era la longa manus degli americani…

No. Gli americani non c’entravano niente anzi nelle ore stessa del golpe gli Usa hanno invitato i Paesi europei a mantenere grande prudenza e hanno contattato il Cremlino per spiegare la loro estraneità al golpe.
Biden vuole portare la guerra verso un negoziato. Se la Russia sprofondasse nel caos, se al posto di Putin arrivasse un falco ancora peggiore, gli americani sarebbero preoccupati. Per loro, l’ideale è una Russia che si tenga in piedi e che si stacchi dalla Cina.

C’è una linea che Putin, o chi per lui, non deve non tanto nei confronti degli Stati Uniti ma anche nei confronti della Cina che finora ha detto “siamo amici dei russi”, ma non potrebbe assistere silente ad un attacco nucleare di Mosca, tattico o strategico che sia?

Un attacco nucleare cambierebbe anche la posizione di Xi Jinping. Se la Russia sparigliasse le carte con la catastrofe nucleare, per forza la Cina dovrebbe cambiare atteggiamento per una ragione su tutte.

In questa guerra la Cina è convinta di aver trovato una sua missione che è quella di cavalcare il risentimento anti-occidentale del Sud del mondo. Si tratta di Paesi dell’Africa e dell’Asia che hanno subito in passato invasioni anche drammatiche – spesso da parte nostra. Ma se Mosca lanciasse l’atomica credo che il danno sarebbe planetario e non rimarrebbe confinato solo all’Ucraina. Anche il sentimento del Sud globale verso Mosca cambierebbe.

E con esso anche quello cinese.

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