mercoledì, 8 Maggio, 2024
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Esame di maturità o di liberazione?

Il sipario dell’anno scolastico 2022/2023 sta per calarsi sul palcoscenico di una realtà scolastica dove il copione del comportamento e dell’apprendimento è discutibile. Il post covid trascina con se tanta solitudine, nervosismo, voglia di “scassinare” una cassaforte caratteriale dove i silenzi non sono mai stati d’oro. Oggi più che mai ritorno indietro con la mente e ripenso a quell’incontro culturale datato diciotto marzo millenovecentoottantanove quando al tavolo della Presidenza nell’aula magna dell’Istituto Superiore Statale “Marco Polo” di Palermo, con il giudice Paolo Borsellino portammo decine e decine di giovani a riflettere sul tema “Una Coscienza più forte, per una Scuola più unita, oltre il fenomeno mafioso”.

Di quell’incontro custodisco – quasi come reliquia – le dieci schede di appunti scritti su fogli intestati “Procura della Repubblica di Marsala”, in penna verde, e l’esortazione del giudice/solo, poi  fatto saltare in aria col tritolo mentre andava a trovare la madre in via D’Amelio. Sento ancora rimbombare nel silenzio del mio cuore le sue parole: “Dobbiamo lavorare tutti insieme per una scuola Palestra di vita”. Sì, Paolo Borsellino parlava di Palestra di vita. Oggi questa palestra merita attenzione, collaborazione, oserei dire rispetto e riscoperta di una dignità che va tirata a lucido. Gli studenti sono tutti lì: schedati tra banchi per un esame che si scrive e si legge “maturità” ma che in verità libera da un iter che spesso è pesante, farraginoso e che a stento allena a riscoprirsi parte viva in una società che registra più violenza che amore alla vita.

Stanchi, demotivati, si va ad un traguardo dove sarebbe stato il caso di richiamare i 75anni della messa in vita della Costituzione Italiana e l’articolo che recita: “L’Italia ripudia la guerra”. Guerra in Ucraina? Anche, ma anche quella che ognuno si porta dentro post/covid e distrugge chi incontra sul suo cammino. Non si scopre l’acqua calda quando si assiste a gesti di violenza anche tra le mura di una scuola infreddolita non tanto dalle condizioni climatiche ma dai rapporti tra quanti nel mondo scuola credono ancora.

Non c’è identità peggiore di essere una firma su un foglio di carta di “presenza del giorno” o su Argo, e sentenziare numeri e giudizi che portano allo scrutinio senza scrutare quelle ferite che si nascondono tra falsi sorrisi e maschere di circostanza. Esame di maturità (da cosa…) o liberazione da una realtà dove se crolla il rispetto dei ruoli, il dialogo costruttivo tra famiglia, scuola e società, abbraccio verso le debolezze e i bisogni dell’altro, chiunque esso sia, tutto sa di palcoscenico dove non è detto che giunti al finale “tutti vissero felici e contenti”. Meditarci non fa male.

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