venerdì, 3 Maggio, 2024
Economia

300 mila artigiani in meno negli ultimi dieci anni

Secondo l’Ufficio studi della CGIA negli ultimi 10 anni il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato di quasi 300 mila unità. È un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei Paesi di provincia.

Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate. Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane.

Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi di scambio dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchere. Queste micro-attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio. Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Una platea sempre più numerosa della popolazione italiana che conta più di 10 milioni di over 70. Non disponendo spesso dell’auto e senza botteghe sotto casa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema.

Sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione e le cause che hanno provocato questa situazione sono molteplici. Innanzitutto, sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori, dopodiché le nuove tecnologie hanno spinto fuori mercato tante attività manuali e la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento su tutte le altre, penalizzando, in particolar modo, coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature ne avevano fatto una professione. In sintesi, segnala l’Ufficio studi della CGIA, i mestieri artigiani tradizionali in declino sono gli autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici, etc.), i calzolai, i corniciai, i fabbri, i falegnami, i fotografi, gli impagliatori, i lattonieri, i lavasecco, i materassai, gli orafi, gli orologiai, i pellettieri, i restauratori, le ricamatrici, i riparatori di elettrodomestici, i sarti, gli stuccatori, i tappezzieri e i tipografi.

Per contro, invece, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione importante sono quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica. Nel primo, ad esempio, si continua a registrare un forte aumento degli acconciatori, degli estetisti, dei massaggiatori e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Purtroppo, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione. L’artigianato va tutelato, lo prevede l’Art. 45 della Costituzione. Secondo l’Ufficio studi della CGIA, non è da escludere che per evitare la desertificazione delle botteghe in atto soprattutto nei centri storici, fra qualche decennio lo Stato dovrà sostenere con finanziamenti diretti coloro che vorranno aprire una attività artigianale o commerciale.

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